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Beko crisi ed esuberi: nuovo tavolo per il futuro della ex Whirpool, ecco cosa può succedere

FIRSTonline

Domani, al tavolo d’incontro fissato già il 20 novembre scorso tra i partecipanti al Mimit, per la crisi delle fabbriche Beko Italiaex Whirlpool, il gruppo turco confermerà in toto il piano di ristrutturazione che sancisce la chiusura di tre siti italiani e la mega riduzione del personale. Che ci sia il ministro o no (ma pare di no), domani i portavoce del gruppo diranno – secondo informazioni riservate – due cose: primo, confermiamo il programma nella sua integrità; secondo, siamo del tutto disponibili a discutere le modalità di applicazione, caso per caso, fabbrica per fabbrica. Si dovranno – prevedibilmente e sempre secondo nostre informazioni – aprire da qui ad un mese al massimo dei tavoli territoriali ristretti per definire insieme e in modo operativo quali provvedimenti prendere per ogni situazione critica.

Beko crisi, cosa può succedere il 10 dicembre

Domani – e qui avrebbero ragione i rappresentanti di Beko a sottolinearlo – saranno presenti oltre 90 persone. Una follia pensare che, con questi numeri, si possa discutere in modo operativo di come definire nei dettagli che sono tantissimi, e pesanti, di esuberi, riduzioni, casse integrazioni ordinarie e straordinarie, interventi a sostegni anche regionali. Basterebbe che, anche un solo rappresentante di qualsiasi associazione o istituzione o sindacato intervenisse in modo “informale” per rendere impossibile un confronto reale e utile. Il ministro, se si presenta, sarà – pare – per ribadire che si riserva di applicare il mitico golden power che – va sottolineato – di solito riguarda manifatture strategiche di ben più ampia rilevanza anche dimensionale. Ma che comunque tocca anche questa della filiera intera dell’elettrodomestico in quanto questo sarebbe un ulteriore massiccio crollo di un pilastro fondamentale per mantenere in Italia l’intera manifattura. Specie dopo il disastro Stellantis.

Beko crisi, le possibili mosse del ministero e la carta golden power

Ma se Urso mette sul tavolo di nuovo, e questa volta come irremovibile provvedimento, la carta del golden power, la Beko avrebbe una reazione altrettanto decisa. Ma più che teoriche difese di una strategicità improbabile, il problema centrale sembra essere, a quanto pare, andare e da subito a tavoli territoriali per contenere i pesantissimi danni sociali di una crisi che – possiamo anticipare – è ulteriormente precipitata con il crollo del mercato per tutti, brand asiatici e europei. E cioè, se negli ultimissimi anni e mesi a colpire la produzione di elettrodomestici europea era la competizione asiatica – e ben sappiamo con quali modalità spesso scorrette-che ha sottratto quote importanti, oggi è l’intero mercato a calare a due cifre. E nemmeno se riprendono le vendite di fascia alta – quella dei siti italiani – si potranno saturare le capacità produttive. Perché a far correre le linee potrebbero essere soltanto i mega-numeri delle gamme di media e medi-bassa gamma. Emigrati da tempo in Asia, Est Europa e Turchia.

Di certo a Bruxelles, l’ondata di fallimenti, chiusure e crisi ormai endemiche della manifattura sta investendo gli organi legislativi, decisionali e l’intera politica comunitaria. Continuare a favorire con provvedimenti e burocratici ostacoli l’import asiatico in tutti i settori – le lobbies asiatiche sono ricche e potentissime a Bruxelles – colpisce consumatori, lavoratori e le migliori aziende. Quanto ai sindacati italiani, la loro posizione è molto chiara. “E se domani non ci ascoltano – si chiede Alberto Larghi, responsabile per gli elettrodomestici della Fiom Cgil – se non ritirano quello che è in realtà un piano di intera dismissione, allora i rischi diventano pesanti, con effetti a carambola su tutta l’economia”.

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