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Becoming Anora, trent’anni dopo Pretty Woman la favola non c’è più

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Anora detta Ani, 23 anni forse 25, di professione danzatrice erotica in uno strip club di New York, è la protagonista dell’ultimo film di Sean Baker. Palma d’oro al Festival di Cannes di quest’anno, arriva dopo The Florida Project (Un sogno chiamato Florida, 2017) e Red Rocket (Id., 2021).

Baker inquadra il mondo da angolature non convenzionali e i suoi personaggi sono spesso marginali alla società: in The Florida Project la protagonista viveva in una casa mobile fuori dal recinto di Disneyland senza potersi permettere l’ingresso e continuando a sognare di entrare nel castello di Cenerentola. Questo film non fa eccezione e la “‘commedia” è sempre amara, ma c’è un upgrade, sia nell’ambientazione – Ani incontra Ivan detto Vanja, il figlio di un oligarca russo e allora ci sono la villona di Brooklyn con vista sulla baia e l’appartamento in hotel a Las Vegas dalle infinite stanze e con bar en suite – sia negli intenti, perché qui Baker decostruisce definitivamente il mito di Cenerentola e dei suoi epigoni Holly Golightly e Vivian Ward. 

La rottura del mito della “favola”

Prendete Pretty Woman, aggiungete due parti di sesso, una di stupefacenti, rubli e dollari a piacere, poi mescolate e voilà il cocktail Anora. In Colazione da Tiffany e Pretty Woman, che le protagoniste fossero prostitute si suggeriva ma più di tanto non si mostrava. Cosa diceva Julia Roberts a Richard Gere? Voglio la favola. Baker invece fa sul serio e la cura è d’urto: nel primo dei tre atti del film mette in scena il sesso esplicito e asettico delle ragazze del club, poi quello con il giovane cliente russo.

Siamo lontani anni luce dai film di Blake Edwards e di Garry Marshall ma Baker pare citarli: la mascherina sugli occhi quando Ani si sveglia è come quella di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, e il vestito della collega-nemica di Ani al club ricorda quello di Vivian Ward in Pretty Woman con l’anello sulla pancia. Anche se qui l’anello è pure sul collare, ché fa molto hard-core, e Baker marca il territorio, come a dire che nel 2024 Ani è più Cabiria che Vivian (il debito a Fellini è dichiarato dallo stesso regista) e la favola non è più tale.

Se in The Florida Project la bambina poteva ancora sognare Disneyland, sebbene dall’altra parte del muro, qui il castello non c’è più e nel secondo atto non arrivano i nostri, ma i russi (in salsa slapstick). Vanno a riprendersi il rampollo – con tanto di madre bionda che scende dall’aereo privato e come una virago volgare dice che il figlio non deve chiedere scusa a nessuno.

Il mondo di Anora e la cruda realtà della “favola moderna”

Il mondo, insomma, è brutto e cattivo e a salvarlo non bastano certo le giostre di Coney Island, dove pure Ani e Vanja vivono momenti di poetica quanto dolente spensieratezza. Questo perché la verità (“saremmo stati bene insieme anche se io non avessi avuto i soldi” dice Vanja ad Ani) sembra letteralmente sepolta sotto strati di trucco e di modi di essere, fare e amare dettati dal dover (di)mostrare più che dal sentire e da stili di vita condotti a forza di mega SUV-balletti erotici-soldi/repeat.

Nessun moralismo da parte di Baker ma solo sapienti carrellate sulla natura umana. E se per un attimo la tentazione di dire “ridateci Pretty Woman” c’è, forse la carrozza che torna zucca – e la grande macchina una station wagon scassata della nonna – è l’unica strada per sciogliere le lacrime, altrimenti destinate a rimanere cristallizzate per sempre come i diamanti finti e posticci che adornano i capelli e le unghie di Ani.

In sala

Titolo originale: Anora, Produzione: USA 2024, Regia, sceneggiatura e montaggio: Sean Baker, Interpreti principali: Mikey Madison, Mark Eydelshteyn, Vache Tovmasyan, Karren Karagulian, Yura Borisov.

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