La riunione del Consiglio direttivo della Bce del 21 gennaio, al termine della quale il presidente Mario Draghi ha annunciato che la politica monetaria sarà rivista e forse corretta a marzo, è stata dominata dai timori collegati a un’inflazione sempre troppo bassa. E’ quanto emerge dal resoconto della riunione diffuso dalla Bce.
La dinamica dell’inflazione nell’area dell’euro “ha continuato a essere più debole di quanto previsto” e “sono emersi segnali più chiari che le continue revisioni al ribasso delle prospettive d’inflazione stanno filtrando nelle attese di inflazione, aumentando le possibilità che l’economia dell’eurozona rimanga in una fase di bassa inflazione per un periodo prolungato di tempo”.
In particolare, la discussione si è concentrata sui rischi di possibili effetti secondari, e cioè sull’eventualità che pressioni inflattive troppo basse si facciano sentire in modo duraturo su prezzi e salari, innescando una spirale negativa. Tutto questo a causa del calo del prezzo del greggio, ma non solo.
Tuttavia, “alla luce dell’incertezza e della volatilità prevalenti – si legge ancora nel resoconto –, il Consiglio direttivo della Bce ha deciso che fosse prematuro agire o discutere opzioni definite” già durante l’incontro del 21 gennaio ed ha concluso che “fosse necessario rinviare a un’analisi completa da condurre a inizio marzo quando sarebbero state disponibili le nuove proiezioni aggiornate, comprese quelle per il 2018” su crescita e inflazione.
La discussione nella riunione successiva, in programma il 10 marzo, “potrà trovare sostegno in un quadro più completo della situazione economica e delle prospettive dei prezzi nel medio termine, ivi compresa un’analisi più approfondita dei potenziali effetti secondari”.
Inoltre, nella riunione del 21 gennaio “è emerso un ampio consenso sul fatto che i rischi di un peggioramento sono di nuovo in aumento da inizio anno” per la congiuntura dell’area dell’euro. “Anche se la ripresa nell’Eurozona sta resistendo bene e le condizioni finanziarie si confermano favorevoli in tutta l’area, lo scenario esterno – prosegue il testo – è caratterizzato da un’elevata incertezza sulle prospettive di crescita dei mercati emergenti, dalla volatilità sui mercati finanziari e delle materie prime e da rischi geopolitici”.
In questo contesto, la dinamica dell’inflazione nell’area dell’euro “ha continuato a essere più debole di quanto previsto”. Inoltre, “sono emersi segnali più chiari che le continue revisioni al ribasso delle prospettive d’inflazione stavano filtrando nelle attese di inflazione, aumentando le possibilità che l’economia dell’Eurozona sarebbe rimasta in una fase di bassa inflazione per un periodo prolungato di tempo”.