Mercoledì sera la BCE ha approvato un pacchetto straordinario di misure che comprendono 750 miliardi di creazione di base monetaria attraverso l’acquisto di titoli pubblici e privati. Giovedì mattina lo spread fra BTP e Bund è sceso sotto 200 punti, inferiore a quello precedente alla conferenza stampa di Christine Lagarde del 12 Marzo. Ciò dimostra, se ce ne fosse bisogno, l’infondatezza dei sospetti che erano stati sollevati in Italia secondo cui l’errore di comunicazione svolto dal Presidente della BCE fosse mosso dal tentativo di creare difficoltà all’Italia o addirittura di favorire strategia finanziarie con l’obiettivo di “accaparrarsi i gioielli di famiglia italiani.
La decisione dimostra anche l’infondatezza delle tesi secondo cui la BCE sarebbe paralizzata, o dominata, dai membri tedeschi del Comitato direttivo della BCE, il governatore della Bundesbank e il membro del Comitato esecutivo. Nel Comitato direttivo, composto di 26 membri – 19 governatori delle Banche centrali nazionali più i 6 membri del Comitato esecutivo – ciascuno dispone di un voto.
La BCE ha preso decisioni in passato senza esitare di mettere in minoranza anche i componenti di nazionalità tedesca (e qualche volta un altro paio di membri) sin dal maggio 2010, quando Weber e Stark votarono contro l’intervento SMP a favore della Grecia. Si andò avanti così con molte altre decisioni, inclusa quella dell’Agosto 2011 di intervenire in acquisto dei titoli di stato italiani e spagnoli (non c’era più Weber ma Weidmann). E così anche quando arrivò Draghi, con l’OMT (l’acronimo del whatever it takes, che impegna la BCE ad acquisti illimitati di titoli) e il Quantitative Easing.
Vale la pena ricordare che prima dell’euro era la Bundesbank a prendere le principali decisioni di politica monetaria, e le altre banche centrali si adeguavano poco dopo.
Il fatto che molte decisioni sono state prece contro il voto dei membri tedeschi ha creato non poche frustrazioni in Germania, tra cui 3 dimissioni di membri del Comitato esecutivo prima della loro scadenza. Questo è il motivo per cui la Germania ha nominato una persona più pragmatica e duttile, come la Schnabel, al posto della Lautenschlager, dal primo gennaio di quest’anno.
La Schnabel ha fatto di recente un discorso importante, nel quale spiega quanto sia sbagliata la “narrativa” tedesca contro la BCE. In una intervista uscita mercoledì su Die Zeit ha anche chiarito che il ruolo della BCE è di fare tutto il necessario per assicurare la stabilità finanziaria.
Se, come ricordato prima, molte decisioni sono state prese dalla BCE a maggioranza semplice, bisogna riconoscere che l’impatto di una decisione a maggioranza è inferiore a quello di una decisione presa all’unanimità, soprattutto in tempi di crisi. Questa è stata la scelta della decisione del 12 marzo scorso, e probabilmente di mercoledì notte. Qualcuno avrebbe voluto di più – anche se non vi è traccia – ma un pacchetto più ambizioso che non avrebbe raccolto l’unanimità avrebbe avuto meno impatto sui mercati.
Non è peraltro la prima volta che questa scelta (di privilegiare l’unanimità) viene fatta. Anche Draghi rimandò il QE di circa 2 anni, perché dopo la spaccatura del Comitato BCE nel 2012 non ne voleva un’altra nel 2013. Preferì così tagliare i tassi d’interesse su livelli negativi, all’unanimità, piuttosto che decidere di avviare il QE a maggioranza. Col senno di poi, quella decisione può essere considerata un errore dal punto di vista della sostanza, ma forse non nella strategia. Stessa cosa si può dire del whatever it takes, rinviato fino all’estate del 2012, nonostante il decreto salva-Italia adottato con grandi difficoltà dal governo Monti e l’aggiustamento fiscale in Spagna. Addirittura, fu praticamente sospeso l’SMP nella primavera del 2012, nonostante lo sforzo di aggiustamento fatto in Italia, con grande frustrazione ma nessuna reazione pubblica in Italia, e lo spread riprese a salire.
In sintesi, è forte la tentazione di criticare la BCE per i problemi italiani. Ci si dimentica forse un po’ presto che prima della gaffe della Lagarde lo spread italiano era già più elevato di quello di altri paesi come la Spagna e il Portogallo, ed era cominciato a salire per effetti che niente hanno a che vedere con l’Europa o la BCE. Questi derivano dalle incertezze politiche interne, dai continui richiami di alcuni esponenti politici all’uscita dall’euro, dalle difficoltà del paese di crescere negli ultimi anni e dall’elevato debito pubblico, che non è sceso nemmeno negli anni di crescita economica.