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Bce, dopo-Draghi: Weidmann in pole ma giochi ancora aperti. Che farà superMario?

FIRSTonline

La controversa candidatura del ministro delle Finanze spagnolo, Luis de Guindos, alla vicepresidenza della Bce al posto del portoghese uscente Vitor Constancio apre oggettivamente i giochi per la successione di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea.

Draghi scadrà il 31 ottobre del 2019 ma le scelte si faranno prima e non oltre la primavera dell’anno prossimo. Allo stato, in pole position per la nomina a nuovo presidente della Bce, che spetta ai primi ministri e ai ministri delle Finanze europei, c’è il falco della Bundesbank, Jens Weidmann, in tutti questi anni costantemente all’opposizione della politica monetaria espansiva di Mario Draghi. Malgrado l’indubbia statura del presidente della Bundesbank, proprio il suo dissenso sul Qe e in generale sulla strategia non convenzionale di Draghi è il punto debole di Weidmann, anche se negli ultimi tempi il banchiere tedesco ha cercato di addolcire la sua linea con una serie di uscite e di visite diplomatiche nelle principali capitali europee.

Agli occhi di molti osservatori, ma soprattutto dei mercati, passare da Draghi a Weidmann sarebbe uno scossone troppo forte e ci si chiede cosa farebbe mai il capo della Bundesbank alla testa della Bce nel malaugurato caso di una nuova crisi finanziaria o economica, che richiederebbe non solo prontezza di decisione ma anche realismo, flessibilità e creatività. Ma c’è un altro punto di debolezza nella candidatura del presidente della Bundesbank, dovuto al fatto che la sua linea di super-austerità appare in declino dopo l’allontanamento di Schaeuble dal ministero delle Finanze tedesco e soprattutto alla luce della nuova politica economica che il Governo di Grande Coalizione della cancelliera Merkel ha intenzione di praticare in Germania e in Europa.

È vero tuttavia che la Germania, che non ha mai avuto un presidente della Bce, può legittimamente ambire alla guida di Eurotower ed è per questo che, malgrado i punti di debolezza, Jens Weidmann resta il favorito numero uno alla successione di Mario Draghi.

Tuttavia i giochi sono ancora aperti e la nomina del nuovo presidente della banca centrale non si deciderà nel recinto ristretto della Bce, ma sarà il risultato di un negoziato più ampio e più complesso a livello europeo in cui in palio ci sono anche la presidenza della Commissione europea per il dopo Juncker e la presidenza del Consiglio europeo per il dopo Tusk. In questo negoziato le carte più pesanti le hanno ovviamente in mano la Germania e la Francia e soprattutto il presidente Emmanuel Macron, che vorrà portare a casa il maggior bottino.

Se l’Eliseo punterà alla presidenza della Commissione Europea candidando la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde  o il negoziatore della ue su Brexit Michel Barnier e ricevesse il consenso dei partner europei, per Weidmann le porte dell’Euratower si spalancherebbero. A quel punto nel board della Bce la tedesca Sabine Lautenschlager dovrebbe lasciare, facendo probabilmente spazio a una new entry italiana. In caso contrario, se i francesi – dopo la pessima esperienza di Trichet – optassero di nuovo per la Bce candidando la vicepresidente della Banque de France, Sylvie Goulard, vicinissima a Macron, la partita cambierebbe completamente traiettoria.

E gli italiani? Al di là del possibile reingresso nel board della Bce in caso di presidenza tedesca, solo un governo credibile e sinceramente europeista dopo il 4 marzo potrebbe dare al nostro Paese qualche chance al tavolo dell’Europa. Ma in campo resta la variabile Draghi, che ha un’autorevolezza internazionale tutta sua che va al di là delle spartizioni per quote nazionali. In questo quadro, se la Ue decidesse di istituire un ministro europeo delle Finanze, Mario Draghi sarebbe fin da ora il candidato numero uno. Ma per ora resta un sogno.

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