Un altro mese di attesa. La Banca centrale europea prenderà le decisioni chiave sulla riduzione degli stimoli monetari “probabilmente a ottobre”. Lo ha detto il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, al termine del consiglio direttivo che oggi ha lasciato invariati i tassi d’interesse e il programma di acquisto titoli (quantitative easing). Come la maggior parte degli analisti aveva previsto, la Bce ha scelto di prendere tempo, rinviando al mese prossimo l’annuncio più atteso dal mercato, quello sulla tabella di marcia del tapering. “Non abbiamo discusso la sequenza del rientro dalle misure straordinarie”, ha sottolineato Draghi.
IL NODO DELL’INFLAZIONE
L’inflazione nell’Eurozona è ancora lontana dall’obiettivo della Bce – “vicino ma sotto il 2 percento” – e la riduzione del Qe avrebbe un effetto depressivo sull’andamento dei prezzi, già frenato dalla forza dell’euro (che dall’inizio dell’anno ha guadagnato il 13% sul dollaro) e dalla debolezza del petrolio.
I tecnici della Bce, infatti, hanno ritoccato al ribasso le previsioni sull’inflazione nell’area euro: +1,5% nel 2017, +1,2% nel 2018 e +1,5% nel 2019. La limatura riflette “prevalentemente gli apprezzamenti dell’euro”, ha confermato Draghi. Insomma, il rafforzamento della moneta unica consiglia di rinviare il più possibile l’avvio del tapering.
“La recente volatilità dei tassi di cambio – ha continuato il numero uno della Bce – rappresenta una fonte d’incertezza che richiede di essere monitorata per ciò che riguarda le possibili implicazioni per l’outlook di medio termine e per la stabilità dei prezzi”. In ogni caso, Draghi ha detto di avere fiducia nel fatto che la ripresa economica permetterà all’inflazione di tornare ai livelli-obiettivo: “Bisogna solo avere pazienza, non ci rassegniamo a vivere in un’era di bassa inflazione”.
LA CRESCITA ACCELERA
D’altra parte, secondo molti critici proprio la ripresa dell’economia europea giustificherebbe l’avvio del processo di normalizzazione della politica monetaria, come hanno rilevato a più riprese il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, e il presidente della Bundesbank, Jans Weidmann. La stessa Bce ha rivisto al rialzo le previsioni sulla crescita dell’Eurozona nel 2017 (al +2,2% dal +1,9% stimato a giugno), mentre ha confermato quelle sul biennio successivo: +1,8% nel 2018 e +1,7% nel 2019.
“L’espansione economica, che ha accelerato oltre le attese nella prima metà del 2017 – ha detto ancora Draghi – continua ad essere solida e ben diffusa attraverso paesi e settori”. Quanto all’eccesso di liquidità sul mercato, “non vediamo rischi sistemici da bolle speculative”, ha aggiunto.
PERCHÉ IL QE NON PUÒ CONTINUARE ALL’INFINITO
In ogni caso, il programma di acquisti della Banca centrale europea non potrà continuare senza modifiche per tutto il 2018. Il motivo è nelle stesse regole del Qe. La distribuzione degli acquisti di titoli di Stato varia in proporzione al contributo dei singoli paesi al bilancio della Bce, perciò il debito della Germania è il più acquistato. Al contempo, la Bce non può incamerare più di un terzo del debito di uno Stato, per non diventarne un creditore troppo ingombrante.
Ora, se il ritmo generale degli acquisti continuasse al livello attuale (60 miliardi al mese), in primavera l’istituto centrale avrebbe in pancia il 33 percento del debito tedesco e si dovrebbe fermare. Per questa ragione è probabile che a partire da gennaio la Bce riduca la quantità degli acquisti mensili.