“Non permetteremo che l’inflazione resti troppo bassa troppo a lungo”. Questo l’avvertimento lanciato oggi da Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, in apertura del Forum Bce in corso a Sintra, in Portogallo. “A fronte di un certo disallineamento tra la performance economica e l’inflazione – ha aggiunto il numero uno dell’Eurotower –, la risposta della politica monetaria deve essere considerata con attenzione e disegnata con precisione. C’è il rischio che prevalgano le attese di un continuo calo dell’inflazione”, un fenomeno che “potrebbe portare famiglie e imprese a rinviare le spese in un ciclo deflazionistico classico”.
Anche se il calo dell’inflazione è un fenomeno comune a tutte le economie avanzate, ha continuato Draghi, due fattori caratteristici dell’Eurozona causano un rialzo medio dei prezzi particolarmente basso: “Il primo, comune a tutti i Paesi dell’euro, è il rialzo del tasso di cambio, che incide sulle commodities; il secondo, invece, è un fattore locale, ovvero il processo di aggiustamento in corso in alcuni Paesi, che comprime l’inflazione aggregata”.
La prossima settimana tornerà a riunirsi il Consiglio direttivo della Bce. I mercati scommettono su una robusta terapia d’urto: taglio dei tassi dallo 0,25 allo 0,15%, accompagnato da interessi negativi sui depositi presso Francoforte; avvio di un nuovo Ltro ma, stavolta, impostato sul modello inglese del Funding for Lending, per favorire l’afflusso della liquidità alle imprese; infine, nel giro di pochi mesi, il Quantitative easing vero e proprio, basato anche sull’acquisto di Abs e altri tioli privati sul mercato.
Tutte le opzioni “sono attualmente oggetto di discussione nel Consiglio direttivo della Bce – ha confermato oggi Draghi –. Qualsiasi risposta da parte della politica monetaria richiede una valutazione attenta dei costi e dei benefici degli strumenti che abbiamo a disposizione. Ma non c’è dibattito sul nostro obiettivo, che è di riportare l’inflazione verso il 2% nel medio termine, in linea con il nostro mandato”.
Secondo Draghi, sono tre i nodi che “potrebbero richiedere una risposta. Prima di tutto, l’effetto congiunto di fattori esterni, compreso il tasso di cambio, sull’inflazione nell’Eurozona”. In secondo luogo, l’effetto di fattori interni, come il difficile accesso al credito in alcune aree e settori dell’area e, in terzo luogo, il rischio che questi effetti, assieme, possano portare a uno scenario predominante di inflazione eccessivamente bassa.
Se l’andamento del cambio e dei mercati monetari e dei capitali portano a un irrigidimento ingiustificato delle condizioni monetarie e finanziarie, “si dovrebbe ricorrere agli strumenti convenzionali, così da assicurare il giusto livello di accomodamento monetario desiderato dal Consiglio – ha spiegato ancora Draghi –. All’altro capo delle risposte possibili ci sarebbe un disallineamento prolungato dell’inflazione o delle attese dallo scenario di base previsto dalla Bce. In questo caso, si dovrebbe passare a un orientamento ancora più accomodante, ovvero a un vasto piano di acquisto di asset”.
Una situazione intermedia “sarebbe quella dove i limiti all’accesso al credito bancario interferiscano con la trasmissione della politica monetaria e ostacolino i risultati della nostra politica – ha continuato il presidente della Bce –. Questo richiederebbe, da parte nostra, misure mirate a favore delle banche, alle quali la Bce potrebbe fornire una soluzione-ponte”.
La liquidità a termine garantita alle banche, direttamente sui bilanci attraverso operazioni di rifinanziamento o fuori dal bilancio con l’acquisto di titoli Abs nei loro portafogli, “potrebbe ridurre quei freni alla ripresa che sono causati da difficoltà temporanee di accesso al credito – ha concluso Draghi –. In ogni caso, il nodo fondamentale in tutte queste opzioni è il timing: dobbiamo stare attenti a possibili disallineamenti tra tutti questi andamenti” e il passo della ripresa, in particolare per quanto riguarda l’aumento della domanda di credito, la solidità dei bilanci bancari e l’andamento dei mercati del capitale.