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Bcc, Bankitalia: “Via libera a più gruppi, purché solidi”

Non conta il numero, ma la solidità. A un anno da oggi le banche di credito cooperativo dovranno essere riunite in gruppi: non necessariamente in una holding unica, anche in più entità, purché ciascuna rispetti i requisiti imposti dalla legge (su tutti, un patrimonio netto di almeno un miliardo). È questa la posizione della Banca d’Italia sul punto più controverso della riforma delle Bcc. “Certo, non potremo arrivare a 30 e forse nemmeno a cinque – spiega Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza di Via Nazionale –, ma le nostre considerazioni sono solo di carattere prudenziale. I gruppi potranno essere anche due o tre, l’importante è che siano abbastanza forti”.

Da Bankitalia – che oggi ha pubblicato le norme di attuazione della riforma – non arriva perciò alcun veto alla costituzione del Gruppo Cassa Centrale Banca, l’unione di Bcc promossa dai trentini e annunciata il mese scorso. Nello scenario post-riforma saranno loro a sfidare Iccrea, la capogruppo che nelle intenzioni di Federcasse doveva essere la holding unica a livello nazionale.

I giochi però non sono ancora chiusi. In teoria, il termine per presentare le istanze di costituzione dei gruppi scade il 3 maggio 2018, ma è probabile che il quadro sarà chiaro già all’inizio del prossimo anno e che a quel punto le nuove holding possano prendere vita entro 6-12 mesi.

Al momento, l’unica certezza è che solo tre istituti hanno scelto la cosiddetta way-out, ovvero la possibilità di sottrarsi agli obblighi della riforma diventando Spa. Una di queste, la Bcc di Cambiano, confluirà in una Spa già esistente (per le autorizzazioni dovrebbero bastare 60 giorni lavorativi), mentre le altre due, Cassa Padana e Chianti Banca, formeranno un nuovo istituto (con tempi molto più lunghi, perché servirà una nuova licenza bancaria).

Una volta concluse tutte queste trasformazioni, il panorama bancario italiano sarà molto meno affollato. Secondo i numeri forniti da Bankitalia, le Bcc sono oggi 355 su un totale di 486 istituti attivi nel nostro Paese (circa il 73%): questo significa che, a riforma attuata, il numero complessivo delle banche crollerà a 120 o poco più.

Via Nazionale spiega che il nuovo assetto, oltre a portare vantaggi in termini di efficienza e patrimonio, consentirà alle Bcc in crisi di trovare nuovo capitale molto più velocemente di oggi grazie al sostegno della capogruppo. Questa a sua volta potrà essere rifinanziata da ciascuna banca del gruppo con il capitale in eccesso rispetto ai requisiti patrimoniali obbligatori. Non solo: potrà anche rivolgersi al mercato, purché la maggioranza delle sue quote rimanga in capo alle Bcc (salvo deroga concessa dal Tesoro per motivi di stabilità).

La holding avrà poteri di direzione e coordinamento sulle banche affiliate, compreso il potere di nominare e revocare la maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione e controllo degli istituti. Bankitalia consentirà anche di costituire delle sub holding, ma solo con funzione di supporto operativo: non dovranno trasformarsi in centri di potere autonomi che possano entrare in contrasto con la capogruppo.

Infine, uno degli aspetti più scivolosi: i “criteri di meritevolezza” in base ai quali scegliere i vertici della holding. L’istituto centrale rinvia il problema alla stesura dello statuto, ma impone che i prescelti si distinguano per “professionalità e competenza”. Il che, per una società che opera sul mercato, vuol dire anche parlare (bene) inglese. E forse per qualcuno sarà un problema.

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