Ha vinto Siena, e non poteva essere altrimenti. Milano ha fatto quello che ha potuto, cioè poco. Dopo la solenne ripassata di gara 2, persa per 86 a 58, ha rialzato la testa, limitando i passivi e portando a casa in gara 4, davanti al suo pubblico, il punto della bandiera.
Gara 5, così come tutta la serie, non è mai stata davvero in bilico. Troppo più forte ed esperta Siena, guidata da McCalebb, LAvrinovic e Zisis e giunta al sesto titolo consecutivo, un record assoluto per il basket italiano, più ancora della Borletti Milano negli anni ’50.
Milano non è più, da nessun punto di vista, la Milano da bere degli anni ’80. Quella che, con Peterson al timone e D’Antoni come sua emanazione in campo, dominava in Italia e in Europa. Nonostante la sconfitta, però, l’Armani può guardare con fiducia al futuro, viste le confortanti prestazioni dei suoi giovani (Melli e Gentile), la presenza sulla panchina di un coach vinccente come Scariolo e le buone prospettive economiche
Più nebuloso, paradossalmente, appare il futuro della Montepaschi. Stonerook e Pianigiani, unici tasselli presenti in ogni capitolo di questa straordinaria epopea sportiva, potrebbero lasciare, e anche McCalebb è in dubbio, attirato anche da sirene Nba, mentre intorno si respira un’aria paludata da panico economico e fine impero.
Del doman non v’è certezza. Siena rischia di pagare la crisi della casa madre, il Monte dei Paschi che, presa in mezzo dall’inchiesta della procura sull’aquisizione di Antonveneta e le proteste degli impiegati che rischiano il posto, potrebbe chiudere i cordoni della borsa, nonostante un contratto garantito fino al 2014. A preoccupare, soprattutto, è la possibile fuga degli altri sponsor, da sempre legati a Mps.
Per il campionato italiano potrebbe anche essere un buona notizia, un calo di Siena, qualcosa che spezzi le monotone catene del suo dominio, anche se un livellamento verso il basso non è mai qualcosa di positivo. Negli ultimi anni Siena è stata l’unica squadra che ha rappresentato l’Italia nel basket che conta. Il rischio più grande, con un suo eventuale declino, è quello di sparire dalla mappa europea.