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Basilico: “Covid-19 e risparmio, cosa fare nella bufera”

Imagoeconomica

Non capita tutti i giorni di trovare un protagonista del mondo della finanza che inorridisce perchè ci sono “leader politici che si preoccupano più dell’andamento dei mercati che della salute delle persone” e che considera “fuorviante e pericoloso per l’equilibrio democratico” che l’agenda dei telegiornali ponga la giornata delle Borse addirittura al secondo posto della scaletta quotidiana. Ma Paolo Basilico non è solo un fuoriclasse della finanza ma è un uomo animato da una profonda e rara passione civile. Lo rivela il nome stesso della sua ultima creatura, fondata pochi mesi dopo l’uscita da Kairos, il gioiello del risparmio gestito e del private banking che aveva fondato vent’anni fa: si chiama Samhita, un nome esotico che in sanscrito significa “unire”, “connettere”, “mettere in ordine”. Colpisce che una persona che ha dedicato tutta la sua attività professionale al mondo finanziario non concepisca affatto la finanza come fine a se stessa ma come attività al servizio dell’economia e del progresso dell’umanità. Chi meglio di lui può allora aiutarci a comprendere come gestire i propri risparmi in giorni turbinosi come quelli provocati da un fulmine a ciel sereno come il Coronavirus? L’intervista che Paolo Basilico, numero uno di Samhita Investments, ha rilasciato a FIRSTonline non delude di certo le attese, ricca com’è di risposte mai banali e decisamente fuori dal coro.

Dottor Basilico, nel suo ultimo libro “Uomini e soldi” lei ha scritto che “la finanza non è quella che si racconta e che si autocelebra attraverso miti e finzioni” e che è perciò essenziale “sfuggire alle trappole logiche e psicologiche in cui finiamo fatalmente per cadere quando dobbiamo prendere decisioni che toccano i soldi”: nella crisi provocata dal Coronavirus come dovrebbe comportarsi un risparmiatore avveduto?

“Un risparmiatore avveduto deve innanzitutto verificare le sue necessità di liquidità alla luce degli eventi terribili che stiamo vivendo. Chi ha un’attività lavorativa o delle entrate minacciate dalla pandemia – e sono in tanti – deve rivedere le sue scelte di investimento per essere sicuro di non dover vendere per almeno i prossimi 12 mesi. Fatto questo importante esercizio il consiglio è lo stesso di quello medico: distanza, in questo caso finanziaria e non sociale, e divieto assoluto alle operazioni di trading in cui il rischio di ulteriori perdite è altissimo”.

Alessandro Fugnoli, unanimemente considerato uno degli strategist più brillanti della comunità finanziaria italiana e che lei portò in Kairos, ha scritto un paio di settimane fa che “è troppo tardi per uscire dalla Borsa e troppo presto per rientrare”: è d’accordo con questa lettura della situazione attuale del mercato?

“Sono d’accordo con Alessandro che sia troppo presto per rientrare perché purtroppo non abbiamo nessuna visibilità sul futuro non solo degli utili ma delle aziende stesse. Per quanto riguarda l’uscire, tutto dipende dal lavoro di pianificazione finanziaria di cui parlavo prima. Se non abbiamo sufficiente fieno in cascina è bene farlo anche adesso, per quanto doloroso possa essere. Altrimenti è giusto rimanere fermi”.

Lei ha sostenuto sul Sole 24 Ore di martedì scorso che, di fronte a una situazione eccezionale come quella provocata dall’epidemia che sta devastando l’umanità intera, “l’unica misura corretta sarebbe quella di chiudere tutte le Borse mondiali”: perché?

“E’ un’ipotesi estrema che ci serve a fare un ragionamento. La finanza e le Borse hanno svolto un ruolo essenziale nella storia del progresso dell’umanità. Lo hanno fatto supportando la crescita dell’economia reale, l’innovazione tecnologica, la distribuzione del capitale e del reddito. Ma quando l’economia reale chiude, cosa rappresentano i mercati? Cosa scambiano? Quale rappresentatività si può assegnare ai prezzi che vediamo oscillare follemente ogni giorno? Si può scommettere su una corsa di cavalli senza i cavalli? C’è poi un aspetto sociopolitico. Leader che si preoccupano più dell’andamento dei mercati che della salute delle persone rischiano non solo di lasciarci un cumulo di macerie finanziarie, ma anche rivoluzioni al posto delle canzoni che oggi rallegrano i nostri cuori. Che l’agenda dei telegiornali in questi giorni veda al secondo posto l’andamento delle Borse lo trovo non solo fuorviante ma pericoloso per l’equilibrio democratico dei nostri sistemi”.

Secondo lei, i mercati sono più spaventati dall’indeterminatezza dell’evoluzione del Coronavirus o dai suoi effetti sull’economia reale che sembra andare verso un vero e proprio tsunami e a una recessione che alla fine del secondo trimestre potrebbe provocare un calo del Pil italiano del 5%?

“Io non ho mai creduto alle previsioni degli oracoli finanziari e la tragedia di questi giorni non fa che confermare una mia radicata convinzione. I cosiddetti esperti “vedono” il dollaro a questo livello, la Borsa a quest’altro, il Pil a quest’altro ancora. Non è possibile non notare il contrasto con alcuni magnifici medici e virologi italiani che hanno dedicato una vita intera agli studi e che dichiarano,con grande umiltà, di non saperne abbastanza sul virus per fare previsioni. Nell’ascoltarli, non solo non mi spavento, ma mi sento profondamente rassicurato dall’essere nelle mani di persone capaci e di buon senso. Anche nel settore finanziario i risparmiatori dovrebbero affidarsi a questo genere di professionisti e lasciare perdere i narcisi e i veggenti”.

Negli ultimi vent’anni abbiamo visto da vicino tre grandi crisi: quella dell’attentato alle Torri Gemelle del 2001, quello del fallimento della Lehman Brothers del 2008 e quella di oggi del Coronavirus: al di là delle loro diverse origini, il modo di reagire dei mercati alle crisi è sempre lo stesso oppure ogni crisi è completamente differente dalla precedenti e ha poco da insegnare?

“E’ una domanda interessante. Se lei parte dall’assunto, che è la tesi principale del mio libro, che i mercati non sono entità astratte ma sono fatti da persone e dai loro comportamenti, allora ne deduce che le crisi, pur se molte diverse tra loro, si evolvono sempre in modo simile. Alla fase negazionista iniziale, segue una fase di dubbio priva di azione e poi di vendite da panico. Siamo appena entrati in quest’ultima e ci vorrà del tempo prima che i portafogli – e prima di loro gli investitori – ritrovino un punto di equilibrio”.

C’è chi sostiene, non si sa per reale convinzione o per autoconsolazione, che dopo aver toccato il fondo l’economia ripartirà a V o a U: lei che cosa ne pensa?

“Ho già dichiarato la mia assoluta mancanza di fede nelle sfere di cristallo. Ascoltando i migliori medici del pianeta impegnati in uno sforzo congiunto e globale, non ho dubbi che si troverà prima una cura e poi un vaccino e che torneremo a una nuova normalità. Ma è ragionevole aspettarsi che la cavalcata nel deserto sarà lunga e attrezzarsi per questa evenienza. Se ci saremo sbagliati per eccesso di prudenza e avremo magari mancato una prima fase di rialzo, sarà un bel problema da avere”.

La settimana scorsa un’illustre virologa del Sant’Orsola ha raccontato a FIRSTonline che il Coronavirus è ancora largamente sconosciuto anche se la medicina sta lottando con tutte le forze per domarlo e una dei pochissimi effetti positivi è che sono finalmente usciti di scena i No Vax: analogamente, per la finanza si può dire che uno dei pochi effetti positivi di questa crisi è la fine dell’illusione della crescita continua dei mercati e il ritorno in campo dell’opzione rischio-rendimento?

“Sì, certo, l’azzardo morale favorito dall’atteggiamento complice negli ultimi anni delle Banche Centrali è stato spazzato via dal virus. Ma tornerà al prossimo ciclo, perché le persone sono e saranno sempre dominate dall’alternanza testa-pancia. Quello che può e deve cambiare, però, è il livello di cultura finanziaria, in particolare in un Paese ricco di risparmio come il nostro. Una maggiore conoscenza e padronanza del mondo degli investimenti sarebbe una conseguenza positiva – di certo non l’unica – di questa tragedia”.

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