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Barack Obama nel discorso sullo stato dell’Unione: “Vogliamo un’America più giusta”

Il Presidente degli Stati Uniti d’America nel tradizionale discorso al Congresso (dove ha ricevuto applausi bipartisan) ha ribadito i risultati raggiunti dalla sua amministrazione e lanciato la sfida per l’ultimo anno prima delle nuove elezioni: “Più tasse per i ricchi e più giustizia fiscale” – Il Wsj lo accusa di populismo, il NY Times lo applaude

Barack Obama nel discorso sullo stato dell’Unione: “Vogliamo un’America più giusta”

Un discorso di oltre un’ora, all’insegna della giustizia fiscale. Così il presidente degli Usa Barack Obama nel suo intervento sullo stato dell’Unione, dove non ha mancato di sottolineare, a meno di un anno dalle prossime elezioni, i risultati raggiunti dal suo insediamento, rivendicando i miglioramenti dell’economia rispetto all’era Bush: “L’America oggi è più forte e più sicura rispetto al 2008 e ora bisogna renderla più giusta”.

La ricetta di Obama è semplice e ha riscosso l’entusiasmo del Congresso (che gli ha riservato una standing ovation) e l’approvazione della stampa internazionale, eccetto il Wall Street Journal, che lo ha definito “populista”: la cosiddetta “Buffett rule”, una riforma fiscale che tassi con un’aliquota del 30% i milionari. 

“Si tratta di capire – ha spiegato il Presidente – se vogliamo un Paese dove una minoranza continua a stare bene mentre la maggioranza tira a campare, oppure ristabilire un’economia dove tutti hanno le stesse possibilità, chi lavora duro ha ciò che gli spetta e soprattutto tutti giocano con le stesse regole”.

Equità, insomma, prima di tutto. “Economic fairness”, è la formula più utilizzata dai media, in primis il New York Times. Ma non solo. Anche crescita. Tra le proposte avanzate infatti c’è anche un piano di incentivi fiscali a tutte le imprese che rilocalizzano negli Stati Uniti e la creazione di una task force per contrastare la concorrenza sleale della Cina. Senza dimenticare di ricordare, con la prosopopea tipica di un discorso da Presidente, i risultati già raggiunti nei primi tre anni, in confronto alla precedente amministrazione: “Nei sei mesi che hanno preceduto il mio primo mandato – ha ricordato Obama – abbiamo perso quattro milioni di posti di lavoro. E ne abbiamo persi altri quattro milioni prima che le nostre politiche cominciassero ad sortire degli effetti. Ma negli ultimi 22 mesi – ha precisato il presidente – le imprese hanno creato più di tre milioni di posti di lavoro e lo scorso anno è stato prodotto il maggior numero di posti dal 2005. Il deficit è stato poi ridotto di due trilioni: questi sono i fatti”. 

Infine, sulla sicurezza e la politica estera, Obama ha rivendicato i risultati della sua politica (che lo ha portato a ricevere nel 2009 il Premio Nobel per la Pace): “Per la prima volta in 20 anni Osama Bin Laden non rappresenta più una minaccia per gli Usa”, ha osservato, e “per la prima volta in nove anni nessun americano sta combattendo in Iraq“. Tuttavia, parlando dell’Iran il primo cittadino Usa non ha escluso una nuova operazione militare, rilasciando un generico: “Tutte le opzioni restano sul tavolo”.

Per concludere, e conquistare in questo modo l’applauso bipartisan, non poteva mancare la frase ad effetto che conquistasse tutti, democratici e repubblicani: “Io sono un democratico, ma credo in ciò in cui credeva il repubblicano Abraham Lincoln”.

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