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Bankitalia: “Non solo Npl, in banche Ue titoli tossici per 6.800 miliardi”

Fra attivi e passivi, nelle banche europee sono parcheggiati titoli illiquidi per 6.800 miliardi di euro. Vengono iscritti a bilancio come “Livello2” (L2) o “Livello3” (L3) e una volta erano noti come “titoli tossici”.  Si tratta di opzioni, premi o altri strumenti finanziari derivati non quotati. A calcolare la cifra è la Banca d’Italia, che in uno studio pubblicato oggi mette in guardia dal potenziale distruttivo di questi asset, stipati per il 44% negli istituti francesi, per il 30% in quelli tedeschi e solo per il 5% nelle banche italiane.

Secondo via Nazionale, basterebbe un calo del 5% del valore di questi titoli per ridurre il Cet1 delle 18 banche europee più esposte dal 14 all’11%. In media la flessione sarebbe di 350 punti base, ma nei casi peggiori arriverebbe a 1.470. E non si tratta di simulazioni da fantascienza: secondo gli analisti di Palazzo Koch, “uno shock di prezzo violento non è un’ipotesi irrealistica”.

Il problema è che i titoli illiquidi non hanno un mercato di riferimento, di conseguenza non esiste un prezzo certo al quale iscriverli in bilancio. “I principi contabili lasciano alle banche spazio per interpretazioni e per fare scelte discrezionali su questi titoli – scrive la Banca d’Italia – Le banche hanno dunque l’incentivo ad usare questa facoltà per distorcere il processo valutativo, con l’obiettivo che può variare da riconoscersi profitti incerti immediati fino a minimizzare gli aggiustamenti sul fair value anche in condizioni di estrema illiquidità”.

Insomma, la valutazione di questi titoli è lasciata alla libera interpretazione delle banche, che, secondo Via Nazionale, “sono incentivate a usare questa discrezionalità a proprio vantaggio”. Per questa ragione, “i profitti che emergono da certi titoli complessi dovrebbero più propriamente essere catalogati come premi per rischi nascosti”, sottolinea ancora Bankitalia.

Ma non è solo il valore di questi strumenti a creare perplessità: lo studio punta il dito anche contro il metodo con cui vengono iscritti a bilancio. Di solito ogni titolo viene iscritto singolarmente al proprio valore, attivo o passivo. Le banche che fanno risk management, tuttavia, possono operare diversamente, calcolando la differenza tra le varie posizioni e segnando a bilancio solo il valore netto di un pacchetto di titoli.

“Sebbene questo approccio abbia solide basi economiche – continua la Banca d’Italia – introduce complessità, discrezione e opacità. Se sui titoli in portafoglio non viene fatto un hedging perfetto, cosa che accade spesso, si crea un rischio”. In altri termini, secondo Via Nazionale i titoli illiquidi vengono gestiti in modo troppo opaco e arbitrario.

Fin qui la Vigilanza europea si è concentrata sul problema dei crediti deteriorati (Non performing loans, Npl), ma Bankitalia punta a dimostrare che il pericolo rappresentato dai titoli illiquidi è altrettanto serio.

“Sia i titoli illiquidi sia gli Npl sono prodotti fatti su misura, opachi, illiquidi e soggetti ad alta incertezza valutativa – conclude lo studio – Le nostre simulazioni dimostrano che il rischio di valutazione dei titoli di Livello 2 e 3 è simile a quello dei crediti deteriorati”. Ecco perché “un ulteriore sforzo di supervisione in questo settore potrebbe portare ad una visione più profonda e completa sulla valutazione di questi attivi e sul loro rischio sottostante”. È probabile che a Danièle Nouy, responsabile della Vigilanza Bce, siano fischiate le orecchie.

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Categories: Finanza e Mercati