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Bankitalia: investitori retail hanno più che quadruplicato acquisti di titoli rischiosi nel 2022

Tra i titoli complessi preferiti dalle famiglie ci sono certificates e AT1. Per Bankitalia il fenomeno ora è sotto controllo, ma potrebbe essere rischioso in caso di scenari avversi.

Bankitalia: investitori retail hanno più che quadruplicato acquisti di titoli rischiosi nel 2022

Lo scorso anno le famiglie italiane hanno più che quadruplicato gli acquisti nei cosiddetti “titoli complessi” portando l’ammontare a circa 50 miliardi rispetto agli 11 miliardi dell’anno precedente.
Che cosa abbia spinto investitori privati, quindi solitamente con minore esperienza a lanciarsi su asset complicati, quindi potenzialmente più rischiosi, è forse da ricondurre al ritorno, dopo la pausa legata alla pandemia, alla solita ricerca dell’Eldorado degli investimenti elevati.

Ma Bankitalia si dice attenta a questo fenomeno che, così com’è, non desta particolari preoccupazioni, ma potrebbe generarle nel caso avverso di scenari avversi.

Tra i “titoli complessi” ci sono anche gli AT1

Nella terminologia della Banca centrale, per “titoli complessi” si intendono le cartolarizzazioni, gli AT1 ( le obbligazioni subordinate Additional Tier 1 diventate famose a marzo dopo che Credit Suisse ha azzerato le sue nell’ambito del tentativo di salvarsi e note anche come contingent convertibles o CoCos) e i certificates, anch’essi legati alla grande famiglia dei derivati e delle cartolarizzazioni.

I rischi per la stabilità finanziaria sono al momento contenuti

Bankitalia, nella sua valutazione periodica dei rischi per la stabilità finanziaria, sgombra il campo da particolari timori al momento: “i rischi per la stabilità finanziaria che possono derivare da queste categorie di titoli appaiano al momento contenuti” dice nel suo ultimo rapporto. Anche per, precisa, essi rappresentavano solo circa il 18 per cento del totale dei titoli di debito detenuti dalle famiglie e l’1 per cento della loro ricchezza finanziaria a settembre 2022.

Ma attenzione soprattutto alla tipologia “certificates”

Tuttavia da Palazzo Koch arriva un avvertimento: questi asset invece espongono il possessore “al rischio di perdite significative al verificarsi di uno scenario sfavorevole”, tanto più che le preferenze degli investitori retail tra questi titoli complessi, sono andate proprio sui “certificates”, acquistati nel 2022 per ben 37 miliardi. “Il volume di certificates in circolazione in Italia è aumentato significativamente nel 2022, e le famiglie ne detengono la maggior parte (il 70 per cento circa). Il valore di questi strumenti può subire ampie variazioni. La Banca d’Italia continuerà quindi a prestare particolare attenzione all’evoluzione di
questo mercato” dice nel rapporto. Degli altri titoli complessi le famiglie hanno acquistato cartolarizzazioni per 900 milioni, obbligazioni strutturate per 3,9 miliardi, obbligazioni subordinate per 7,2 miliardi, obbligazioni subordinate AT1 per 1,4 miliardi.

Il faro acceso sugli AT1: rischio di forti oscillazioni di prezzo

Più in generale i titoli complessi detenuti da investitori italiani, che comprendono quindi per esempio anche banche, assicurazioni, fondi, imprese in circolazione in Italia a fine 2022 erano pari a 303 miliardi. Gli strumenti complessi più comuni sono le cartolarizzazioni (38% del totale pari a 115 miliardi) le obbligazioni subordinate (29% per un ammontare complessivo di 89 miliardi) e i certificates (17% per un ammontare di 52 miliardi).

I volumi delle obbligazioni AT1 complessivamente acquisite in Italia ammontano a 25 miliardi: Essi “non appaiono elevati in termini assoluti e la loro scarsa presenza tra le attività detenute dalle banche esclude possibili rischi di contagio legati a eventuali perdite di valore di questi strumenti” dice il rapporto di Bankitalia. “Tuttavia, questi titoli possono essere convertiti in azioni oppure svalutati (anche integralmente) in situazioni di crisi dell’emittente. A causa di queste caratteristiche essi possono subire forti oscillazioni di prezzo”.

Via Nazionale ricorda il suo “potere di intervento sui prodotti”, ossia può vietare o limitare la vendita di strumenti finanziari da parte di una banca o altro intermediario alla clientela con l’obiettivo di “preservare la stabilità del sistema finanziario” italiano. “La Banca d’Italia continuerà quindi a prestare particolare attenzione all’evoluzione di questo mercato” scrive via Nazionale.

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