Il peggioramento della qualità dei prestiti rappresenta il principale rischio cui sono esposte le banche. Lo scrive la Banca d’Italia nel suo ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria, sottolineando che quest’anno “il tasso di deterioramento dei prestiti, rimasto pressoché stabile nel corso del 2020, mostra segnali di aumento, in particolare per i prestiti alle imprese operanti nei settori più esposti agli effetti della crisi sanitaria”.
Peraltro, la situazione rischia di essere peggiore di quanto sembri, perché “le moratorie ancora in essere, la cui incidenza è più alta della media europea”, stanno probabilmente “ritardando l’emersione di difficoltà nel rimborso dei prestiti”, spiega Via Nazionale.
Per questo “le banche devono valutare con attenzione, caso per caso, la posizione delle imprese, attivandosi per sostenere quelle con prospettive di ripresa ed effettuando le necessarie riclassificazioni prudenziali e contabili – si legge ancora nel Rapporto – La situazione di incertezza richiede notevole prudenza e il rafforzamento delle decisioni di accantonamento”.
Nel dettaglio, spiega Bankitalia, “il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto ai prestiti in bonis, rimasto pressoché stabile allo 0,9% fino a settembre del 2020, è cresciuto nel quarto trimestre all’1,1%” e “l’incremento ha riguardato sia i prestiti alle famiglie (dallo 0,9 all’1,0%) sia quelli alle imprese (dall’1,2 all’1,5%)”.
D’altra parte, l’Istituto centrale sottolinea che gli indicatori di rischio relativi ai prestiti sono (e rimarranno) ben al di sotto dei picchi registrati durante e dopo l’ultima crisi. Nel 2012-2013, infatti, il tasso di deterioramento dei crediti viaggiava in media intorno al 6-8%, mentre ora siamo nell’ordine del 2%. Un discorso analogo vale per il Net Npl ratio (che misura lo stock dei crediti deteriorati), passato dal 9-10% del 2015 all’attuale 2%. Solo nel 2020, le banche italiane hanno venduto Npl per circa 30 miliardi di euro.
Secondo la Banca d’Italia, questi miglioramenti faranno sì che il nuovo aumento dei prestiti a rischio – iniziato nel quarto trimestre dell’anno scorso e destinato ad aggravarsi nei prossimi mesi – sarà comunque gestibile, a patto che le banche continuino con la linea della prudenza.