La pandemia di Covid-19 ha seminato morte e distruzione in quasi tutti i paesi del mondo, quasi come una guerra. Ora però, dopo la reazione eccezionalmente rapida in primis della scienza e della medicina, ma poi anche delle politiche economiche e sociali delle organizzazioni internazionali e dei singoli Governi, ci sono segnali incoraggianti che potrebbe aprirsi una nuova epoca. Questo il senso profondo della Relazione annuale letta dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco a Via Nazionale davanti a un uditorio ridotto per le restrizioni legate all’emergenza sanitaria.
Considerazioni Finali diverse dal solito sia per il tono che per i contenuti. Stiamo uscendo da una prova terribile. Milioni di morti e un calo del reddito quale mai si era registrato in tempi di pace. Soprattutto ci sono chiare evidenze che la pandemia ha cambiato l’approccio di governanti e cittadini alla soluzione dei problemi. Il mondo appare un immenso cantiere dove si stanno costruendo strumenti e regole nuove per affrontare le emergenze. In primo luogo appare evidente che l’intero mondo è fortemente interconnesso e che quindi non ci potrà essere il superamento della crisi fino a quando ciò non lo sarà per tutti. Ci vorrà quindi una forte cooperazione multilaterale su moltissime materie che vanno dalla finanza, all’ecologia, alla riduzione delle ingiustizie, alla creazione di nuove opportunità di crescita. E Visco indica alcune delle proposte che sono state avanzate in seno al G20, peraltro in questa fase presieduto dall’Italia.
In questo quadro di accantonamento dell’esperienza trumpiana del piede di casa e dei rapporti bilaterali tra Paesi, l’Europa ha un ruolo importante da svolgere. Questa volta la reazione alla crisi è stata ben diversa da quella di dieci anni fa. Da Bruxelles sono venute decisioni fondamentali che riconoscono la necessità di un approccio comune per affrontare problemi comuni. Così è nato il Next Generation UE e così la BCE ha potuto varare con tempestività misure atte a sostenere il credito alle imprese e a finanziare gli accresciuti deficit pubblici senza provocare scosse sul mercato dei capitali.
Ma ora bisogna avere il coraggio di proseguire questa esperienza varando una vera e propria struttura atta a gestire una politica economica comune, per arrivare quanto prima ad una più solida unione politica. Del resto si è visto che ormai all’Europa i cittadini chiedono cose che finora era escluse dai trattati perché gelosamente conservate nell’ambito dei singoli Stati. Basti pensare alla sanità e all’immigrazione. Ma nella nuova situazione internazionale diventa fondamentale anche una comune politica estera e della difesa.
All’Italia tocca in questo quadro una doppia responsabilità: utilizzare bene i fondi messi a disposizione da Bruxelles sia per uscire da oltre un ventennio di quasi stagnazione e recuperare tassi di crescita simili a quelli degli altri, sia per dimostrare agli altri Paesi europei che lo sforzo finanziario comune è stato conveniente non solo per noi, ma anche per l’intera Europa che non corre più il rischio di dover fronteggiare una crisi di un grande Paese come il nostro.
Il nostro Governo non viene nominato in tutta la relazione, ma è chiaro il pieno appoggio della Banca d’Italia a Draghi e al suo ministro dell’economia Daniele Franco, fino a due mesi fa direttore generale proprio a via Nazionale. Visco dimostra che le riforme chieste da Bruxelles convengono in primo luogo a noi stessi. Per dare prospettive ai giovani non basta certo un bonus al compimento dei 18 anni, ma occorre offrire opportunità di formazione e un mercato del lavoro capace di sostenere i periodi di disoccupazione e ricollocare le persone nei settori con maggiori potenzialità di crescita. Visco chiarisce che la quantità di denaro che potremo spendere nei prossimi anni avrà un ruolo importante, ma che decisive saranno le riforme (della PA e della Giustizia, del welfare e del lavoro). Quello che conterà sarà la qualità degli interventi più che la quantità.
Ma per cogliere il successo pieno occorrerà uno sforzo collettivo dei singoli, delle famiglie e delle imprese. Tutti dovranno partecipare attivamente ai cambiamenti. Non si può pensare che il futuro possa essere basato sui sussidi pubblici. Lo Stato ha sicuramente acquistato un ruolo più ampio nel fronteggiare la crisi sanitaria e le sue conseguenze economiche. Ma attenzione – dice Visco – l’azione delle Stato deve essere più efficace, non più estesa. La gestione diretta da parte del pubblico di imprese che dovrebbero operare sul mercato comporta dei rischi. In sostanza bisogna capire bene che Stato e mercato sono complementari, che buone regole e buoni servizi, servono alle imprese e al loro sviluppo. Ma attenzione, chiedere troppo al settore pubblico vuol dire anche essere disposti ad accettare maggiore tassazione.
L’Italia ha l’occasione per superare l’anemia della crescita che ci ha afflitto per oltre un ventennio. Deve attuare il piano predisposto dal Governo superando pericolose derive nazionaliste e partecipare attivamente a rendere via via più concreti i segnali di cooperazione che si vedono sia a livello globale che, soprattutto, a livello europeo. Se l’Italia saprà attuare il PNRR inviato a Bruxelles potrà nel giro di qualche anno cambiare il passo della propria economia e contemporaneamente potrà dare una spinta decisiva al completamento della costruzione europea.