Il processo di digitalizzazione dei servizi bancari, che porta con sé la diffusione degli algoritmi, rischia di danneggiare le fasce più deboli della società in termini di accesso al credito. Lo sostiene la vicedirettrice generale della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli, che intervenendo alla 51esima Giornata del Credito ha messo in luce una contraddizione: “Da un lato la digitalizzazione è in grado di estendere l’accesso agli strumenti finanziari a soggetti che ne sono stati finora esclusi: duesto è possibile grazie ai minori costi operativi e alla facilità di utilizzo permessa dalle app. D’altro canto, la migliore capacità di previsione dei default, connessa anch’essa con la digitalizzazione, può avere effetti ambigui sull’accesso al credito delle fasce più vulnerabili della popolazione. I minori costi di monitoraggio possono migliorare le condizioni praticate, ma al tempo stesso l’utilizzo di alcuni dati molto granulari, ad esempio sull’etnia e le abitudini di consumo, può peggiorarle”.
Perrazzelli ricorda poi che “un recente studio realizzato con dati americani mostra che l’introduzione di algoritmi di apprendimento automatico si è tradotta in un aumento dei tassi d’interesse praticati sui mutui alla clientela afroamericana e di origine latino-americana rispetto al resto della clientela. È importante raccogliere ulteriori evidenze in modo da poter disegnare un quadro di regole sull’utilizzo dell’informazione che assicuri che la rivoluzione digitale aumenti e non riduca l’inclusione finanziaria”.
DIGITALIZZAZIONE BANCHE: IN ITALIA ANCORA MOLTO DA FARE
Allo stesso tempo, la vicedirettrice generale della Banca d’Italia sottolinea anche che nel nostro Paese la digitalizzazione del settore bancario “è in corso ma è ancora lontano dall’essere completata”.
In particolare, la digitalizzazione è completa solo nel segmento degli strumenti di pagamento: su quasi 300 banche analizzata da via Nazionale risulta che tutte consentono pagamenti online. Anche l’offerta di strumenti per la gestione del risparmio attraverso canali digitali è piuttosto diffusa, ma “si registra un ritardo più generalizzato nell’offerta di prestiti online – continua Perrazzelli – in particolare alle imprese. In quest’ambito la tecnologia è utilizzata per offrire servizi di tipo informativo quali la richiesta di preventivi, e raramente consente di perfezionare la sottoscrizione del contratto”.
Quanto ai progetti di sfruttamento di big data, “sono stati avviati da tutti gli intermediari più grandi e solo parzialmente dagli altri – conclude Perrazzelli – Progetti che hanno ad oggi finalità prettamente commerciali: risulta ancora molto limitato il loro utilizzo per la valutazione della rischiosità, il pricing e il monitoraggio dei clienti nell’ambito dell’attività di erogazione del credito”.
IVASS: L’AMPIA OFFERTA DIGITALE RISCHIA DI SOPRAFFARE I CONSUMATORI
Per quanto riguarda i clienti, invece, “l’ampia offerta digitale rischia di sopraffare la capacità del consumatore di scegliere, creando nel contempo situazioni di disorientamento e di ‘cattura’ – rileva nel corso dello stesso convegno il segretario generale dell’Ivass, Stefano De Polis –L’illusione dell’autonomia e dell’autodeterminazione che il web ingenera nei clienti produce, paradossalmente, l’ampliarsi dei rischi di misselling, il proliferare di condizionamenti esterni e financo di inganni virtuali”.
Per questo motivo, “è convinzione largamente diffusa tra operatori e autorità – continua De Polis – che l’avvento della digitalizzazione non faccia venire meno l’importanza della relazione umana-conclude De Polis-. Le due dimensioni devono ridefinirsi, integrandosi per massimizzare i vantaggi. Esperienze avanzate di offerta digitale di massa di prodotti assicurativi – quali quelle in corso oggi in Cina – mostrano che anche le grandi piattaforme digitali prevedono, come fondamentale momento di supporto professionale al cliente e dell’esperienza di vendita, l’istaurarsi di una relazione diretta con un agente”.