Pur utlizzando il linguaggio sobrio ed equilibrato dei banchieri centrali, il monito lanciato da Salvatore Rossi alla vigilanza bancaria europea è chiaro: le regole sono di vitale importanza, ma intraprendere la strada del rigore non significa introdurre delle norme che, anziché portare le banche sulla retta via, finiscano per danneggiarle, infliggendo un colpo mortale all’intero comparto.
Intervenendo al convegno Wolpertinger 2018 su “Unione bancaria: risultati raggiunti e prospettive future” tenutosi oggi, 30 agosto, a Modena, il direttore generale della Banca d’Italia e Presidente dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS) analizza l’attuale situazione e parla del parziale “tradimento” di quel sogno nato all’inizio di questo decennio.
“L’idea – spiega Rossi – era quella di stabilire il principio secondo cui le banche europee sono innanzitutto europee: se una di esse si trova in difficoltà, il problema riguarda l’intera Europa”. Ma oggi funziona realmente così? Nonostante l’istituzione di una vigilanza unica, il relativo successo dell’MVU (Meccanismo di Vigilanza Unica) e l’introduzione del Bail In, il processo di istituzione dell’unione bancaria sembra aver intrapreso una direzione differente.
“Le banche sono divenute europee solo in un senso, ovvero in quanto vigilate e sottoposte a risoluzione a livello europeo. Il circolo vizioso tra settore bancario ed emittenti sovrani non è stato spezzato, tuttavia alle banche – continua il direttore generale di Bankitalia – è stata imposta una camicia di forza volta a garantire che, in caso di fuga dai titoli di Stato emessi da un sovrano, le banche di quel paese non verranno salvate dai contribuenti, di quello stesso paese o di altri”.
L’attività della vigilanza bancaria nel corso di questi anni, si è concentrata in particolar modo su uno dei temi più caldi per gli istituti europei, italiani in primis: il processo di dismissione dei Non Performing Loans.
Un’iniziativa sacrosanta, sulla quale però occorre procedere con “giudizio” e cautela, evitando di farla di diventare “integrità burocratica”. “Più capitale e meno NPL sono una politica sana e prudente per le singole banche – afferma Rossi – ma supponiamo che, per assurdo, i requisiti patrimoniali siano innalzati al cento per cento del totale delle attività e gli NPL ridotti a zero, in termini di stock e flussi: i supervisori sarebbero al sicuro al cento per cento ma l’attività bancaria cesserebbe di esistere, almeno nella forma che conosciamo da secoli”.
L’avvertimento è dunque chiaro: Sì a regole rigide che prevengano le crisi bancarie e mettano al sicuro il portafoglio dei contribuenti, No a requisiti eccessivamente stringenti che potrebbero causare addirittura il fallimento dell’attività bancaria e la scomparsa del credito.
“Siamo tutti concordi sulla necessità di favorire un maggiore sviluppo dei mercati dei capitali nell’Europa continentale e una più elevata diversificazione delle fonti di finanziamento delle economie, ma il credito bancario continuerà ad avere un ruolo rilevante per molti anni ancora, soprattutto per le piccole e medie imprese, e il suo regolare flusso non dovrebbe essere irragionevolmente rallentato per l’ossessione dei supervisori di evitare accuse nel caso in cui un debitore sia in ritardo con i pagamenti”, avverte Rossi.
Cosa fare nel prossimo futuro, dunque? “La vigilanza bancaria deve essere costruttiva, non distruttiva. Ciò è sempre vero, ma oggi nell’area dell’euro occorre ricordarlo costantemente. Le regole e le pratiche prudenziali devono essere severe ma proporzionate e assicurare sempre parità di condizioni…Le autorità di vigilanza devono essere il più possibile lungimiranti. Ancora di più devono esserlo le autorità di vigilanza europee, e i legislatori con loro, perché impegnati a far funzionare un sistema nuovo di supervisione e gestione delle crisi bancarie, unico a livello europeo. È loro dovere adeguarlo laddove emergano criticità e innovazioni”, conclude Rossi.