Potrà anche pesare l’aumento dell’inflazione, ma all’occhio della Vigilanza della Banca d’Italia non è sfuggito che alcune banche hanno “aumentato il costo dei conti correnti a carico dei clienti”, proponendo oltretutto “loro modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali”. Questo comportamento non va giù a Palazzo Koch e chiede espressamente in una comunicazione agli istituti di credito di valutare “con estrema attenzione” l’aumento dei costi motivati dall’aumento dei tassi e dell’inflazione e le modifiche contrattuali a sfavore dei clienti.
Tanto più che le banche hanno già altre opportunità di guadagni, dice l’istituto guidato da Ignazio Visco: l’aumento dei tassi di interesse ufficiali avviato lo scorso luglio dalla Banca Centrale Europea può avere effetti positivi sulla redditività complessiva dei rapporti tra le banche e i loro clienti”, la qual cosa può “compensare l’aumento dei costi indotto dall’inflazione”.
È una delle tradizionali mosse stile “moral suasion” della Banca d’Italia con la quale in passato è riuscita a fare molta pressione sulle banche perché modificassero comportamenti ritenuti non adeguati.
Dopo 14 anni di tassi in calo, ora risalgono: il comportamento delle banche
Dal 2008, l’annus horribilis del fallimento di Lehman Brothers, i tassi ufficiali, che a ottobre di quell’anno al 3,25-3,75 %, hanno iniziato a scendere di provvedimento in provvedimento della Banca centrale europea, la quale secondo il mitico “Whatever it takes” di Mario Draghi cercava di far di nuovo scorrere la liquidità in un sistema finanziario che si era fatto marmoreo. È così che i tassi ufficiali sono progressivamente arrivati allo zero nel 2012 e da lì addirittura negativi dal 2014 fino al 2019.
In questo periodo, osserva la Banca d’Italia, “alcune banche avevano azzerato la remunerazione dei depositi in conto corrente e ad aumentato gli oneri a carico dei clienti”.
Quando i tassi ufficiali hanno ricominciato a salire gli “intermediari sono stati sollecitati a rivedere le condizioni in senso favorevole ai clienti” e effettivamente “alcune banche stanno procedendo in tale direzione”. Ma sono ancora molto poche le banche che remunerano i conti correnti della loro clientela, e addirittura, a quanto emerge dalla sollecitazione della stessa Banca centrale, alcune banche addirittura aumentano i costi.
Sono saliti i costi medi sui depositi
Sono ancora le rilevazioni di Banca d’Italia a segnalare come i tassi medi sui depositi in conto corrente delle famiglie siano saliti solo dallo 0,02% allo 0,12% tra agosto e dicembre, mentre nello stesso periodo il tasso medio dei prestiti alle famiglie è salito dal 2,76% al 3,27%. Ad aumentare sono stati gli interessi sulle nuove operazioni di conti deposito, un mercato che si è risvegliato con il rialzo dei tassi: oggi diverse banche propongono tassi del 3% o anche del 4% sulle somme vincolate. Il tasso medio delle nuove operazioni su conti deposito è più che triplicato dall’avvio della stretta monetaria, passando in cinque mesi dallo 0,84% al 2,16%.
La grande liquidità degli italiani sui conti correnti
La banca centrale tocca un tema sentito dalle famiglie, abituate a tenere grandi quantità di denaro fermo sui conti correnti. Le banche italiane custodiscono 1.174 miliardi di euro di depositi delle famiglie, una cifra cresciuta rapidamente nei mesi della pandemia, quando rimasti in casa gli italiani hanno bruscamente ridotto le spese. In tre anni le banche hanno accumulato circa 130 miliardi di euro di depositi aggiuntivi.
La nuova strigliata sulle modifiche unilaterali
Un capitolo a parte palazzo Koch lo dedica al secondo aspetto delle azioni bancarie: le modifiche unilaterali dei contratti. Già la Banca d’Italia aveva dato disposizioni precise riguardo queste prassi, precisando alcuni fondamentali criteri che le banche devono rispettare.
In particolare la banca centrale dice: “Le norme vigenti prevedono che le banche e gli intermediari finanziari debbano inviare alla propria clientela una comunicazione preventiva che illustri il contenuto della modifica unilaterale proposta, le motivazioni che ne sono alla base e la data di entrata in vigore”. In questo modo, i clienti saranno in grado di “valutare le modifiche unilaterali proposte, di conoscerne le motivazioni ed eventualmente di ricercare nuove soluzioni contrattuali, più adeguate alle proprie esigenze”, si legge in una sua recente comunicazione.
Resta fermo, osserva Visco nella comunicazione odierna, “che, in un’economia di mercato, la fissazione delle condizioni economiche dei beni e servizi offerti rappresenta un elemento centrale delle libere scelte imprenditoriali” dice. Ma avverte, “in presenza di modifiche unilaterali, la clientela ha sempre il diritto di recedere dal contratto senza spese entro la data di entrata in vigore delle nuove condizioni, valutando anche offerte più convenienti di altre banche.
Musica per le orecchie dei consumatori
Il Codacons e l’Unione Nazionale Consumatori plaudono al richiamo di Bankitalia. “I costi di gestione dei conti correnti in Italia sono in costante aumento” dice il Codacons. “L’ultimo report della Banca d’Italia registra una crescita della spesa di 3,8 euro, che porta il costo medio di gestione di un conto a 94,7 euro, a causa soprattutto delle spese fisse, in particolare quelle per l’emissione e per la gestione delle carte di pagamento”. Secondo il Codacons “sempre più spesso le banche ricorrono alla scusa dell’inflazione e dei maggiori costi a loro carico per modificare unilateralmente le condizioni contrattuali ai clienti, ma tali rincari risultano ingiustificati”. Inoltre “grazie all’home-banking e alle app oggi i costi operativi per gli istituti di credito si sono sensibilmente abbattuti, con una serie di operazioni compiute in autonomia dagli utenti attraverso smartphone o pc che non hanno alcun costo per le banche” ha concluso l’associazione dei consumatori.
“È una corsa al rialzo che non solo deve cessare immediatamente, ma va subito invertita la rotta. Quanto al diritto di recesso senza spese invitiamo i consumatori a segnalarci ogni eventuale abuso, pronti a segnalarlo alle autorità di vigilanza”, ha chiarito Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Per l’Abi non ci sono criticità legate ai costi di conto corrente
L’associazione bancaria ritiene che sia un “bene che siano seguiti gli andamenti dei prezzi per evitare che ci siano, non ritengo che ci siano, elementi di carattere problematico” come ha precisato il presidente dell’Abi Antonio Patuelli. “Le banche hanno servizi in concorrenza tra loro, ci sono anche servizi sostanzialmente gratuiti come per i pensionati che hanno pensioni minime. Sono conti semplici che ogni banca deve fornire obbligatoriamente. Ogni banca ha la sua prezzistica e ognuno è libero di andare alla banca che preferisce” ha concluso.