L’Enel ha fame di banda larga e sta valutando di entrare nel piano per lo sviluppo della rete ultraveloce in Italia mettendo a disposizione la propria infrastruttura di distribuzione elettrica. Le indiscrezioni circolano da qualche giorno e Reuters riprende la notizia aggiungendo nuovi dettagli.
L’interesse di Enel è di colmare il digital divide che ostacola, di fatto, lo sviluppo digitale della propria rete di distribuzione: un passaggio fondamentale per il gruppo che sposterà sull’Italia circa 2 miliardi del proprio piano quadriennale di investimenti per la crescita (6,5 miliardi in tutto), proprio per il potenziamento e la digitalizzazione della rete. In vista c’è la sfida rappresentata dalla generazione distribuita ma anche il mondo dei servizi innovativi alla clientela, con la sostituzione graduale di 32 milioni di contatori elettronici. Senza un’adeguata rete in fibra, tutto ciò diventa molto più difficile se non impossibile, specialmente in alcune aree. Per evitare che al digital divide si sommi anche l’electrical divide, il gruppo guidato da Francesco Starace sta dunque valutando di entrare nella partita sulla rete e dovrebbe presentare domani il suo Piano all’Autorità per le Comunicazioni (Agcom). Enel, infatti potrebbe fornire le linee e gli armadi della sua rete di distribuzione (450.000), oltre al know how tecnologico, per la posa in opera della fibra.
“Enel potrebbe mettere a disposizione la sua infrastruttura per rendere più rapido il processo di digitalizzazione”, ha detto a Reuters una delle fonti chiedendo di non essere citata perché nessuna decisione è ancora stata presa. L’interesse di Enel non è nuovo tanto che nel 2014 aveva sottoscritto un accordo con Telecom proprio per le stesse ragioni. Proprio quell’accordo però va a rilento o comunque non garantisce un’infrastruttura adeguata all’accelerazione che Starace ha deciso di imprimere sullo sviluppo digitale. Da qui, dunque, la necessità di fare un passo in avanti.
Enel, controllata al 30% del Tesoro, non ha commentato le indiscrezioni. La sua scesa in campo potrebbe aprire, in prospettiva, scenari di partnership anche con Metroweb, la società della fibra partecipata dalla Cdp tramite il Fondo strategico e F2i.
Proprio sul destino di Metroweb, come veicolo per la realizzazione della rete nazionale in fibra, sono aperte da tempo negoziazioni. Per ora Telecom Italia non cede sulla richiesta di controllare il 51% della società nel caso di un suo ingresso nella partita sulla nuova rete. Condizione che però non è accettata da Vodafone e Wind che hanno presentato ciascuna una manifestazione d’interesse e chiedono, come condizione irrinunciabile, che i partner coinvolti nel progetto si trovino in condizione di parità.
Il governo ha approvato le linee guida contenute nella Strategia per la banda larga con il consiglio dei ministri del 3 marzo scorso.
L’intervento prevede 6,2 miliardi di investimenti pubblici ai quali se ne dovrebbero affiancare altrettanti privati.
La realizzazione del piano è intralciata da complessi regolamenti e problemi di governance tanto che dopo mesi di negoziati non c’è ancora accordo tra il governo e Telecom Italia, proprietaria della principale rete telefonica, su come procedere. Si rischia che Telecom e Metroweb (rete di fibra ottica controllata da F2i e dal Fondo strategico italiano che fanno capo a Cdp), costruiscano due reti separate, con un raddoppio dei costi e un rallentamento del progetto.