Banco Bpm apre le danze del “risiko” finanziario italiano con un’opa volontaria su Anima Holding, a 6,2 euro per azione per portarla al delisting. L’offerta, volta a rilevare almeno il 66,7% del capitale, sarà finanziata interamente in contanti e gestita attraverso Banco Bpm Vita, per un impegno complessivo di circa 1,5 miliardi di euro. Il prezzo include un premio del 24,9% sulla media dei prezzi degli ultimi sei mesi e dell’8,5% rispetto alla chiusura di martedì scorso. L’obiettivo? Riportare “a casa”, attraverso Banco Bpm Vita, la divisione assicurativa del gruppo, per integrare la società in un nuovo conglomerato finanziario da 220 miliardi di masse nel settore assicurativo e del risparmio gestito, su un totale di 390 miliardi di attività finanziarie. L’annuncio è arrivato dopo la chiusura della borsa e la pubblicazione dei conti trimestrali.
Le condizioni e la struttura dell’operazione
L’operazione è vincolata a due condizioni cruciali: il raggiungimento di almeno il 66,67% delle azioni di Anima e la possibilità di applicare il Danish Compromise, una normativa bancaria che permetterebbe al gruppo di limitare l’impatto dell’acquisizione sul proprio CET1 Ratio a soli 30 punti base. Se approvata, questa acquisizione proietterebbe Banco Bpm ai vertici del risparmio gestito in Italia, in una strategia mirata a contrastare l’erosione dei margini di interesse dovuta al calo dei tassi Bce. Come suggerito in un report di Mediobanca, questa integrazione è, di fatto, una mossa che segue il modello di Intesa Sanpaolo: creare “fabbriche interne” di risparmio gestito e assicurativo permette infatti alle banche di trattenere più commissioni e di rafforzare la propria struttura di ricavi.
Un’offerta “amichevole” con radici profonde
Banco Bpm e Anima non sono estranei: la collaborazione tra le due società dura da oltre 15 anni e ha portato Banco Bpm a detenere già il 22,4% del capitale di Anima. Per questo motivo, l’ad Giuseppe Castagna ha definito l’opa come “amichevole”, sottolineando che Anima, guidata dall’amministratore delegato Alessandro Melzi d’Eril e presieduta da Patrizia Grieco, potrà continuare il suo percorso di crescita in piena continuità.
Gli azionisti della banca milanese sono particolarmente favorevoli all’operazione, che promette di far crescere le aspettative di performance del gruppo. Il Rote (Return on Tangible Equity) di Banco Bpm, infatti, è previsto aumentare dal 13,5% al 17% entro il 2026. L’offerta ha anche un impatto significativo sul solvency capital, pari a circa 2 miliardi di euro, ma Castagna ha garantito che sarà compensato da un aumento di capitale pari.
Gli altri azionisti di peso di Anima – tra cui Poste Italiane (con poco meno del 12%), FSI (9,77%) e Francesco Gaetano Caltagirone (3,46%) – non sono stati colti alla sprovvista e, anzi, alcuni avrebbero già espresso pareri favorevoli. Per Poste, l’offerta potrebbe portare a un incasso di circa 238 milioni, mentre FSI potrebbe incassare 193 milioni e Caltagirone 69 milioni.
Un colpo in difesa dell’italianità di Anima
Un’altra motivazione, forse meno dichiarata, riguarda il mantenimento dell’italianità di Anima, sempre più corteggiata da investitori internazionali, tra cui si vocifera il gigante francese Amundi, che è controllato da Crédit Agricole, primo azionista di Banco Bpm con il 9,18%. Per Castagna, mettere Anima sotto l’ombrello del Banco è un modo per blindare la società da eventuali tentativi di acquisizione stranieri, mantenendo saldo il controllo del risparmio gestito italiano.
Un possibile ponte verso Mps?
C’è poi un altro tassello interessante in questo gioco di scacchi bancario: la partnership strategica tra Anima e Montepaschi di Siena (Mps), una delle principali banche clienti di Anima, che rappresenta il 16% delle masse retail di Anima e con cui il gruppo ha un contratto fino al 2030. Se Banco Bpm otterrà il controllo della società del risparmio gestito (l’operazione dovrebbe ottenere l’approvazione di Consob a marzo), la collaborazione con Mps potrà diventare la chiave di una nuova strategia: il Tesoro sta infatti cercando un partner industriale per privatizzare la banca senese, e Banco Bpm potrebbe decidere di candidarsi per questo ruolo strategico.