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Banco Bpm, la Cassazione le dà ragione su una controversia fiscale del 2005. Restituiti 200 milioni

Imagoeconomica

Ci sono voluti vent’anno, ma la parola fine alla vertenza avviata dal Banco Bpm l’ha messa la Corte di Cassazione. La Banca guidata da Giuseppe Castagna aveva chiesto l’annullamento degli avvisi di accertamento emessi il 19 dicembre 2011: oggetto della controversia era la deducibilità dei costi sostenuti nell’esercizio 2005 dalla Banca Popolare Italiana nel tentativo di scalata a Banca Antonveneta.

La Corte, dice una nota, ha riconosciuto la fondatezza dei motivi del ricorso presentato dalla banca, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, e ha accolto il ricorso originario proposto, annullando definitivamente gli avvisi di accertamento.

La sentenza consentirà a Banco BPM di ottenere l’integrale restituzione di quanto versato a titolo provvisorio in pendenza del giudizio definitivo tra il 2012 e il 2015, per un importo complessivo pari a 201,9 milioni di euro (oltre ai relativi interessi).

La banca, pienamente convinta delle proprie ragioni e fiduciosa nella positiva conclusione del contenzioso, ha iscritto e mantenuto in bilancio tale importo nella voce “altre attività”.
La banca si è avvalsa dell’assistenza dello Studio Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati, con i soci Cristiano Caumont Caimi e Laura Puddu e dello Studio Stevanato, con il professor Dario Stevanato

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