Veneto Banca e la Popolare di Vicenza rischiano di non poter essere salvate dallo Stato e di dover affrontare il bail-in. Il motivo è che, regole europee alla mano, la mano pubblica può intervenire solo se almeno l’80% dei soci aderisce all’offerta di transazione, ossia l’accordo in base al quale un istituto si impegna a fornire un parziale risarcimento delle perdite subite dagli azionisti in cambio della loro rinuncia all’azione legale.
In sostanza, gli aiuti di Stato sono possibili solo a patto di cancellare l’incognita legata ai contenziosi (il cui valore stimato è di 5 miliardi di euro) sulla presunta truffa nella vendita di azioni dei due istituti. Altrimenti è molto probabile che le banche non avrebbero i coefficienti patrimoniali necessari a beneficiare della ricapitalizzazione preventiva da parte dello Stato.
Il problema è che finora soltanto il 34% dei 169mila soci di Veneto Banca e Pop Vicenza ha aderito all’offerta e ormai il tempo stringe. Mancano solo 14 giorni per arrivare alla soglia dell’80 per cento. Di questo ieri avrebbero parlato l’amministratore delegato della Popvi e capo del comitato strategico di Veneto Banca, Fabrizio Viola, e il ministro Pier Carlo Padoan, in un incontro a Roma a via XX Settembre. E non sono arrivati commenti ufficiali, se non che si è trattato di una riunione “interlocutoria”.
Intanto la Commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha aperto alla possibilità che, se c’è stata una vendita fraudolenta, i soci “possano essere compensati con un arbitrato o direttamente, se si dimostra che in molti sono stati vittime”. Un portavoce Ue in serata ha precisato che il riferimento non era ad aiuti di Stato a favore dei soci: “La responsabilità per correggere i casi di vendita abusiva spetta al venditore dei prodotti in questione, cioè alle banche”.