Colpo di scena nel consolidamento bancario italiano. Nel corso del cda che ha approvato i conti del primo semestre, Unicredit ha raccolto l’appello più volte lanciato dal ministero dell’Economia per intavolare trattative dirette e in esclusiva con il Mef, che ne detiene il 64%, per la possibile acquisizione di una parte “selezionata” del Monte dei Paschi, la banca senese che – secondo gli accordi tra Italia e Ue – deve essere privatizzata entro il 2022.
Il colpo d’ala del nuovo Ceo di Unicredit, Andrea Orcel, considerato non a caso il Cristiano Ronaldo dell’M&A delle banche, rilancia il processo di aggregazioni bancarie e, se andrà in porto, permetterà alla banca di Piazza Gae Aulenti di crescere soprattutto nel Centro-Nord, con una ricca dote del Tesoro, e di accorciare in un colpo solo le distanze che attualmente la separano dalla prima banca italiana, Intesa Sanpaolo.
Unicredit avrà la possibilità di accedere al data room del Monte dei Paschi per verificare le reali condizioni dell’istituto senese e, se non ci saranno sorprese, per mettere nero su bianco e acquistare entro 40 giorni una parte “selezionata” degli asset di Mps.
Orcel, che ha fama di duro negoziatore, non farà sconti e pretenderà dal Tesoro una ricca dote (si parla di oltre 6 miliardi). Il Ceo di Unicredit ha fissato così i paletti dell’operazione: “Neutralità in termini di capitale, accrescimento significativo dell’utile per azione, protezione dai contenziosi legali ed esclusione dei crediti deteriorati da qualsiasi transazione. Durante il periodo di due diligence eseguiremo analisi dettagliate e verificheremo se saremo in grado di definire una transazione che possa soddisfare i parametri concordati e allora, e solo allora, avremo gli elementi per decidere se procedere”.
Il perimetro dell’acquisizione di Mps è fissato in 3,9 milioni di clienti, 80 miliardi di euro di crediti, 87 miliardi di euro di depositi, di 62 miliardi di euro di masse in gestione e 42 miliardi di euro di masse amministrate”. Unicredit avverte anche che “l’accordo sulla gestione del personale” sarà in funzione del compendio”.
È una buona notizia il colpo d’ala di Orcel, che è stato accolta positivamente dalla Borsa e che può spianare la strada ad altre aggregazioni tra le altre banche italiane in cerca di matrimonio, a partire dal Banco Bpm e da Bper. Ma è anche una sconfitta dei Cinque Stelle e dell’ad del Monte, Guido Bastianini, che, contro ogni evidenza, sognavano il ripudio degli accordi con l’Europa e la creazione di una banca pubblica, di cui non si sente proprio il bisogno, perché lasciare in mano alla politica la decisione dei prestiti e dei mutui che una banca può o meno concedere non è mai una scelta saggia.
Per quanto riguarda i conti, Unicredit chiude il primo semestre con un utile netto consolidato pari a 1,921 miliardi di euro, che si confronta con il rosso di 2,28 miliardi circa dello stesso periodo del 2020. Nel solo secondo trimestre, l’istituto registra un utile di 1,034 miliardi, il 24,7% in più rispetto al trimestre precedente e sopra le stime degli analisti.
Sul versante patrimoniale, il Cet1 ratio fully loaded si attesta al 15,5% e il Cet1 Mda buffer a 647 punti base.
Per l’intero 2021 Unicredit si attende un utile netto sottostante sopra i 3 miliardi. La guidance 2021 è migliorata al di sotto dei 40 punti base per il costo del rischio sottostante, equivalenti a rettifiche sui crediti inferiori a 1,8 miliardi. I ricavi totali per l’intero esercizio sono in linea con la guidance precedente di circa 17,1 miliardi e i costi confermati a 9,9 miliardi.
Unicredit “ha fondamenti robusti, che poggiano sulla sua impronta geografica unica, sulla forza della rete distributiva e sulla solidità del bilancio”, commenta Orcel. “Abbiamo compiuto iniziali ma significativi progressi nella semplificazione del business, con l’obiettivo di operare con maggiore rapidità e trasparenza. Abbiamo ancora molto da fare e ci focalizzeremo sulla continua riduzione della complessità e sull’accelerazione del processo di digitalizzazione. C’è un enorme potenziale da valorizzare in Unicredit”.