Scontro in Europa sui crediti d’imposta e bad bank di sistema entro giugno. Sono queste le due novità che stanno movimentando il mondo bancario italiano, mentre i sindacati preparano la consultazione della base per votare sul recente rinnovo contrattuale e le grandi Popolari si apprestano ad affrontare le loro prime assemblee dopo la riforma Renzi che impone entro 18 mesi l’abolizione del voto capitario e la trasformazione in spa.
STRETTA UE SUI CREDITI D’IMPOSTA
La conferma della Commissione europea di aver chiesto informazioni a Italia, Spagna, Portogallo e Grecia per il sospetto che dietro l’uso dei crediti d’imposta delle banche si nascondano aiuti di Stato è giunta come un fulmine a ciel sereno e ha aperto un durissimo scontro in seno alla stessa Ue. La Commissione contesta che le banche usino i crediti d’imposta come strumenti per innalzare il proprio livello di patrimonio. Ma per ora non c’è nessuna notifica formale d’infrazione perché si attendono i chiarimenti dei diversi governi in questione e si devono valutare tutti gli elementi in campo.
Non per caso in seno alla Commissione si è aperto un duro confronto tra chi caldeggia una nuova stretta sulle banche e chi ricorda che la stabilità finanziaria viene prima di tutto e che le nuove regole di Basilea hanno già indotto gli istituti di credito a rafforzare il patrimonio in modo notevole anche a scapito del credito alle famiglie e alle imprese.
Il dossier però è sul tavolo del commissario alla concorrenza Margrethe Vestager e la partita è aperta. L’Abi non ha nascosto il suo stupore per una mossa, quanto meno improvvida, di una parte della Commissione europea.
BAD BANK IN ARRVO COL DEF
Una buona notizia per le banche arriva invece dal Def, che sarà definitivamente varato dal Consiglio dei ministri di venerdì: non solo perché le tasse del 2015 non aumenteranno ma diminuiranno complessivamente di 21 miliardi senza che gli enti possano ricorrere a nuove addizionali ma perché il Governo vuole risolvere entro giugno la scottante questione delle sofferenze bancarie con la promozione di una bad bank di sistema che dovrebbe arrivare a giugno. Naturalmente il giudizio dipenderà da come la si farà e da chi pagherà, ma il Governo sembra aver raccolto le sollecitazioni in tal senso avanzate di recente dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.
Nella bozza di Def c’è un apposito paragrafo che si intitola “Solidità e trasparenza delle banche” e che riguarda l’applicazione della riforma delle banche popolari, l’autoriforma delle Fondazioni bancarie e “iniziative in materia di non performing loan”, un fardello di 330 miliardi di euro che attualmente appesantisce i bilanci delle banche e ostacola la normale erogazione del credito.
Per ora il Def non spiega le modalità e le caratteristiche della bad bank e si limita a dire che “le operazioni allo studio sono volte a facilitare la cessione da parte degli intermediari di una rilevante quota delle sofferenze nei confronti delle imprese”. E’ però ipotizzabile un ruolo attivo anche se leggero dello Stato che dovrà essere compatibile con le regole europee e anche con le logiche del mercato che non escludono che lo Stato si faccia carico dei problemi delle banche ma distinguendo nettamente quelli che derivano dalla crisi economica da quelli che nascono invece da cattiva gestione.
CONTRATTO BANCARI
I sindacati stanno preparando la consultazione della base sulla recente ipotesi di rinnovo contrattuale. Prima si riuniranno gli organismi dirigenti nazionali dei sindacati (e oggi comincia la Fisac.Cgil) poi toccherà ai lavoratori.
Tuttavia, se non prevarranno nella Fisac Cgil manovre pregiudizialmente contrarie come nel precedente rinnovo, il contratto che segna un cambiamento molto importante in tempi difficili dovrebbe poter essere approvato a larga maggioranza.
Stavolta però in difesa del contratto è scesa in campo anche la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, che sostiene l’accordo siglato dal leader della Fisac Agostino Megale e minaccia il pugno di ferro verso i dissidenti.
BANCHE POPOLARI
Riflettori puntati sulle prime assemblee delle banche popolari dopo la riforma Renzi che abolisce in 18 mesi il voto capitario per le Popolari più grandi e ne prevede obbligatoriamente la trasformazione in spa. Attesa soprattutto l’assemblea di sabato della Bpm, che, dopo aver risanato i conti, è tra le più attive sul fronte delle fusioni e delle aggregazioni. E’ difficile però che grosse novità possano arrivare già sabato ma certamente il cambio di passo delle Popolari non si farà attendere troppo a lungo.
Bpm pensa soprattutto al Banco Popolare: se ne nascesse una fusione vedrebbe la luce il terzo polo bancario italiano. Ubi, che ha aperto ieri un ufficio di rappresentanza a New York, pensa invece a Mps. Bper studia Unipol Banca. Infine in Veneto Banca crescono i “no” all’ipotesi di fusione con la Popolare di Vicenza che, pur caldeggiata dalla Banca d’Italia, rischierebbe di colonizzare la banca di Montebelluna.