A fine settembre 2017 l’ammontare dei prestiti alla clientela erogati dalle banche operanti in Italia, 1.763,2 miliardi di euro è nettamente superiore, di quasi 44,3 miliardi, all’ammontare complessivo della raccolta da clientela, 1.718,9 miliardi di euro. Dai dati al 30 settembre 2017, emerge che i prestiti a famiglie e imprese sono in crescita su base annua di +1,4%, proseguendo la positiva dinamica complessiva del totale dei prestiti in essere (per il settimo mese consecutivo il tasso di crescita annuo è superiore all’1%).
Tale evidenza emerge dalle stime basate sui dati pubblicati dalla Banca d’Italia, relativi ai finanziamenti a famiglie e imprese (calcolati includendo i prestiti non rilevati nei bilanci bancari in quanto cartolarizzati e al netto delle variazioni delle consistenze non connesse con transazioni, ad. esempio, variazioni dovute a fluttuazioni del cambio, ad aggiustamenti di valore o a riclassificazioni).
Sulla base degli ultimi dati ufficiali, relativi ad agosto 2017, si conferma la ripresa del mercato dei mutui. L’ammontare totale dei mutui in essere delle famiglie registra una variazione positiva di +2,6% rispetto ad agosto 2016 (quando già si manifestavano segnali di miglioramento). A settembre 2017, i tassi di interesse applicati sui prestiti alla clientela si collocano su livelli molto bassi: il tasso medio sul totale dei prestiti è pari al 2,76%, nuovo minimo storico (2,78% il mese precedente e 6,18% prima della crisi, a fine 2007).
Con l’1,97% nuovo minimo storico anche del tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni (2,11% ad agosto 2017, 5,72% a fine 2007). Sul totale delle nuove erogazioni di mutui circa i due terzi sono mutui a tasso fisso. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese risulta pari a 1,68%, era 1,60% il mese precedente (5,48% a fine 2007).
Le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse) ad agosto 2017 sono fortemente scese collocandosi a 65,3 miliardi di euro (toccando il valore più basso da marzo 2013); un valore in riduzione sia rispetto ai 66 miliardi del mese precedente sia rispetto al dato di dicembre 2016 (86,8 miliardi). In particolare, la riduzione è di quasi 24 miliardi rispetto al livello massimo delle sofferenze nette raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi).
Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali si è ridotto a 3,83% ad agosto 2017 (era 4,89% a fine 2016). In Italia i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine) sono aumentati, a fine settembre 2017, di oltre 70,1 miliardi di euro rispetto a un anno prima (variazione pari a +5,2% su base annuale), mentre si conferma la diminuzione della raccolta a medio e lungo termine, cioè tramite obbligazioni, per quasi 43,9 miliardi di euro in valore assoluto negli ultimi 12 mesi (pari a -12,7%).
La dinamica della raccolta complessiva (depositi da clientela residente + obbligazioni) registra a settembre 2017 una crescita su base annua pari a +1,6%, era +0,6% il mese precedente. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, ad oggi la raccolta da clientela è cresciuta da 1.549 a quasi 1.718,9 miliardi di euro, segnando un aumento – in valore assoluto – di quasi 170 miliardi.
A settembre 2017 il tasso di interesse medio sul totale della raccolta bancaria da clientela (somma di depositi, obbligazioni e pronti contro termine in euro a famiglie e società non finanziarie) è pari in Italia a 0,94% (0,95% il mese precedente) ad effetto:
– del tasso praticato sui depositi (conti correnti, depositi a risparmio e certificati di deposito), pari a 0,39% (0,39% anche ad agosto 2017);
– del tasso sui PCT, che si colloca a 0,96% (1% ad agosto);
– del rendimento delle obbligazioni, pari a 2,70% (2,67% ad agosto).
Il margine (spread) fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie permane in Italia su livelli particolarmente bassi, a settembre 2017 risulta pari a 182 punti base (183 punti base il mese precedente), in marcato calo dagli oltre 300 punti base di prima della crisi finanziaria (329 punti base a fine 2007). In media nel 2016 tale differenziale è risultato pari a 1,98 punti percentuali (2,11 p.p. nel 2015).