Secondo Moody’s, complici gli effetti della pandemia, la qualità dei crediti bancari è destinata a peggiorare in maniera sensibile nei prossimi due anni. Ma il monito cade nel vuoto nel giorno del grande accordo sul Recovery Fund che ha messo le ali alle banche italiane (+4% l’indice di settore). In cima alle performances di Piazza Affari c’è Unicredit (+6,04%) che guida un plotone di cui fanno parte Banco Bpm (+5,6%) e Intesa Sanpaolo (+4%). Ma a tirar l’andatura, per usare un’immagine del mondo a due ruote, è ancora una volta Mps (+8,7%), seguita oggi da Bper (+7,6%), ansiosa di recuperare il terreno perduto.
Il tutto nell’attesa che il consiglio di Ubi (+3%) si esprima sulla nuova offerta rafforzata da parte di Intesa. Non è escluso che i vertici della banca facciano ancora quadrato attorno a Victor Massiah, che sembra deciso a difendere l’indipendenza dell’istituto. Ma si moltiplica la schiera delle adesioni all’Ops promossa da Carlo Messina, assai generosa secondo Bank of America, capace di “sorprendere il mercato” secondo Ubs.
Il tam tam del mercato dà per certa l’adesione di altri grossi investitori internazionali, ma anche quella di azionisti domestici del calibro della Fondazione della Crc di Cuneo, che detiene un pacchetto del 5,9%, di Bnl, forte del 3,95%, e del sindacato azionisti bresciano (al 7,67%) che vanno ad aggiungersi a Cattolica Assicurazioni (1%). Secondo Fidentiis, il rilancio consentirà a Intesa Sanpaolo di attestarsi “sopra il 67% del capitale di Ubi, rendendo il consolidamento più facile e il conseguimento delle sinergie più fattibile”.
Gli operatori, però, guardano oltre, nella convinzione che l’espansione di Intesa non potrà non provocare una forte reazione da parte del resto del sistema. Anche perché l’ascesa dei Btp dopo l’accordo sul Recovery Fund sta rafforzando la posizione dei principali istituti, pronti a dare il via a una nuova ondata di M&A, necessaria per sostenere la concorrenza di super-Intesa.
L’ipotesi più gettonata riguarda Unicredit, nonostante il ceo Jean Pierre Mustier continui a negare l’ipotesi di aggregazioni sia domestiche che internazionali. Ma lo stesso Mustier, che ha sollevato la questione dello strapotere di Intesa davanti all’antitrust, è consapevole dell’importanza di far da contrappeso al predominio della “banca di sistema”, la missione che si è data Intesa.
Al punto che solo l’intervento della Vigilanza Bce, decisa a contrastare lotte di campanile, avrebbe fatto saltare un approccio tra Ubi e Unicredit in funzione anti-Intesa. Di qui il peso che il mercato ha attribuito alla notizia di incontri tra i vertici di Unicredit e quelli di Banca Bpm, in un certo senso il partner ideale per diverse caratteristiche: azionariato diffuso, distribuzione geografica e tipo di business.
Solo chiacchiere estive, si potrebbe obiettare, ricordando i tanti tentativi di risiko abortiti in passato. Ma stavolta potrebbe essere diverso. Andrea Enria, responsabile della Vigilanza europea, ha più volte sollecitato le banche ad aver “più coraggio”, anticipando la disponibilità dei regolatori a favorire integrazioni domestiche in attesa di una successiva ondata cross borders a cui sembra pronta a partecipare la stessa Intesa Sanpaolo, avviata a diventare troppo grande per l’agone domestico.