Nei primi nove mesi del 2019, le cinque principali banche italiane hanno registrato in media un forte aumento degli utili (+38%), che si è accompagnato a una riduzione dei costi e delle svalutazioni dei crediti (-10,1%). Tuttavia, allo stesso tempo, gli istituti hanno continuato a ridurre il personale e le filiali. Contro questa decisione punta il dito il sindacato dei bancari First Cisl, il cui ufficio studi ha realizzato un report sui bilanci dei primi tre trimestri di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Ubi.
Nel dettaglio, dall’analisi emerge che, fra gennaio e settembre, i profitti delle Big-5 hanno superato quota 8,7 miliardi, registrando un’impennata del 38,5% su base annua.
A determinare un risultato così positivo sul fronte degli utili ha contribuito in modo determinante la riduzione delle svalutazioni dei crediti da 5,1 a 4,6 miliardi (-10,1%), che ha portato l’incidenza dei crediti deteriorati netti (NPL ratio) sotto al 4%. Si riduce anche il peso dei nuovi crediti deteriorati, che, come reso noto dalla Banca d’Italia, è sceso all’1,5%.
Quanto al rapporto tra costi e ricavi operativi, è calato al 54,7%, dal 55,2% dei primi nove mesi del 2018.
Il sindacato fa notare che, al contempo, le banche hanno beneficiato anche di “un forte incremento della produttività del lavoro – scrive la First Cisl – Il risultato netto di gestione per dipendente, cioè l’utile operativo al netto delle svalutazioni dei crediti, sale del 6,8%”. I ricavi core per dipendente (margine di interesse e commissioni nette) sono rimasti invece sostanzialmente stabili.
“Le banche festeggiano, ma festeggiano solo loro – commenta il segretario generale del sindacato di categoria, Riccardo Colombani – Il calo degli occupati e degli sportelli è drammatico: mille filiali in meno rispetto al settembre del 2018 (- 6,6%), dipendenti ridotti del 3,6%. Una vera e propria emorragia”.
I dati delle ultime trimestrali “dimostrano inequivocabilmente che l’emergenza è finita – aggiunge il numero uno dei bancari della Cisl – ma anche che il limone ormai è spremuto. È ora di dire con chiarezza ai banchieri che l’epoca dei tagli è finita”.
Secondo Colombani, non è continuando a tagliare che “si può sperare di veder crescere i ricavi. La strada giusta è quella di rilanciare occupazione e salari, come chiediamo nella piattaforma di rinnovo del contratto nazionale. I 135 euro di aumento offerti dall’Abi non sono assolutamente sufficienti. Le banche – conclude Colombani – non possono pensare solo a remunerare gli azionisti, devono pagare anche la produttività del lavoro ai bancari”.