“Le banche stanno cercando buone iniziative per impieghi sani. Spero che in uno dei prossimi mesi possiamo avere una ripresa delle obbligazioni e nel dato complessivo dei prestiti”. Lo ha detto Antonio Patuelli, numero uno dell’Abi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Altieri.
“Confido – ha aggiunto – che la ripresa internazionale, l’indebolimento dell’euro sul dollaro, di cui si vedono i sintomi, l’aumento dell’export e dei flussi turistici, le operazioni fatte dal governo per la ripresa dell’edilizia e il ritorno della fiducia degli italiani nell’Italia producano un’inversione del ciclo”.
Insomma, ci sono le “premesse per una ripresa dal basso” dell’economia italiana, sostiene il presidente dell’Associazione, anche perché lo spread a 200 punti base “libera capitale per il credito”, nell’ambito di “un clima propulsivo che non attende politiche istituzionali, perché se dovessimo farlo non coglieremmo la ripresa internazionale e le ricadute nazionali”.
Patuelli ha quindi detto di essere “annoiato” da chi ricorda che le banche hanno i portafogli pieni di titoli di Stato: “E’ una visione superficiale”, ha detto, sottolineando che nell’autunno del 2011, a fronte della fuga degli investitori esteri dai titoli di Stato italiani per la crisi del debito sovrano, “se non fossero intervenute con un maggior impegno nazionale le banche e le assicurazioni e non ci fosse stato il sostegno della Bce, i nostri tassi sarebbero schizzati ai livelli del tempo della lira, a due cifre, e sarebbe stato un rischio pazzesco per l’Italia produttiva e del lavoro”.
Non solo. Il Presidente dell’Abi contesta anche l’idea che in Italia in questi ultimi due anni ci sia stato un vero e proprio credit crunch: “Dai 1.900 miliardi di impieghi, massimo storico raggiunto nel 2008, siamo oggi a quota 1.840 miliardi, cioè vicini alla cima della montagna, nonostante lo spread e le nuove regole di Basilea”.
Quanto al primo Ltro triennale della Bce, che scadrà fra un anno, Patuelli sostiene che le Banche italiane “saranno pronte a completare la restituzione piena senza sottrarre risorse alle famiglie e alle imprese”.
Infine, una frecciata alle politiche disviluppo promosse dal Governo, che il numero uno dell’Associazione ha definito “di retroguardia, non di avanguardia. Oggi bisognerebbe incentivare forme di sviluppo, ma questo è avvenuto solo in parte con la legge di Stabilità”. Dall’Esecutivo, nei confronti delle banche, ricorda Patuelli, è giunto un atto contraddittorio con le politiche di sviluppo inserite nella legge di Stabilità, ovvero “l’addizionale Ires dell’8,5% per il 2013, una cosa spaventosa per un’addizionale, che produce un handicap al ciclo produttivo italiano. Un aggravio fiscale che sottrae redditività da accantonare a patrimonio”, proprio nel periodo in cui partono gli esami della Bce propedeutici alla vigilanza unica bancaria. Una misura che “indebolisce l’Italia”.