BANCHE QUANTI INCAGLI DIETRO GLI UTILI. I BTP SALVANO I CONTI. TANTE SPINE PER MPS
Dopo l’entusiasmo, la cautela. I titoli bancari in Piazza Affari rallentano dopo l’euforia del Big Bank di martedì esplosa dopo la presentazione delle trimestrali, migliori delle attese, di Intesa e di Unicredit. In netto calo è MontePaschi -4%, dopo la presentazione dei conti. Ma sono deboli anche le altre banche: Unicredit -0,7%, Intesa -0,6%, Ubi -0,9%.
La maggior cautela ha due spiegazioni. Primo, le difficoltà che emergono dai consuntivi di alcuni istituti, a partire da Mps, il tallone d’Achille della fortezza bancaria italiana, finora saldamente in mano ad attori finanziari domestici. Secondo, ad una lettura più attenta, dietro l’aumento degli utili si cela un aumento ancor più considerevole delle perdite su crediti che non sembra risparmiare alcun protagonista del sistema, grande o piccolo che sia.
Il Financial Times di stamane sottolinea già dal titolo che le due maggiori banche italiane, Intesa ed Unicredit hanno dovuto accantonare circa 3 miliardi (1,8 di pertinenza di piazza Cordusio, il resto dell’istituto presieduto da Giovanni Bazoli) per far fronte a perdite su crediti, rispetto al terzo trimestre di un anno fa. Le rettifiche sui prestiti di Unicredit salgono a 5,1 miliardi (contro 4,5 miliardi di un anno fa); le rettifiche sui crediti di Intesa passano da 2,2 a 3,25 miliardi.
L’aspetto più preoccupante, a livello di sistema, è l’aumento costante di incagli e sofferenze, specchio fedele della gravità della crisi che ha colpito il segmento finora più profittevole dell’economia italiana: il segmento delle piccole e medie imprese che, nonostante la moratoria sugli interessi, fa fatica ad onorare gli impegni. Tanto meno, nella maggior parte dei casi, ad effettuare gli investimenti necessari per cogliere le opportunità offerte dai mercati internazionali. Lo stock dei crediti deteriorati lordi Unicredit sale di 9 miliardi a quota 80 miliardi, mentre Intesa passa da 42,5 miliardi di fine 20111 a d oltre 47 miliardi.
Copione simile, anche se con forti differenze, un po’ ovunque. All’Ubi, che ha reso pubblici i dati stamane prima dell’apertura dei mercati, i crediti deteriorati a salgono a 7,77 miliardi. Ma l’incidenza sui crediti netti , pari all’ 8,19%, sembra sotto controllo. Ben più grave la situazione al Monte Paschi: Le rettifiche su crediti dei primi 9 mesi sono arrivate a 1,3 miliardi in crescita del 56% sui 9 mesi dell’anno, un incremento di 461 milioni ben superiore a quanto atteso dal consensus.
In sintesi , come ha detto l’ad dell’istituto di Siena Fabrizio Viola, aprendo stamane la coference call con gli analisti finanziari, “è stato un trimestre molto difficile per tutti, per l’economia, per il sistema bancario e per la nostra banca. E’ stato il più difficile dall’inizio del 2012, soprattutto per il calo dell’Euribor e per l’aumento del costo del credito”.
In questa congiuntura le banche si sono aggrappate ai Btp, zavorra pericolosa nella prima parte dell’anno ma, dopo l’intervento di Mario Draghi, occasione per contenere l’impatto della crisi del core business delle banche commerciali. Non a caso le note più liete arrivano dai ricavi di negoziazione: gli istituti, che possono indebitarsi allo 0,75% presso gli sportelli della Bce, hanno fatto trading sui titoli di Stato ed effettuato lucrose operazioni di compravendita sui propri titoli (ricomprati sotto il nominale).
In casa Ubi, in particolare, il risultato netto dell’attività finanziaria balza a 148,3 milioni da una perdita di 16,7 milioni dell’anno precedente a fronte di una flessione del 3,9% del margine di interesse. Per Intesa i guadagni da trading raddoppiano (da 747 milioni a 1,5 miliardi) . Fa ancor meglio Unicredit : da 832 milioni ad oltre 2 miliardi. In Bpm, infine, si passa da 7 a 114 milioni.
In questo modo il sistema del credito ha retto all’assedio di incagli e sofferenze che emergono dall’Italia in recessione. Anxi, Intesa, grazie ad una politica molto attenta anche sul lato dei costi, ha dichairato di essere in grado di remunerare i soci (vedi le Findazioni) con una cedola non inferiore a quella dell’anno passato. Unicredit non ha ancora deciso. Ma l’istituto di piazza Cordusio, per ora, resta l’unica banca italiana che può contare su una presenza di rilievo in mercati, vedi Et Europa, più dinamici del nostro. C’è da domandarsi quanto potrà resistere il sistema all’assedio della recessione. C’è chi ritiene che, a partire da Mps, prima o poi si dovrà aprtre le porte ad eserciti stranieri in arrivo da fuori. C’è chi non ritiene ancora d’attualità la strategia dell’arrocco, ovvero il “matrimonio” tra Intesa ed Unicredit. Di sicuro, gli assediati dovranno essere assai oculati nella gestione delle risorse a propria disposizione e non trascurare la propettiva di qualche incursione fuori dalle mura per llentare la morsa di assedianti che, a differenza dei banchieri nostrani, hanno potuto e potranno contare sul sostegno degli Stati di riferimento e, per quanto riguarda gli istituti Usa, sul mancato adeguamento ai parametri di capitale previsti da Basilea 3 per le banche sistemiche.