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Banche: gli Npl scendono, ma la redditività è un rebus

Nei bilanci delle banche italiane continua a calare il peso degli Npl, ma la politica monetaria ultra-espansiva della Bce ha abbattuto la curva dei rendimenti e ora serve una nuova formula per riaccendere il ritorno sul capitale.

“Lo stock di sofferenze si riduce con un’intensità crescente e le nuove sofferenze sono tornate al livello pre-crisi”, ha detto lunedì a Roma il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervenendo all’Italian Banking Conference 2017 organizzato dall’Università Luiss.

“La strada che le banche italiane stanno perseguendo è quella giusta – ha confermato Ignazio Angeloni, membro del consiglio di vigilanza della Bce – Abbiamo registrato un netto miglioramento della solidità patrimoniale, ma c’è ancora molta strada da fare. A livello di sistema, in Italia i crediti deteriorati lordi sono passati dal 15 al 12%, contro una media europea del 6%, mentre quelli netti sono scesi dall’8 al 6%, a fronte del 3% in Europa”.

Per questo Angeloni ha esortato le banche italiane a “non sedersi sugli allori” e a “prestare molta attenzione alla governanace”, da cui traggono origine “molti dei problemi” degli istituti di credito. Quanto alle regole europee, ha aggiunto: “Spero che a fine anno o all’inizio del prossimo si arriverà al completamento di Basilea 3 e credo che si arriverà ad una stabilità della regolamentazione dell’industria bancaria”.

Ma le questioni da affrontare sono anche altre. Secondo Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banco Bpm, le banche si stanno facendo troppa concorrenza sui tassi e questo “appesantisce i conti economici. Con i tassi negativi c’è un tema di impieghi che non riusciamo a fare prezzando meglio il rischio. Prima della crisi facevamo credito a tutti: oggi la forchetta è diventata bassissima, la più bassa di sempre. Anche su queste aree bisogna iniziare a fare qualcosa”.

Non solo. “Le banche devono fare i conti anche con una nuova forma di concorrenza che deriva dall’evoluzione tecnologica e rispetto alla quale si sviluppano delle asimmetrie – ha sottolineato nel corso dello stesso convegno alla Luiss Gian Maria Gros-Pietro, presidente del Cda – I nuovi operatori che entrano a svolgere operazioni bancarie sono fuori dal sistema di monitoraggio a cui sono state sottoposte le banche”. Il riferimento di Gros-Pietro è alle cripto-monete e, “in misura minore”, anche ai social network, che “registrano grandi flussi e che non sono sottoposti alle stesse regole di sorveglianza a cui giustamente sono sottoposte le banche”, che con la crisi hanno visto scendere il proprio margine d’interesse da 1.400 a 600 miliardi. Meno della metà.

Per Victor Massiah, amministratore delegato di Ubi, “è utile che la regolamentazione si stabilizzi, in modo che si possa anche fare l’indispensabile analisi d’impatto. Il settore in Italia ha subito uno stress test vivente e il contributo complessivo dello Stato è stato inferiore a qualsiasi altro Paese, Finlandia esclusa”. Oggi, secondo Massiah, i Cda delle banche quotate sono costretti a dedicare alla regolamentazione e alla compliance l’80% del loro tempo.

Ancora sulla redditività, Gros-Pietro  ha sottolineato che “i tassi bassi hanno generato anche delle opportunità: noi come banca abbiamo difeso il nostro margine di interesse, abbiamo ridotto i costi ma soprattutto abbiamo sviluppato il risparmio gestito. Di questi flussi finanziari abbiamo bisogno”.

Non è del tutto d’accordo Giampiero Maioli, responsabile del Credit Agricole in Italia, che fa notare come “un’eccessiva concentrazione sul margine da servizi e da commissioni potrebbe comportare difficoltà nel sostenere gli investimenti delle imprese e potrebbe diminuire l’interesse delle banche a fare gli impieghi”.

Alessandro Penati, presidente di Quaestio – la società che gestisce il Fondo Atlante2, specializzato nelle sofferenze bancarie – va ancora oltre, sostenendo che non bisogna fare l’errore “di considerare il modello futuro della banca come una via di mezzo tra un supermercato e Amazon, perché la funzione principale della banca è di fare credito. Il livello di sofferenze è considerato come un fattore esogeno, conseguenza della grande recessione, ma in realtà è frutto principalmente di errori nell’erogazione del credito”.

Un altro aspetto da considerare “è quello della produttività bancaria – ha detto Andrea Munari, ad di Bnl – siamo ancora indietro rispetto al mondo corporate, che ha livelli di produttività drasticamente più alti. Con questo mondo ci dobbiamo confrontare. Bisognerà anche dialogare con il sindacato per fare in modo che il personale riesca a far fronte a questa sfida che coinvolge tutti noi”.

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Categories: Finanza e Mercati