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Banche e stress test: Intesa e Unicredit ok, Ubi polo aggregante, per Mps si apre l’asta

Gli esami non finiscono mai. Dopo lo stress della Bce, le banche affrontano ora il test del mercato che venerdì aveva scommesso sulla promozione “piena” per gli istituti italiani. L’esito del voto, però, è stato più contrastato. 

In sintesi:

1) Gli istituti bocciati in Europa sono 25 su 130, tra cui 9 italiani, un dato cui la stampa internazionale dedica molto risalto. In realtà, cinque istituti si sono messi in regola tra gennaio e settembre, altri due (Pop. Vicenza e Bpm) lo hanno fatto con misure computate con la Banca d’Italia. Inoltre, come recita la nota di via Nazionale, le banche italiane non hanno avuto gli aiuti di cui hanno goduto altri, a partire dal sistema tedesco (250 miliardi). Ma l’effetto negativo resta.

2) E’ facile però prevedere una reazione positiva di Piazza Affari all’ottima pagella dei Big: Banca Intesa (+6,7% la scorsa settimana) che registra un eccesso di capitale per 10,9 miliardi e Unicredit (+6,35%), con un excess capital pari a 8,75 miliardi.

3) Ubi, con un surplus di 1,76 miliardi, si candida come naturale polo di aggregazione del sistema delle Popolari. Per Duetsche Bank la banca lombarda potrebbe rilevare Carige.

4) Ma l’attenzione rischia di concentrarsi sulla delicata se non critica la posizione di Carige e, soprattutto, Monte Paschi, già protagonista venerdì di un rally in Piazza Affari (+16% in settimana) nella speranza che l’istituto avrebbe potuto evitare un aumento di capitale. 

PROFUMO: “SIAMO PRONTI A QUALSIASI OPERAZIONE” 

Carige, a cui mancano 814 milioni, ha già annunciato un aumento di capitale da 500 milioni (assistito da Mediobanca) più la cessione delle compagnie assicurative. Ma l’acquirente, il fondo Usa Apollo, ha chiesto ieri nuove garanzie sullo stato di salute della banca prima di chiudere l’operazione.

Più complicata la situazione del Monte Paschi che ha superato l’Aqr ma accusa un gap di 2,11 miliardi di euro al termine degli stress test, condotti sulla base di simulazioni estremamente pessimistiche. Lo scenario ipotetico, ha notato il direttor generale di Banca d’Italia, prevedeva “un calo di 12 punti di pil in un triennio che nella storia d’Italia si è visto solo dopo la guerra”. 

La banca ha già nominato Ubs e Citigroup advisor finanziari per “la definizione, strutturazione e implementazione delle azioni di mitigazione relative al capital plan, nonché per valutare tutte le opzioni strategiche a disposizione della banca”. In linguaggio più semplice il vertice Mps non esclude alcuna ipotesi, compresa la prospettiva di un takeover. “Siamo pronti a qualsiasi operazione” ha detto il presidente Alessandro Profumo.

Da parte di Banca d’Italia, ha detto ieri il vicedirettore generale Fabio Panetta (membro italiano del Supervisory board di Francoforte) non c’è alcuna preclusione di fronte ad una soluzione del genere. L’importante è che eventuali operazioni in tal senso “rendano la banca più solida e in grado di erogare credito”. “In quel caso – ha concluso Panetta – non saremmo contenti, ma contentissimi”.

TOKYO IN RIALZO, IN BRASILE LA ROUSSEF VINCE DI MISURA

Gli esami bancari non sono l’unico tema “caldo” della settimana finanziaria. Stamane i listini asiatici hanno proseguito sulla strada del recupero. Sale Tokyo (+0,5%) davanti a Seul (+0,6%). L’unica nota negativa riguarda Hong Kong (-0,1%): è stata rinviato l’accordo operativo con la piazza di Shanghai. 

In ripresa l’euro, a quota 1,2699 sul dollaro. In Brasile il presidente uscente Dilma Roussef ha battuto con uno scarto di soli 3 punto lo sfidante Aecio Neves al termine di una campagna durissima da cui è emerso un Paese spaccato in due. 

Le Borse europee riaprono i battenti dopo una serie di sedute in cui è stato recuperato parte il terreno perduto dall’8 ottobre sull’onda dell’allarme recessione. Piazza Affari (+2,8% da inizio anno) dopo sei settimane di ribasso, ha messo a segno un rimbalzo del 4,2%. L’indice Stoxx europeo avanza del 2,7%. A New York l’S&P 500 ha messo a segno un rialzo del 4%. 

LA FED VERSO LO STOP AL QE. ASTE, SI PARTE DAI BOT A 6 MESI

Sul fronte macroeconomico riflettori accesi stamane sull’indice Ifo tedesco, atteso ad un rimbalzo dopo l sbandata del mese scorso. Negli Usa, intanto, escono oggi gli indicatori Pmi, sempre più seguiti per capire il trend della congiuntura. L’evento clou della settimana, però, sarà la riunione del Fomc, il comitato monetario della Federal Reserve, previsto per domani e mercoledì. Salvo sorprese, sarà la sede per decidere la chiusura del terzo Quantitative Easing, il più lungo ed impegnativo della storia finanziaria, avviato il 13 settembre di due anni fa. 

Esaurita l’offerta del Btp Italia , accolto in tono minore dai mercati (7,5 miliardi la raccolta) il Tesoro torna alla carica con le aste di fine mese. Si comincia domani con 6,5 miliardi di Bot a 6 mesi a fronte di 7,7 miliardi in scadenza.

MEDIOBANCA, LA PRIMA VOLTA DEI CINESI E DI MARIE BOLLORE’

Molto ricca anche l’agenda societaria. Si parte stamane con le trimestrali di Cir, Cofide e Mediobanca. Domani l’assemblea dell’istituto di piazzetta Cuccia , oltre ad approvare i conti d’esercizio al 30 giugno, nominerà il nuovo cda e il collegio sindacale. 

Sarà l’occasione per l’esordio tra i soci della People Bank of China, che lo scorso 14 ottobre ha comunicato l’acquisto del 2,001% dell’istituto. Per la prima volta una donna sarà nominata vicepresidente: si tratta di Maurizia Angelo Comneno, designata daUnicredit. Entra in consiglio anche Marie Bolloré, figlia del finanziere brètone che ha rafforzato a fine settembre la sua posizione di secondo socio alle spalle di Unicredit con una quota del 7,48%. 

Mediobanca ha superato l’esame europeo in tutte le materie (stress test compresi) senza far ricorso a misure straordinarie: l’eccesso di capitale ammonta a 765 milioni.

TRIMESTRALE FCA: GUIDANCE A RISCHIO

Mercoledì 29, nel corso del primo cda nella sede inglese, Fca svelerà la guidance 2014 e le eventuali iniziali per rafforzare il patrimonio e sostenere l’ambizioso piano di investimenti. Il panel degli analisti, alla vigilia, prevede un utile operativo di 3,2-3,3 miliardi contro l’attuale stima della società tra 3,6 e 4 miliardi. Per il terzo trimestre si prevede un utile operativo di 940 milioni (+10% rispetto ad un anno fa) e un fatturato a 22,3 miliardi (+7%).

Le previsioni si basano sula ripresa debole del mercato europeo e sul peggioramento della congiuntura brasiliana La crescita dei volumi di Chrysler (+18%) non sarà sufficiente a compensare la frenata in Sud America: la concorrenza sul mercato Usa si dovrebbe esser riflessa sui margini. 

I CONTI ENI ALLE PRESE CON IL CALO DEL GREGGIO 

Anche Eni comunicherà mercoledì 29 i conti trimestrali, cu cui graverà la brusca caduta delle quotazioni del greggio di 8 dollari inferiore rispetto allo stesso periodo 2013. Si prevedono conti in rosso per le divisioni gas and power e refining and marketing. Secondo un sondaggio tra gli analisti, l’utile netto adjusted (senza le componenti straordinarie) del terzo trimestre dovrebbe attestarsi mediamente a 861 milioni, (-26,5% circa rispetto allo stesso periodo 2013) mentre l’ebit è visto intorno a 2,633 miliardi (da 3,439 miliardi del terzo trimestre).

SUD AMERICA CALDO PER TELECOM ITALIA

Sud America sempre caliente per Telecom Italia. La società sta trattando la cessione delle torri di Tim Brasil per ricavare i quattrini necessari per finanziare l’operazione 4 g. Intanto il tracollo di Portugal Telecom ha messo a rischio la fusione tra la società lusitana e il quarto gestore brasiliano Oì, rendendo improbabile un merger tra la stessa Oì e Tim Brasil. 

Piazza Affari, inoltre, è chiamata oggi a giudicare l’accordo raggiunto da Telecom Italia (+7,3% la scorsa settimana) con cui viene rinviata la vendita di Telecom Argentina a Fintech, la società di David Martinez che fa arte del sindacato di controllo (e del cda) di Monte Paschi. La legge argentina voluta dal presidente Christina Kirchner vieta al finanziere di abbinare il controllo di un gruppo tlc alla quota detenuta nella tv del Clarìn, il quotidiano di Buenos Aires.

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Nell’attesa di novità (o di una svolta politica) Telecom e Fintech hanno convenuto di rinviare di 30 mesi la chiusura dell’operazione (550,6 milioni a titolo di saldo sul prezzo convenuto di 960 milioni di dollari). Nel frattempo la società argentina, che ha già corrisposto 113,7 milioni a Telecom, ha offerto in pegno a Telecom un’obbligazione da 600 milioni di dollari. 

Categories: Finanza e Mercati