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Banche e bail-in: tra Merkel e Renzi un duello con qualche equivoco

La cancelliera Merkel sostiene che sulle banche non si possono cambiare le regole ogni due anni ma in realtà Renzi non chiede di cambiare le regole ma semplicemente di applicare tutte le clausole di salvaguardia del bail-in qualora insorgessero rischi sistemici – E infatti le Borse non si sono preoccupate più di tanto – L’importanza dell’articolo 107 del Trattato europeo

Banche e bail-in:  tra Merkel e Renzi un duello con qualche equivoco

Il pericolo Brexit continua a preoccupare l’Unione Europea. Uno scenario del tutto inedito che ad oggi non si sa ancora come affrontare. Difficile calcolare le possibili ripercussioni sui singoli Stati Membri e sull’intero continente. I nostri governanti cominciano dunque a pensare alle contromisure necessarie a prevenire un eventuale effetto contagio, ma anche le conseguenze a posteriori che potrebbero derivare dalla fuoriuscita del Regno Unito dall’Ue.

BANCHE: IL BATTIBECCO MERKEL-RENZI
Negli ultimi giorni è diventato palese come uno dei temi centrali della questione sia sempre lo stesso: le banche. Ad oggi l’Italia sta studiando un piano per la ricapitalizzazione degli istituti di credito nazionali che però si scontra con una netta opposizione della Germania.

«Credo che sia stata concessa una certa flessibilità a certi Paesi per favorire la crescita. Guardando soprattutto all’Italia – ha affermato la Cancelliera tedesca Angela Merkel rispondendo a una domanda relativa alla possibilità di concedere un’ulteriore flessibilità ad alcuni Stati Membri e permettendo loro di cambiare le norme  in vigore per il settore bancario come conseguenza della Brexit – posso dire che abbiamo adottato diverse soluzioni, ma non possiamo ridiscutere ogni due anni le regole del settore bancario».

Parole perentorie che hanno solo lievemente influito sulla prestazione dei titoli degli istituti di credito italiani su Piazza Affari, rallentando un po’ il tentativo di recupero del comparto bancario, che nelle ultime due sedute sta provando a rialzare la testa dopo i pesantissimi ribassi subiti nel corso delle due giornate borsistiche del 24 e del 25 giugno.

Le dichiarazioni della Cancelliera, sono però state seguite da quelle del Premier italiano Matteo Renzi che, nel corso della conferenza stampa tenutasi al margine della riunione del Consiglio Europeo sulla Brexit, ha replicato prontamente, non risparmiando nemmeno qualche “frecciata” alla Merkel: «L’Italia non chiede di non rispettare le regole, l’ultima a non rispettarle fu la Germania nel 2003 perché Berlusconi, che è un uomo molto generoso, gliel’ha consentito», ha affermato il Presidente del Consiglio. Attualmente, ha sottolineato Renzi, la questione «non è all’ordine del giorno perché non c’è nessuna previsione di modifica delle regole esistenti» sulle banche.

Il Premier italiano ha però ricordato che in passato la Germania ha utilizzato circa 247miliardi di euro per salvare le proprie banche, mentre né il Governo Berlusconi, né i successivi Monti e Letta hanno ritenuto opportuno seguire l’esempio tedesco.

«In questa situazione – ha rassicurato il Presidente del Consiglio –  noi siamo nelle condizioni di proteggere i denari dei correntisti e dei cittadini. Non c’è rischio per il contribuente e per il cittadino. Questo tema non è all’ordine del giorno, l’atteggiamento tipico di fronte alla Brexit è pensare alle ricadute per l’Italia, ma noi – ha aggiunto – vogliamo cambiare le regole politiche del gioco in Ue, non le regole bancarie, vogliamo parlare di asili nido, cultura e innovazione e non solo di burocrati e finanzieri».

Dichiarazioni nette che non si riducono ad un semplice battibecco tra capi di Governo, ma che superando l’osticità dell’argomento, riguardano temi che potrebbero fortemente incidere sul futuro dei cittadini europei, italiani in primis.

LE REGOLE EUROPEE SULLE BANCHE
A partire dal 1°gennaio 2015 è entrata in vigore nei Paesi dell’Unione Europea la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) che stabilisce le regole generali per la gestione delle crisi bancarie. Tra esse c’è il cosiddetto bail-in, il meccanismo di coinvolgimento dei privati nel salvataggio degli istituti bancari, diventato operativo il 1°gennaio 2016.

La Brrd attribuisce alle banche centrali di ogni singolo Stato (considerate come “autorità di risoluzione”)  potere di pianificazione, intervento e gestione delle crisi bancarie. Lo scopo principe della direttiva è quello di evitare che siano i contribuenti a “pagare” per salvare le singole banche, attraverso cospicui aiuti di Stato.

Nel recente passato (2008-2014), secondo un’analisi della BCE gli Stati europei avrebbero speso circa 800 miliardi di euro per evitare i crack bancari, aumentando esponenzialmente il loro debito pubblico. In base alle cifre riportate dall’Eurostat parliamo di 250 miliardi per la Germania, 60 per la Spagna, 50 per Irlanda e Paesi Bassi, 40 per la Grecia.

L’Italia rappresenta un’eccezione nel panorama comunitario utilizzando circa 4 miliardi di soldi pubblici, tutti già rimborsati. Con l’obiettivo di scongiurare il ripetersi di queste situazioni, e lo sperpero di denaro dei contribuenti, la Brrd prevede il coinvolgimento degli investitori privati.

A livello pratico, questo significa che, nel momento in cui una banca viene posta in risoluzione, per evitarne un fallimento che possa porre a rischio depositanti e clienti, la Banca d’Italia ha a disposizione varie “carte”: la vendita di una parte dell’attività, il suo trasferimento temporaneo a una bridge bank o il trasferimento dei crediti deteriorati a un veicolo che si occupi di gestirne la liquidazione (noto come bad bank). Successivamente scatta il bail – in, che consiste nel coinvolgere i privati, in base al seguente ordine: in prima battuta pagano gli azionisti, poi i detentori di obbligazioni subordinate e i creditori chirografati. Infine arriva l’inclusione dei depositi con un importo superiore a 100mila euro. Nel caso in cui tutto ciò non bastasse,  e solo dopo aver coinvolto tutti gli attori sulla scena, scatterebbe l’intervento pubblico.

BANCHE: NON È NECESSARIO CAMBIARE LE REGOLE
L’entrata in vigore del Bail-in ha destato molta preoccupazione in tutta Europa. La paura è che siano i risparmiatori a pagare per “gli errori dei banchieri”, accollandosi oneri sui quali non hanno alcuna responsabilità. I timori sono ovviamente aumentati a causa della Brexit che potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla stabilità dei sistemi bancari nazionali, tramutando lo spettro bail-in in realtà.

Il conflitto tra Matteo Renzi e Angela Merkel nasce esattamente da questo: dalla paura che in seguito alla Brexit si creino delle situazioni di emergenza che costringano ad applicare le nuove regole.

In realtà però scendendo nel dettaglio della normativa europea – come spiega il report di CEPS (Centre for European Policy Studies) di Stefano Micossi e altri di cui FIRSTonline ha già dato conto – “si scopre che un’interpretazione meccanicistica delle regole sul bail-in dei creditori non è l’unica interpretazione possibile.”

Anzi, la lettura che vede l’impossibilità di fornire temporanei soldi pubblici prima dell’applicazione del bail-in potrebbe non essere del tutto corretta.

Parlando degli aiuti di Stato, occorre prendere come riferimento l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b, del Trattato europeo. Quest’ultimo consente di considerare compatibile con il diritto europeo, un intervento pubblico attuato allo scopo di rimediare ad un grave turbamento dell’economia di uno Stato Membro (e la Brexit potrebbe essere vista come tale). Perché gli aiuti sia possibili però bisogna che essi non vadano “oltre quanto strettamente necessario a correggere il fallimento del mercato”, sottolinea il Ceps. Le regole comunitarie sul burden sharing possono dunque essere messe da parte nel caso in cui a rischio ci sia la stabilità finanziaria.

Da evidenziare infine che anche la direttiva BRRD lascia dei margini di flessibilità, non rendendo obbligatorio il bail-in “per gli aiuti temporanei a banche solvibili effettuati a fini di ricapitalizzazione precauzionale a condizione che essa sia riconosciuta dalle autorità di controllo”.

Riassumendo e facendo un esempio: nel caso in cui si verificasse una situazione di emergenza, non ci sarebbe alcun bisogno di modificare le regole, come sostiene Angela Merkel,  ma basterebbe sfruttare le norme già esistenti allo scopo di salvaguardare l’equilibrio di un sistema bancario nazionale.

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