Eccoli, nero su bianco, i primi effetti che l’aumento dello spread causato dall’incertezza politica dei mesi scorsi sta avendo su banche e assicurazioni. Mentre le società quotate sono impegnate ad approvare e pubblicare i loro conti semestrali, arrivano anche i primi dati sull’impatto che l’incremento di quasi 100 punti base del differenziale tra titoli di Stato decennali italiani e tedeschi sta avendo sui bilanci degli istituti.
Intesa Sanpaolo, che ieri (1°agosto) ha pubblicato i conti dei primi sei mesi del 2018 ha reso noto che l’aumento dello spread Btp/Bund ha pesato sul suo Core Tier 1, vale a dire sulla componente più importante del capitale, per ben 35 punti base. Lo stesso giorno è arrivato anche il “conto pagato” da Generali che ha fatto sapere di aver registrato un abbattimento patrimoniale pari a 1,33 miliardi di euro. FinecoBank ha stimato un impatto di circa 40-45 punti, mentre per Sara il costo dell’allargamento dei bond italiani si è evidenziato sotto forma di un calo di 0,5 milioni dell’utile netto.
Duro anche l’impatto sul ramo Vita di Poste Italiane. Il gruppo a fine semestre ha registrato una posizione patrimoniale del 185% (Solvency2 ratio) rispetto al 279% di fine 2017. Il motivo? La volatilità dei Btp nel periodo in questione, secondo quanto spiegato da Tiziano Ceccarani, capo del planning & control and financial Reporting di Poste. Il ribasso ha talmente preoccupato gli analisti da portare il titolo in asta di volatilità prima e a oltre -5% poi.
Secondo i calcoli di Credit Suisse, in totale, lo spread sopra quota 220 punti base brucerà tre miliardi di euro, con un impatto del 4% sul tangible equity e di 20 punti rispetto al primo trimestre sul Cet 1 ratio. Il tutto in un momento in cui, al contrario, le banche avrebbero dovuto beneficiare delle minori esposizioni deteriorate (NPE), calate di 31 miliardi di euro. Equita Sim ha calcolato invece che un incremento strutturale di 100 punti base dello spread implicherà un impatto di 37 punti base sul capitale Core Tier 1.
Nonostante fino a poche settimane fa molti membri del Governo tentassero di minimizzare l’impatto economico-finanziario del tanto odiato spread, i numeri sembrano incontrovertibili. Secondo Bankitalia, le nostre banche hanno in portafoglio complessivamente circa 353 miliardi di euro di titoli italiani, le assicurazioni invece ne possiedono in totale 315 miliardi (dato Ania) difficile dunque continuare a sostenere che l’allargamento del differenziale non abbia alcuna conseguenza, anche perché, occorre tenere in considerazione che le difficoltà delle banche si ripercuotono alla lunga sul credito erogato a famiglie e imprese.
Ma torniamo alle cifre. Chi soffrirà l’impatto più consistente? Secondo Equita Sim e Goldman Sachs, a “pagare il prezzo più alto” sarà Mps. La prima prevede un impatto di 57 punti sul Cet1, la seconda parla di una riduzione dello 0,82% del Cet 1 ratio. E gli altri? La banca Usa ha reso note le seguenti prospettive: -0,61% di Cet 1 ratio per Ubi, -0,49% per Banco Bpm, -0,33% per Unicredit, -0,18% per Bper. Equita calcola -26 punti per Ubi, -25 per Unicredit, -22 per Bper, -21 per Banco Bpm.