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Banche da record: tornano i dividendi, focus sull’M&A

Le dichiarazioni incoraggianti di Enria (Bce), il ritorno alla normalità e il ricco incentivo delle Dta spingono le fusioni e acquisizioni bancarie. Indice ai massimi da inizio anno e chiusura di una settimana record

Banche da record: tornano i dividendi, focus sull’M&A

ENRIA (BCE): BANCHE, POSSONO TORNARE DIVIDENDI E BUY BACK

IN ARRIVO GLI SCONTI FISCALI PER MPS-UNICREDIT E PER IL CREVAL

“A meno che non ci sia un’indicazione reale di un significativo deterioramento della situazione prima di settembre, abrogheremo la raccomandazione (su dividendi e buyback) a settembre e lasceremo che le banche tornino alla vecchia normalità”. Andrea Enria, il “cerbero” alla guida della Vigilanza Bancaria che già ai tempi dell’Eba ha provocato più di un incubo notturno ai banchieri, stavolta ha deciso che, una volta tanto, gli istituti di credito hanno fatto i compiti con diligenza. Certo, confessa, “Non è stato facile e ci sono state alcune conversazioni difficili con le banche che alla fine però si sono allineate”. E così, “sebbene la nostra raccomandazione non fosse un requisito legalmente vincolante, le banche sotto la nostra supervisione l’hanno rispettata pienamente”. E, possiamo aggiungere, sembra evitato quel boom di sofferenze e di crediti utp cui l‘Eurozona sembrava condannata. Anzi, il possibile rimbalzo dei tassi attivi a fronte della ripresa delle economie potrebbe archiviare, una volta per tutte, la “stagione orribile” del sistema.

Le trimestrali uscite in settimana hanno dato conforto ad una visione positivo già sposate dai mercati: l’indice Stoxx del settore bancario europeo sale dello 0,5% e si porta su nuovi massimi degli ultimi 14 mesi, ampliando la performance da inizio anno a +25,50%, miglior risultato a livello settoriale, versus il +10,90% registrato dall’indice Stoxx globale.

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A giustificare il rally sono i conti positivi che hanno interessato un po’ tutte le banche dell’Eurozona: brillano i tre grandi del credito francese (Socgen, Paribas e Crédit Agricole) così come la britannica Barclays. Si risveglia perfino la grande malata, Deutsche Bank. E le banche italiane, se possibile, fanno ancor meglio. Al seguito di Intesa Sanpaolo, che ha stracciato le stime già ottimistiche sugli utili del trimestre (1,5 miliardi contro una previsione di 1), Unicredit ha smentito le voci sugli effetti nel trimestre dell’addio lento di Jean-Paul Mustier, presentandosi in ottima forma all’appuntamento con gli analisti: utile di 887 milioni spinto dal rialzo dei ricavi dovuto all’ottima performance di commissioni e attività di negoziazione e dal controllo dei costi. Il risultato è un aumento dei prezzi superiore all’8% da febbraio.

Infine, Banca Bpm, che si è già proposta come protagonista della prossima stagione di M&A, forse con Unicredit, forse con Bper. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna ha chiuso il primo trimestre 2021 con un utile netto a 100 milioni di euro (previsti 86 milioni) dall’utile netto di 152 milioni di euro nel primo trimestre 2020 e la perdita di 242 milioni nel quarto trimestre, entrambi però impattati da voci straordinarie. Complessivamente Banco Bpm ha mostrato ricavi operativi maggiori delle attese grazie ad un margine di interesse resiliente e commissioni solide con un contributo molto positivo è arrivato anche dal trading.

Insomma, siamo di fronte ad uno scenario che sembra propizio per l’avvio di una nuova stagione di M&A delle banche, l’ultimo stadio del consolidamento domestico prima dei matrimoni crossborders che dovrebbero accompagnare finalmente l’Unione Bancaria e l’avvio del Capital Markets all’interno dell’Eurozona. E’ questa la cornice che sta ispirando le novità sul fronte delle Dta (deferred taxes assets), ovvero le perdite fiscali che si possono trasformare in credito d’imposta in caso di fusione. Una norma nella bozza del decreto Sostegni bis – che la prossima settimana dovrebbe arrivare in Cdm come detto dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti – potrebbe favorire in particolare Unicredit che, con il neo arrivato amministratore delegato Andrea Orcel, potrebbe percorrere la strada che porta al Monte Paschi, partecipazione che il Tesoro deve dismettere entro l’anno, Stando ai bilanci di fine 2020, Deutsche Bank ha calcolato che le perdite fiscali interessate sarebbero pari a 11,6 miliardi per gli istituti italiani. Ma è possibile che il nuovo testo sia ancor più generoso anche perché Draghi è più che consapevole del ruolo che banche forti possono avere per il decollo definitivo di una stagione di crescita del Pil al 4% e più, una situazione che i manager nostrani sotto i 55 anni non hanno vissuto mai. 

 In caso di fusione tra UniCredit e Mps, la più urgente e chiacchierata, il beneficio ammonterà a circa 3,4 miliardi, 1,1 miliardi in più rispetto alla norma vigente, Un’operazione analoga tra  Unicredit e Banco Bpm potrebbe comportare un beneficio addirittura superiore ( 4,1 miliardi), ma la componente principale arriverebbe dalle Dta di UniCredit (circa 4,35) e non da quelle di piazza Meda, pari a circa 1 miliardo. Senza impatti invece i benefici di una fusione tra Banco-Bper, pari a circa 1 miliardo.

Secondo Mediobanca Securities, nella maggior parte delle combinazioni che coinvolgono Mps, l’incentivo M&A “non colmerà tutte le perdite fiscali pregresse, con la conseguenza che una maggiore redditività post M&A consentirà ulteriori rivalutazioni delle Dta nei prossimi anni”. Di sicuro però le fusioni e le acquisizioni, sottolinea, “rimarranno fondamentali per le banche di medie dimensioni”, a partire dall’acquisizione di Creval da parte del Crédit Agricole: “a fronte di un costo stimato in 66 milioni – ha scritto il Sole 24 Ore –  complessivamente il gruppo si troverà a beneficiare di un asset fiscale di 331 milioni, a patto che si realizzi la fusione entro 12 mesi dal pagamento delle azioni consegnate in offerta: un bel ‘regalo’ considerato che a 12,50 euro (il prezzo della recente Opa) il Creval è stato valutato 875 milioni”. Cioè lo sconto fiscale vale metà dell’operazione che consente alla banca transalpina di proporsi come sesta banca italiana con circa tre milioni di clienti distribuiti in gran parte del territorio italiano, anche al sud. 

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