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Banche, così riparte il risiko dopo la mossa di Unicredit in Germania: Mps perno della partita, occhi su Banco Bpm

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Sul grande tavolo dove si sta giocando da anni la partita del risiko bancario, la mossa della squadra italiana in Germania lascia le altre formazioni incerte sulle prossime strategie sia in Europa, sia in Italia. Ma gli analisti ora intravvedono l’accentuarsi delle operazioni di M&A, con la benedizione delle autorità di vigilanza. I casi in Europa e i riflettori su Banco Bpm e Mps.

Unicredit: Orcel ora interessato a una fusione con Commerzbank

Unicredit per un po’ avrà da fare in Germania per metabolizzare, anche con gli agguerritissimi sindacati tedeschi, dopo l’acquisto del 9% di Commerzbank, con la possibilità di aumentare la quota. Non solo. Andrea Orcel, ceo di Unicredit, ha detto stamane a Bloomberg TV che, alle giuste condizioni, era interessato ad acquistare il restante 12% di Commerzbank posseduto dal governo tedesco, e persino a una fusione. Le azioni di Commerzbank sono salite stamane di oltre il 3% dopo l’impennata di ieri di oltre il 16%. Anche il titolo UniCredit è salito del 2,81%. Gli analisti di JPMorgan prevedono un incremento degli utili di UniCredit grazie a un accordo che trasformerebbe la sua attività in Germania da regionale a nazionale, con una forte attenzione alle piccole e medie imprese del Paese.

Ora si scatenano altre ipotesi di M&A, con la benedizione delle autorità di vigilanza europee

“Ci aspettiamo un maggiore flusso di notizie sulle fusioni e acquisizioni delle banche europee in futuro, il che potrebbe essere positivo per le valutazioni delle banche che storicamente sono state considerate obiettivi”, hanno detto oggi gli analisti di JPMorgan, tra cui Kian Abouhossein, in una nota ai clienti. “Non pensiamo che le fusioni e acquisizioni in Italia siano del tutto fuori discussione e, a seconda dell’andamento del prezzo delle azioni, potrebbero ancora rappresentare una potenziale alternativa all’acquisizione di Commerzbank”, hanno aggiunto.

Le autorità di vigilanza in Europa sostengono da tempo l’idea di maggiori alleanze, sia all’interno che tra i paesi, perché un numero minore di istituti di credito più forti dovrebbe dare impulso all’economia e consentire alle banche della zona euro di ottenere risultati migliori rispetto ai concorrenti più grandi degli Stati Uniti e dell’Asia. La concentrazione del settore bancario, misurata dalla quota di attività bancarie detenuta dai cinque maggiori istituti di credito, varia notevolmente all’interno dell’Unione Europea. I dati della BCE mostrano che la frammentazione è molto più elevata in alcuni paesi della zona euro, soprattutto nelle economie più grandi e ricche come Francia e Germania. In quest’ultima in particolare si contano centinaia di banche accanto ai due grandi istituti di credito quotati, Deutsche Bank e Commerzbank appunto. All’altro estremo dell’intervallo ci sono Grecia, Cipro e Stati baltici. In Spagna, dove la quota del 69% delle attività bancarie nelle mani dei primi cinque istituti di credito è vicina alla media della zona euro, il numero di banche è sceso a 10 dalle 55 presenti prima della crisi finanziaria globale.

Gli ostacoli ai matrimoni transfrontalieri

Gli ostacoli agli accordi transfrontalieri sono ancora numerosi e comprendono normative e leggi sul lavoro diverse, la mancanza di un sistema di assicurazione dei depositi per l’intera zona euro e la politica. I dirigenti bancari hanno anche più volte sottolineato come senza un’unione bancaria europea, che consentirebbe ai creditori di spostare liberamente le risorse, gli accordi transfrontalieri sono improbabili.
La mossa di UniCredit di acquisire l’intera Commerzbank dovrebbe superare questi ostacoli, vista la presenza della banca italiana in Germania attraverso la sua proprietà di HVB.

Finora le fusioni sono state dettate dall’emergenza

Finora le recenti importanti fusioni bancarie in Europa sono state per lo più concordate in situazioni di emergenza. L’anno scorso Ubs ha acquistato Credit Suisse dopo che il governo svizzero ha orchestrato un accordo per proteggere l’intero sistema finanziario. Poi c’è la mossa ostile da 12,23 miliardi di euro di BBVA per Sabadell che se avesse successo verrebbe classificata come una delle più grandi operazioni bancarie europee degli ultimi 15 anni.

In Italia tutto si rimette nella partita

Per lungo tempo molte banche italiane si sono sentite i riflettori addosso, viste come possibili prede nel risiko bancario italiano. Da Mps a BancoBpm, da Popolare Sondrio a Bper, fino a Unipol, senza contare Mediobanca e Generali: tutte sono state oggetto di ipotesi di interesse da parte di Unicredit. Del resto, con una capitalizzazione di 58 miliardi, 10 miliardi di generazione organica di capitale attesa in un anno (circa il 60% di Commerzbank), e un “cuscinetto” di oltre 350 punti base di capitale in più creato internamente ogni 12 mesi, UniCredit ha la potenza di fuoco per realizzare anche più di un deal di grandi dimensioni.

Alcuni titoli in Borsa ieri hanno perso inizialmente terreno per poi recuperare: tra questi Mediobanca (oggi a 14,85 euro in rialzo dell’1,16%, dopo un minimo ieri dopo la notizia a 14,61 euro) e Banco Bpm, ieri in calo fino a 5,67 euro e oggi in risalita a 5,97 euro (+3,11%) mentre Mps che oggi è a 4,96 euro (+1,51%, ieri ha segnato un minomo a 4,82 euro.

Per Jp Moragan il Banco Bpm rimane un candidato attraente per l’acquisizione da parte di Credit Agricole. Quest’ultima detiene già una partecipazione del 9% in Banco BPM e ha una storia di acquisizioni proattive nel settore bancario italiano, incluso l’acquisto di tre piccole banche italiane nel 2017 e di Creval nel 2021. Nel 2022 Orcel stava per lanciare un’Opa su Banco Bpm, ma poi il progetto, complice anche l’invasione di Mosca in Ucraina, è svanito. Anche su Banca Popolare di Sondrio UniCredit aveva messo gli occhi, trovando però la strada sbarrata da parte dell’azionista Unipol guidato da Carlo Cimbri.

Monte Paschi perno del gioco

Ma il maggiore dossier, da cui di fatto sembra essersi sfilato Unicredit almeno per il momento è quello del Montepaschi di Siena. Il Governo italiano, secondo gli impegni presi con Bruxelles, dovrebbe uscire dal capitale entro l’anno, anche se si ipotizzano proroghe al 2025.

Se Intesa Sanpaolo è fuori gioco per raggiunti limiti Antitrust, il ceo di BancoBpm, Giuseppe Castagna ha fatto più volte capire di voler proseguire da solo, per poter dare più valore ai propri azionisti. Sul campo rimane allora Unipol, il cui presidente Cimbri, pur senza chiudere la porta a un’operazione con il Mef, ha comunque raffreddato ipotesi di operazioni rimandando a tempi migliori. Mps del resto ha in essere una partnership di bancassurance con Axa, che deve essere riacquistata in vista di nuovi ingressi. La stessa controllata Bper, con il nuovo ceo Gianni Franco Papa, presenterà il nuovo piano industriale il 10 ottobre, che sarà “basato sulla crescita organica”. Oltralpe c’è ancora il Credit Agricole, che in passato aveva aperto il dossier, per poi richiudelo. “Crediamo che l’operazione Unicredit-Commerzbank possa spingere sul consolidamento domestico coinvolgendo Mps e altri peers” dice Intermonte. “Il riacquisto della jv assicurativa con Axa, invece, potrebbe aprire le porte a una partnership con Unipol, ponendo potenzialmente le basi a un consolidamento che coinvolgerebbe Unipol stessa, Bper e la Popolare Sondrio”.

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