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Banche, a che serve la Commissione d’inchiesta? Bruno Tabacci risponde così

INTERVISTA A BRUNO TABACCI, leader del Centro Democratico e segretario della nuova commissione d’inchiesta sulle banche – “Questa commissione non deve né interferire con l’attività delle banche né sovrapporsi alla magistratura”

Banche, a che serve la Commissione d’inchiesta? Bruno Tabacci risponde così

A che serve la nuova commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche? A formulare al Parlamento proposte utili a migliorare il sistema bancario, partendo dalla vigilanza e dalle “modalità con cui renderla più efficace in riferimento ai rapporti di collaborazione tra la Banca d’Italia e la Consob”, spiega a FIRSTonline Bruno Tabacci, segretario generale della nuova commissione e presidente del Centro Democratico.

Già membro della commissione d’inchiesta creata nella scorsa legislatura, Tabacci racconta quali secondo lui dovranno essere i compiti dell’organismo guidato da Carla Ruocco (M5S), ma anche quali errori evitare. “Interferire con l’attività del sistema bancario o sovrapporsi alle iniziative che la magistratura sta portando avanti – sottolinea l’onorevole – sarebbe uno sbaglio enorme”.

La nuova commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche nasce a poca distanza dalla precedente, ce n’era davvero bisogno?

“Io non ho votato a favore della nascita di questa commissione, soprattutto perché ho sempre ritenuto che bastasse una commissione d’indagine. Una commissione d’inchiesta, dotata degli stessi poteri della magistratura, lancia un’ombra obliqua sul settore di cui si vuole occupare anche perché normalmente la sua istituzione è legata a fatti eccezionali, vicini a eventi malavitosi, che in questo caso non esistono. Questa non è una commissione antimafia, non ha senso nemmeno che non sia stato fissato un termine e che questo organismo debba seguire tutto l’arco della legislatura”.

Forse questa formula è stata ritenuta la più idonea a dare una risposta politica forte alle polemiche nate in seguito alle varie crisi bancarie…

“La reiterazione di una commissione di questa natura lascia intendere che ci sia un fenomeno malavitoso all’interno del sistema bancario. Mi sembra una mossa suicida per un Paese. La politica deve reagire con serietà e rigore alle crisi e alle polemiche, non utilizzarle per costruirci sopra accuse a questo o a quel partito e per fare sterile propaganda su argomenti così delicati. Per questo motivo la commissione d’inchiesta non mi è parsa la formula migliore. Ricordo inoltre l’esperienza della passata commissione di cui avevo fatto parte che aveva costretto il presidente Casini a svolgere un’azione da accurato pompiere per evitare che gli incendi appiccati potessero provocare dei guasti irreparabili”.

Il pericolo da evitare è che questa commissione interferisca con l’attività del sistema bancario?

“Questa commissione non deve né interferire con l’attività del sistema bancario né sovrapporsi alle iniziative che la magistratura sta portando avanti in sede giudiziaria. Sarebbe da irresponsabili. Nella esperienza che ho fatto nella precedente commissione d’inchiesta sulle banche mi ero opposto al fatto che venissero sentite persone che erano imputate in procedimenti sul sistema bancario perché significava dare una tribuna a chi aveva il diritto di dire anche cose non veritiere in quanto imputato. Ciò nonostante un po’ di banchieri inquisiti sono stati chiamati, venendo a dire ciò che era già emerso sulle loro posizioni, spiegando come si erano difesi, dicendo sostanzialmente che la responsabilità per quanto accaduto doveva essere fatta risalire all’attività della vigilanza. Non che non si possano imputare delle critiche all’azione degli organi di sicurezza, per esempio sul mancato coordinamento tra Banca d’Italia e Consob, ma da questo a sollevare tutti gli altri da ogni responsabilità c’è un abisso. È facile comprendere come posizioni del genere non siano accettabili”.

Di cosa si dovrà occupare quindi questa commissione? Ci sarà spazio anche per le ultime crisi che hanno coinvolto Banca Carige e la Popolare di Bari?

“A mio parere non deve occuparsi di questi temi, anche perché la commissione d’inchiesta che ha lavorato nella passata legislatura aveva già dato molti spunti su questioni simili. Ciò che la nuova commissione dovrebbe fare è partire dagli obiettivi precedentemente individuati per arrivare a formulare proposte sulla vigilanza ed eventualmente definire le modalità con cui renderla più efficace in riferimento ai rapporti di collaborazione tra la Banca d’Italia e la Consob. Per il resto non credo che occorra fare ulteriore confusione, anche perché nei mesi passati ne è già stata fatta tanta. Penso ad esempio al fatto che si è parlato genericamente di risparmiatori truffati, ma il problema non può essere affrontato sulla base delle perdite in borsa o di un azionista. Ci possono essere dei casi di truffa, ma devono essere dimostrati singolarmente. Non si può parlare in generale di una truffa che ha riguardato migliaia e migliaia di azionisti”.

Nel libro di Salvatore Rossi e Ferruccio De Bortoli si solleva il nodo dell’adeguatezza della vigilanza. Rossi, ex direttore generale di Bankitalia, sostiene che esistono due diverse vigilanze: la prima riguardante la stabilità delle banche, l’altra la correttezza dei rapporti tra sorveglianza e clienti. Secondo lui sul primo versante Bankitalia ha fatto ciò che doveva, sul secondo invece ci sono delle carenze. Oltre alla proposta di cui ha appena parlato, la commissione non potrebbe essere la sede per proporre una revisione del Tub (Testo Unico Bancario)?

“La commissione non può essere la sede per formulare una revisione del Tub perché questa deve essere fatta per via legislativa. Può però arrivare ad un testo da proporre all’attenzione del Parlamento, sarebbe un’iniziativa molto utile. Sulle questioni che lei ha richiamato sono d’accordo con l’interpretazione di Rossi. Bisogna inoltre dire che ci sono stati protocolli d’intesa firmati da Banca d’Italia e Consob che non sono stati seguiti da fatti concreti e nelle vicende degli anni passati vi erano state delle sfilacciature che vanno evitate”.

Un’altra questione venuta alla luce è quella sull’adeguatezza della governance di assicurazioni-cooperative quotate. Non sarebbe il caso di allineare le loro regole a quelle delle banche, vale a dire trasformazione in Spa per le società di maggiori dimensioni come previsto dalla riforma delle banche popolari?

“Io preferisco non fare di tutta l’erba un fascio e questo vale anche per il sistema bancario. Ad esempio mettere sullo stesso piano le banche popolari e le banche di credito cooperativo è un errore clamoroso. Tutto parte dal reale rapporto con il territorio. Se una banca popolare che nasce su un territorio ben delimitato nel corso degli anni diventa una banca che ha sportelli che vanno dalla Lombardia alla Sicilia non ha più le caratteristiche di territorialità e di mutualità che dovrebbe avere. Le banche di credito cooperativo invece continuano a mantenere queste caratteristiche e dunque non possono essere poste sullo stesso piano. Lo stesso discorso vale per le assicurazioni. Quelle che possono continuare a svolgere la loro attività con le finalità originali è giusto che lo facciano, per quelle più grandi, per le quali viene meno il carattere di mutualità e territorialità, è un altro discorso”.

Quando partiranno i lavori della nuova commissione?

“Adesso che sono stati eletti la presidente, Carla Ruocco, e l’ufficio di presidenza, la commissione è in condizione di redigere un programma operativo sulla base della legge istitutiva e partire con i lavori”.

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