Arretra la povertà estrema. Per la prima volta nella storia la percentuale di popolazione del nostro Pianeta che vive in condizioni di povertà estrema scenderà al di sotto del 10%.
A dirlo è la Banca mondiale, presentando le proprie proiezioni e aggiornando la nuova soglia che definisce la povertà estrema, ovvero chi ha meno di 1,90 dollari al giorno (non più 1,25), tenuto conto del reale potere d’acquisto dei singoli Paesi.
Secondo le ultime stime, infatti, le persone che si trovano in questa condizione sono circa 702 milioni quest’anno, contro i 902 milioni, 12,8% della popolazione, nel 2012.
Un calo forte, dovuto anche ai tassi di crescita dei Paesi emergenti, oltre che agli investimenti in educazione e sanità. Un calo che ha spinto il prediente della Banca mondiale Jim Yong Kim ad affermare che “Siamo la prima generazione nella storia dell’umanità che può porre fine alla povertà estrema”.
Un obiettivo che del resto fa già parte dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile, che punta a porre fine alla povertà estrema entro il 2030. Un target che, chiaramente, presenta le sue criticità, come sottolineato anche da Jim Yong Kim, legate soprattutto ad una “crescita globale rallentata, mercati finanziari instabili, guerre, alti tassi di disoccupazione giovanile e cambiamenti climatici!.
In ogni caso, rispetto ali anni ’90, a cambiare radicalmente è anche la diffusione dei poveri che, oggi più che mai, risiedono soprattutto nell’Africa subsahariana, mentre la loro quota in Asia orientale è passata da più del 50% al 15% circa, grazie alla crescita della Cina e dei suoi vicini. Rimangono, ad oggi, estremamente vulnerabili due categorie di Paesi, quelli dilaniati da conflitti e guerre e quelli troppo dipendenti dall’export delle materie prime.
A colpire, nei numeri diffusi dalla Banca ,ondiale, è il fatto che la diffusione globale della povertà estrema sia diminuita all’interno di un periodo di crisi economica, in cui nella parte più ricca del mondo si è assistito, almeno in termini relativi, ad un aumento della povertà.
Ma cosa ci ha condotto verso un calo del genere della miseria? Mentre sono molti gli economisti (su tutti Thomas Piketty) che puntano il dito contro la globalizzazione, causa principe delle disuguaglianze, si può dire che la flessione della povertà estrema rappresenti una vittoria del mondo globalizzato.
A sconfiggere, o almeno a limitare, la miseria, in molte parti del mondo, molto più degli aiuti internazionali, è stata la diffusione del libero mercato e di un dinamismo, una possibilità di far entrare ed uscire beni e merci, inedito.
La globalizzazione, in poche parole, che negli ultimi giorni ha anche trovato un difensore inaspettato in Papa Francesco: “la tendenza alla globalizzazione è buona, ci unisce; quello che può essere cattivo è il modo di farla. Se pretende di rendere tutti uguali, come in una sfera, distrugge la ricchezza e la particolarità di ogni popolo”.
Ma, al di là dell’endorsement del Papa, basti pensare al modo in cui, nel mondo globalizzato, le carestie abbiano visto crollare il proprio potere dirompente. Come fa notare il giornalista e divulgatore scientifico Matt Ridley, “in passato, se un mercato locale aveva un anno di produzione pessima si creava una carestia. Oggi, se hai un cattivo raccolto importi ciò che ti serve: è improbabile che i raccolti crollino in tutto il mondo”.
Un esempio semplice, ma efficace di quelli che “sono i grandi benefici del commercio”. Una vittoria, per quanto parziale e ancora incompleta, della globalizzazione e di “innovazione, tecnologia e disponibilità di energia”, ma soprattutto di un modello, quello dell'”economia della condivisione“, che è destinato ad “avere un effetto straordinario sulla riduzione della povertà”.
Un modello ideale, ma non sempre attuato e attuabile. Nonostante la riduzione forte della povertà estrema, rimangono molti gli aspetti critici nel quadro globale. Le previsioni economiche per il prossimo futuro appaiono meno brillanti di quanto fosse stato preventivato in un primo momento e la lotta contro la povertà passa necessariamente per la crescita sostenuta dei Paesi meno sviluppati.
Allegati: Il comunicato della Banca Mondiale