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Banca Ifis: “Npl sotto controllo, salve le banche”

Imagoeconomica

L’ondata di crediti deteriorati a causa del Covid non sarà drammatica come quella dell’inizio degli anni ’10, culminata nel 2015 quando le banche italiane furono gravate da oltre 360 miliardi di Npl, con crescite annue a doppia cifra (+22% nel 2012, +19% nel 2013, +17% nel 2014). Invece nel 2020 lo stock è rimasto invariato e nel 2021 aumenterà solo del 5%, ampiamente sotto le previsioni, grazie alle moratorie sui mutui e a tutte le misure di sostegno emanate dagli ultimi due governi a favore delle imprese. Ma soprattutto, secondo il Market Watch presentato da Banca Ifis in occasione del tradizionale Npl Meeting di fine settembre, stavolta il sistema finanziario si è fatto trovare molto più pronto: non solo lo stock di Npl è cresciuto molto meno delle aspettative tra il 2020 e il 2021, ma ancora meno significativo è stato l’aumento dell’esposizione da parte delle banche. “Il dato è benigno – commenta l’Ad di Banca Ifis Frederik Geertman – ma non dimentichiamo che il totale dei crediti deteriorati salirà comunque al massimo storico nel 2023 e che molte imprese sono fallite o falliranno”.

Tuttavia buona parte di questo nuovo stock di Non performing loans e Utp (unlikely-to-pay, cioè debiti che difficilmente saranno pagati ma che possono ancora rimettersi in bonis) è stato e sarà digerito dagli operatori del settore, tra i quali figura chiaramente Banca Ifis, che continuano ad acquistare portafogli, “consentendo alle banche – aggiunge Geertman – di non esporsi eccessivamente e di continuare a sostenere la ripresa. Anche questo significa contribuire alla ripresa e infatti non a caso il titolo dell’evento di oggi è Recovery Builders”. Per dare un parametro, l’intero stock nel 2023 dovrebbe toccare i 430 miliardi di euro, superando i 362 del 2015 (nel 2022 saliranno a 395 miliardi) di cui però solo un quarto, poco più di 100 miliardi, peserà sui bilanci bancari, a differenza degli anni fino al 2015, quando si rasentava il 100%. Nel 2021 secondo lo studio di Banca Ifis le cessioni di portafogli NPL potrebbero raggiungere i 34 miliardi (38 nel 2020), con un’incidenza del 26% del mercato secondario e con la prospettiva di salire a 40 nel 2022 e nel 2023. In crescita anche le operazioni su portafogli Utp (11 miliardi, contro i 9 del 2020).

Rimarrà dunque assolutamente sotto controllo l’Npe Ratio (non performing exposure) delle banche, al di qua del livello target del 5% chiesto dalla Bce: nel 2014 superava il 17%, nel 2021 si fermerà al 4,7%, ma attenzione ad una possibile risalita negli anni successivi. Gli operatori del settore Npl, oltre ad alleggerire le banche nella loro missione, hanno creato in questi anni un mercato nel mercato, a sua volta florido e in crescita: i “riscossori” di crediti deteriorati fatturano, assumono (anche se pare che anche qui si faccia fatica a reperire le skills sul mercato del lavoro), producono redditività e investono in tecnologia. “L’impatto sui bilanci bancari – spiega Geertman – sarà gestibile grazie al derisking operato dagli istituti e alla presenza dell’industria di investimento e servicing degli NPL che si è specializzata investendo in competenze e tecnologie. Oggi questi attori sono in grado di assorbire i crediti deteriorati con efficacia ed efficienza e si rendono protagonisti della ripresa”.

C’è però anche una novità di questo ultimo periodo, che rende l’idea del momento di buona credibilità che sta attraversando l’Italia sui mercati finanziari: “Sempre più operatori esteri acquistano portafogli italiani – confessa Geertman -. Si può dire che anche nel settore degli Npl si stia verificando un effetto-Draghi“. A dimostrazione, ancora una volta, che il mercato è sensibile a tutti i particolari.

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Categories: Economia e Imprese