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Banca Ifis: “Npl sotto controllo, salve le banche”

In occasione dell’Npl Meeting la’Ad Frederick Geertman ha illustrato previsioni confortanti sui crediti deteriorati, che nel 2021 aumenteranno molto meno del previsto (e del 2014) e saranno in gran parte assorbiti dall’industria degli Npl

Banca Ifis: “Npl sotto controllo, salve le banche”

L’ondata di crediti deteriorati a causa del Covid non sarà drammatica come quella dell’inizio degli anni ’10, culminata nel 2015 quando le banche italiane furono gravate da oltre 360 miliardi di Npl, con crescite annue a doppia cifra (+22% nel 2012, +19% nel 2013, +17% nel 2014). Invece nel 2020 lo stock è rimasto invariato e nel 2021 aumenterà solo del 5%, ampiamente sotto le previsioni, grazie alle moratorie sui mutui e a tutte le misure di sostegno emanate dagli ultimi due governi a favore delle imprese. Ma soprattutto, secondo il Market Watch presentato da Banca Ifis in occasione del tradizionale Npl Meeting di fine settembre, stavolta il sistema finanziario si è fatto trovare molto più pronto: non solo lo stock di Npl è cresciuto molto meno delle aspettative tra il 2020 e il 2021, ma ancora meno significativo è stato l’aumento dell’esposizione da parte delle banche. “Il dato è benigno – commenta l’Ad di Banca Ifis Frederik Geertman – ma non dimentichiamo che il totale dei crediti deteriorati salirà comunque al massimo storico nel 2023 e che molte imprese sono fallite o falliranno”.

Tuttavia buona parte di questo nuovo stock di Non performing loans e Utp (unlikely-to-pay, cioè debiti che difficilmente saranno pagati ma che possono ancora rimettersi in bonis) è stato e sarà digerito dagli operatori del settore, tra i quali figura chiaramente Banca Ifis, che continuano ad acquistare portafogli, “consentendo alle banche – aggiunge Geertman – di non esporsi eccessivamente e di continuare a sostenere la ripresa. Anche questo significa contribuire alla ripresa e infatti non a caso il titolo dell’evento di oggi è Recovery Builders”. Per dare un parametro, l’intero stock nel 2023 dovrebbe toccare i 430 miliardi di euro, superando i 362 del 2015 (nel 2022 saliranno a 395 miliardi) di cui però solo un quarto, poco più di 100 miliardi, peserà sui bilanci bancari, a differenza degli anni fino al 2015, quando si rasentava il 100%. Nel 2021 secondo lo studio di Banca Ifis le cessioni di portafogli NPL potrebbero raggiungere i 34 miliardi (38 nel 2020), con un’incidenza del 26% del mercato secondario e con la prospettiva di salire a 40 nel 2022 e nel 2023. In crescita anche le operazioni su portafogli Utp (11 miliardi, contro i 9 del 2020).

Rimarrà dunque assolutamente sotto controllo l’Npe Ratio (non performing exposure) delle banche, al di qua del livello target del 5% chiesto dalla Bce: nel 2014 superava il 17%, nel 2021 si fermerà al 4,7%, ma attenzione ad una possibile risalita negli anni successivi. Gli operatori del settore Npl, oltre ad alleggerire le banche nella loro missione, hanno creato in questi anni un mercato nel mercato, a sua volta florido e in crescita: i “riscossori” di crediti deteriorati fatturano, assumono (anche se pare che anche qui si faccia fatica a reperire le skills sul mercato del lavoro), producono redditività e investono in tecnologia. “L’impatto sui bilanci bancari – spiega Geertman – sarà gestibile grazie al derisking operato dagli istituti e alla presenza dell’industria di investimento e servicing degli NPL che si è specializzata investendo in competenze e tecnologie. Oggi questi attori sono in grado di assorbire i crediti deteriorati con efficacia ed efficienza e si rendono protagonisti della ripresa”.

C’è però anche una novità di questo ultimo periodo, che rende l’idea del momento di buona credibilità che sta attraversando l’Italia sui mercati finanziari: “Sempre più operatori esteri acquistano portafogli italiani – confessa Geertman -. Si può dire che anche nel settore degli Npl si stia verificando un effetto-Draghi“. A dimostrazione, ancora una volta, che il mercato è sensibile a tutti i particolari.

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