L’idrogeno, la fonte di energia scelta dall’Europa per la diversificazione di lungo periodo, ha bisogno di un mercato. Per collegare domanda ed offerta l’Ue ha lanciato in questi giorni l’ipotesi di una Banca europea dell’idrogeno. La strategia europea sul tema è di grande interesse per aziende e istituti di ricerca, ma non ha ancora centrato (sebbene sia all’inizio) quell’equilibrio economico-industriale che la renderà utilizzabile a pieno.
La produzione da elettrolisi trova spazio in molti Paesi ed in qualche Regione italiana. Ma è esattamente la capacità degli elettrolizzatori il punto di maggiore interesse se vogliamo vedere aumentare la produzione. A tutt’oggi le previsioni di investimenti sulle macchine oscillano tra i 24 e 34 miliardi di euro in dieci anni. Una Banca può sicuramente aiutare a sviluppare tecnologie non rigide e con utilità marginale economica. “Creeremo una nuova Banca europea dell’idrogeno che contribuirà a garantire l’acquisto di idrogeno, in particolare utilizzando le risorse del Fondo per l’innovazione”, ha detto la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
La nuova Banca europea : con più idrogeno si combatte la dipendenza dal gas
Da due anni gli studi e i piani di sviluppo dell’energia libera in natura circolano in tutta Europa. Intorno alla produzione di idrogeno è, tuttavia, necessario un incremento di produzione di elettricità pulita-eolica o fotovoltaica- per la quale sono stati stimati altri 220-340 miliardi di euro. Sono da mettere a fattore comune per avere forza energetica intrinseca e vendibile. Senza quella potenza aggiuntiva di energia le macchine non producono.
Le timidezze di molte aziende nel mettere mano ai capitali sono legate proprio a questa massa di investimenti che presentano ammortamenti a lungo tempo. Il piano europeo resta in generale ambizioso e accattivante, però richiede anche trasporto, storage e distribuzione della materia prima. Insomma, infrastrutture da costruire ex novo o convertire come i metanodotti.
Che forza potrà avere la Banca Europea dell’idrogeno? “Potrà investire 3 miliardi di euro subito per aiutare a costruire il mercato futuro dell’idrogeno”, ha detto von der Leyen. “Questo è il modo in cui diamo energia all’economia del futuro. Questo è il nostro Green Deal europeo”. Si studiano canali di finanziamento specifici per non mancare gli obiettivi della decarbonizzazione, a maggior ragione nella fase preagonizzante delle forniture di gas russo. L’Europa prende cosi’ le sue strade alternative ai fossili, dicono a Bruxelles.
Idrogeno:10 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030
La Banca dovrà sbarrare il passo all’arrivo di altro gas. Gli strateghi europei valutano con molto interesse la produzione di nuova energia offshore nel Mare del Nord in raccordo alla futura produzione di idrogeno rinnovabile. Fonti pulite che alimentano un vettore appetibile ma non ancora competitivo a causa dei capitali di avviamento.
Per il 2030 l’Ue vorrebbe avere in conto 10 milioni di tonnellate di idrogeno all’anno. Evidentemente come ai tempi della nascita del mercato del greggio, la vita di una Hydrogen Bank dovrebbe essere scandita da domanda e offerta di Paesi prevalentemente “degassifficati”. Ma quei Paesi devono avere già pronte le strutture adatte agli usi e alla distribuzione su larga scala. Per ora, se si escludono i metanodotti da riconvertire, non si vede granché.
L’Italia, tanto per dire, ha diverse attività in corso in aziende, in Sardegna, Abruzzo,ha progetti lungo le coste del Mediterraneo , nei trasporti. Intende usare i fondi del PNRR prima ancora che la nuova Banca veda la luce. Sempre – è il caso di dire- che il futuro governo non ridiscuta strategie e tempi della transizione ecologica.