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Banca d’Italia, mercoledì le ultime Considerazioni finali di Visco: bilancio di 12 anni del Governatore

Imagoeconomica

Il prossimo 31 maggio il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, leggerà le sue ultime Considerazioni Finali di fronte all’assemblea della banca. Dopo 12 anni a novembre Visco lascerà il suo incarico iniziato il 1° novembre del 2011, appena dopo la caduta del Governo Berlusconi e la nascita del Governo Monti che, come si ricorderà, venne appoggiato dal 90% del Parlamento, con lo scopo di evitare il default del paese colpito da una ondata di sfiducia da parte degli investitori nazionali ed esteri tanto che lo spread dei nostri titoli pubblici rispetto a quelli tedeschi aveva superato i 550 punti. 

Sono stati 12 anni davvero travagliati che Visco ha saputo affrontare con stile, sangue freddo, visione tecnica, e pazienza politica. Una persona che lo conosce bene lo ha definito “un bravo economista con la schiena dritta”. Una frase che lo dipinge bene secondo Stefano Micossi ex direttore generale dell’Assonime che ha lavorato con Visco in Banca d’Italia negli anni ‘70. “È un uomo misurato, che non ama molto l’esposizione mediatica. Ha svolto l’incarico di Governatore – dice Micossi – come un servizio al paese e non come un mezzo per acquisire potere. Possiamo ben dire che si colloca nella scia dei grandi Governatori della Banca d’Italia da Menichella a Carli a Baffi, da Ciampi a Draghi che hanno fatto della banca una istituzione centrale per gli equilibri del paese. Visco ha mantenuto alta la reputazione della banca anche attraversando profondi cambiamenti e periodi critici quali raramente si erano visti in passato”.

Infatti, con la nascita della moneta unica alcuni poteri fondamentali della Banca d’Italia in materia di politica monetaria sono passati a Francoforte per cui le banche nazionali si sono concentrate soprattutto sul controllo del sistema bancario oltre ovviamente a fornire contributi importanti alla impostazione della politica monetaria della UE. 

“Sotto quest’ultimo aspetto – afferma Micossi – l’immagine personale di Visco come economista di rango internazionale, ha molto contribuito a rendere la nostra banca particolarmente apprezzata anche nel consiglio della Bce a Francoforte. E Visco non ha rinunciato in questi anni a esercitare la sua professione di economista pubblicando dei saggi sul ruolo dell’istruzione quale leva della crescita, e da ultimo un saggio sull’inflazione e i danni che può provocare. Ma già molti anni fa si era fatto strada nel mondo degli economisti con una tesi sulle aspettative di inflazione che ora è tornata di attualità”.

Nella gestione delle crisi bancarie che si sono manifestate in Italia nel 2013 e 2014 proprio mentre in Europa si metteva a punto un meccanismo uniforme per affrontarne i fallimenti, ci sono state delle incertezze. 

“La corsa per la risoluzione delle quattro banche (tra le quali spiccava, anche per motivi politici, quella di Arezzo), venne fatta per evitare la completa applicazione della direttiva europea del bail-in che metteva a rischio anche i depositi della clientela oltre un certo ammontare”.

Ma comunque si capì in seguito che quella direttiva, corretta in via di principio perché cercava di evitare che l’onore dei salvataggi bancari ricadesse sulla finanza pubblica e quindi su tutti i cittadini, in pratica rischiava di portare ad oneri sistemici molto pesanti. Si cercò allora di tornare sulla vecchia strada, certo facendo pagare gli azionisti e i dirigenti della banca in difficoltà, ma poi facendo intervenire il fondo interbancario di garanzia sui depositi, si salvava la banca. 

La Banca d’Italia utilizzò il fondo interbancario per una operazione e fu contestata dalla Commissione europea. La questione finì di fronte alla Corte di Giustizia che riconobbe le buone ragioni della nostra banca ritenendo il fondo interbancario non una istituzione pubblica. 

“Oggi nella UE come negli USA non esistono regole omogenee per la risoluzione della crisi bancarie. Nel complesso si torna alla pratica dei salvataggi. Ma il lascito più rilevante di questi anni di crisi e’ il progressivo cambio di ruolo della Bce che a partire dalle famose lettere inviate nel 2011 a Italia, Irlanda e Spagna, (oltre alla Grecia che però è un caso ancora più complesso) ha spinto la banca centrale ad occuparsi delle linee di politica economica dei singoli Stati, cosa che va al di là del suo statuto e che può esporre le autorità monetarie alle critiche della politica”.

Ma anche nell’ambito della politica monetaria ci sono cambiamenti nei comportamenti rilevanti. In questi ultimi mesi, ad esempio, Visco, ha dato ampia comunicazione della sua posizione circa l’aumento dei tassi d’interesse decisa dalla Bce per contrastare l’inflazione. Più volte Visco ha segnalato la necessità di navigare con prudenza tra i due scogli dell’inflazione e della recessione evitando sia una che l’altra in quanto entrambe cariche di rischi per le economie ma anche per la stabilità politica di democrazie attaccate anche per strumenti militari dalle autocrazie. 

Nonostante il periodo difficile dal punto di vista dell’economia e i contrasti spesso sottotraccia con la politica (a volte emersi come quando si decise di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie), Visco ha mantenuto alta la reputazione della nostra banca centrale. Ed in un periodo in cui la credibilità di tutte le nostre istituzioni è in caduta libera, avere un riferimento sicuro ed affidabile, non è cosa di poco conto.

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