Poche schiarite e molte ombre emergono dalla Relazione della Banca d’Italia 2013 sulla condizione finanziaria delle famiglie e delle imprese italiane.
LE FAMIGLIE
Nel 2012 le attività complessive nette delle famiglie sono lievemente aumentate (1,3%), ma in termini reali sono diminuite del’1,9%. Pur beneficiando dell’incremento delle quotazioni dei titoli, la dinamica della ricchezza è stata frenata dalla contrazione del valore degli immobili dovuta al calo del prezzo delle abitazioni, e dal livello molto contenuto, per il terzo anno consecutivo, del risparmio finanziario (la propensione al risparmio delle famiglie è caduta all’11,4% del reddito disponibile, al 7,9% per le sole famiglie consumatrici).
In cifre la ricchezza finanziaria netta è cresciuta del 2,9% in termini reali lo scorso anno, un incremento comunque inferiore a quello dei paesi dell’area dell’euro. La componente immobiliare della ricchezza italiana è invece diminuita del 4,1% in termini reali per effetto del calo dei prezzi delle abitazioni. Nel complesso la ricchezza netta delle famiglie è rimasta pari a circa 8 volte il reddito disponibile, principalmente per il forte calo di quest’ultimo.
I profili di rischio per le famiglie, dal lato delle attività, si riscontrano principalmente nell’aumentato peso delle attività più rischiose (azioni e fondi comuni) rispetto all’anno precedente, che hanno raggiunto la quota del 28% sul totale delle attività finanziarie (a fronte del 29% della raccolta bancaria, e del 19% delle riserve assicurative e previdenziali), e il forte peso sulla ricchezza complessiva della ricchezza reale, soprattutto immobiliare, che desta preoccupazioni per le note caratteristiche di illiquidità del’investimento.
Per quanto riguarda l’indebitamento delle famiglie, per la prima volta negli ultimi 15 anni, i debiti finanziari si sono ridotti, sebbene per un ammontare contenuto (0,7% della consistenza a fine 2011). Ciò è attribuibile alla maggior selettività nella concessione del credito da parte delle banche. L’incidenza dei debiti finanziari sul reddito disponibile (66%) è tuttavia aumentata rispetto all’anno precedente a causa della marcata contrazione del reddito; il rapporto resta però basso nel confronto internazionale. L’onere per il servizio del debito delle famiglie si è invece ridotto sia in conseguenza della diminuzione della consistenza del debito, sia del calo dei tassi di interesse.
LE IMPRESE
La recessione iniziata nel 2011 ha comportato un netto peggioramento della redditività delle imprese. Sulla base dei conti nazionali, nel 2012 il margine operativo lordo (MOL) delle società non finanziarie è risultato inferiore del 12% rispetto al 2008, raggiungendo un nuovo minimo rispetto al valore aggiunto. La redditività ha anche risentito dell’accresciuta incidenza degli oneri finanziari netti. Infatti anche se in lieve calo, nella media del 2012 i tassi bancari sono risultati più elevati rispetto al precedente biennio. Inoltre la crisi del debito sovrano si è riflessa in un notevole ampliamento del divario dei tassi rispetto alla media europea: rispetto ai prestiti di nuova erogazione quest’ultimo è arrivato a 97 punti base nel dicembre 2012, per poi collocarsi a 90 nel marzo scorso.
Le rigide condizioni del credito hanno danneggiato pesantemente le imprese, tanto che oltre un terzo di quelle che hanno chiesto nuovi finanziamentise se li sono visti negare (pari al 12% delle imprese). A questo peggioramento delle condizioni del credito, che risultano essere generalizzate per settori di attività, classi dimensionali, ed aree geografiche, le grandi imprese con acceso diretto ai mercati hanno reagito ricorrendo alle emissioni obbligazionarie, arrivate a 33 miliardi di euro, un valore elevato rispetto al passato. Per le altre imprese invece, dipendenti dal canale del credito bancario, il peggioramento delle condizioni del credito ha determinato seri danni, tanto che si registra un aumento, al 19,2% sul totale, dei prestiti bancari che presentano anomalie nei rimborsi.
La fragilità finanziaria delle imprese può essere apprezzata anche guardando all’indicatore oneri finanziari su MOL, che valuta la capacità di rimborso dei debiti, rapporto salito dal 19,6% al 21,7%, ritornando su valori elevati rispetto al passato.
Quanto alla struttura finanziaria, il leverage, pari al rapporto tra i debiti finanziari e la somma degli stessi con il patrimonio netto a valori di mercato, si è assestato al 48%, mentre i debiti finanziari rapportati al valore aggiunto, fortemente cresciuto durante la crisi, si è stabilizzato a livelli elevati, poco sotto il 190%. Benchè nel confronto internazionale le imprese italiane abbiano un debito contenuto rispetto al PIL, la loro struttura finanziaria risente negativamente della più bassa capitalizzazione.
Si nota infine un lieve miglioramento della capacità delle imprese di sostenere l’accomulazione di capitale con risorse interne, principalmente da ricondurre a un rinvio dei piani di investimento a fronte di prospettive di domanda incerte, e all’accumulo di attività liquide, utili a contrastare il possibile perdurare dei vincoli al finanziamento esterno. Questa scelta strategica si ripercuote però positivamente sulla riduzione del disavanzo finanziario delle imprese, allo 0,5% del PIL.
La Relazione rivendica comunque l’importanza delle risorse messe in campo per fronteggiare l’emergenza e ripristinare l’accesso al credito e alla liquidità. Tra le misure di sostegno, già esistenti o di nuova sperimentazione, attivate si annoverano: Il Fondo centrale di garanzia, l’azione della Cassa depositi e prestiti, Il Fondo italiano di Investimento e le intese Governo-associazioni di categoria delle imprese, per la sospensione dei pagamenti delle quote capitali sui prestiti ricevuti.