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Banca Carige: l’ex ceo Paolo Fiorentino condannato a 4 anni, 50mila euro di multa e maxi risarcimento a Malacalza

Imagoeconomica

Il Tribunale di Milano ha emesso ieri, mercoledì 18 dicembre, una sentenza che segna un capitolo decisivo nella vicenda giudiziaria legata a Banca Carige. L’ex amministratore delegato, Paolo Fiorentino, è stato condannato a 4 anni di reclusione, 50mila euro di multa e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali in relazione alla semestrale del 2018. Un verdetto che arriva dopo un lungo processo, nel quale la gestione dell’istituto bancario genovese è finita sotto la lente di ingrandimento per presunta irregolarità contabile e amministrativa.

La condanna a Fiorentino non si ferma alla pena detentiva. Il Tribunale ha disposto anche una sanzione pecuniaria di 700mila euro a carico di Banca Carige (poi acquisita da Bper), e ha imposto agli imputati, in solido, di risarcire Malacalza Investimenti, parte civile nel processo, con una provvisionale di circa 28,6 milioni di euro. La sentenza ha così riconosciuto l’entità dei danni causati da una gestione che ha lasciato tracce significative sulla solidità dell’istituto e sulle sue operazioni finanziarie.

Un processo che ha scosso il sistema bancario

Il caso ha radici in un’inchiesta che era stata avviata dalla Procura di Genova e successivamente trasferita a Milano. L’oggetto dell’accusa: la presunta omissione della necessaria svalutazione dei crediti deteriorati per un ammontare di 257 milioni di euro, che non fu comunicata al mercato, e il modo in cui la situazione fu gestita per evitare ripercussioni sul bilancio del 2018. Le accuse di manipolazione del mercato e di false comunicazioni sociali sono scaturite da un approccio che il pm Paolo Filippini ha descritto come “dilatorio”, volto a minimizzare le perdite visibili nei bilanci della banca.

L’indagine ha messo in evidenza le gravi carenze contabili e amministrative all’interno di Carige, già riscontrate dalla Bce durante un’ispezione del giugno 2018. Secondo il pubblico ministero, Fiorentino avrebbe cercato di mantenere il controllo della banca in vista delle elezioni del cda di settembre dello stesso anno, presentando un risultato di bilancio “positivo” per rafforzare la propria posizione e attrarre il sostegno degli azionisti.

Fiorentino si dichiara innocente, annuncia appello

La reazione della difesa non si è fatta attendere. L’avvocato Giuseppe Iannaccone, difensore di Fiorentino, ha immediatamente dichiarato che la condanna non scalfisce la fiducia dell’ex ceo nella sua innocenza. “Rispettiamo la sentenza, ma siamo fermamente convinti dell’innocenza di Paolo Fiorentino e valuteremo gli spazi per l’appello”, ha affermato l’avvocato, confermando l’intenzione di lottare in tribunale per ribaltare il verdetto.

D’altra parte, i legali di Malacalza Investimenti, che ha agito come parte civile nel processo, hanno accolto la sentenza con soddisfazione. Francesco Centonze, Matteo Bozzone e Giovanni Miozzari hanno sottolineato come le irregolarità nella gestione di Fiorentino siano state evidenti e come finalmente, grazie alla sentenza, siano stati risarciti non solo loro, ma anche centinaia di piccoli risparmiatori.

Banca Progetto rinnova la fiducia a Fiorentino

Nonostante la condanna, il consiglio di amministrazione di Banca Progetto, dove Fiorentino ricopre ancora il ruolo di ceo, ha deciso di confermargli la fiducia. In una nota ufficiale, il cda, presieduto da Massimo Capuano, ha dichiarato di voler continuare con Fiorentino alla guida, assicurando che la banca opererà con la massima trasparenza e impegno verso tutti gli stakeholder.

L’annuncio di Banca Progetto è arrivato poco dopo la condanna e ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, c’è chi ritiene che Fiorentino, nonostante le gravi accuse, possa continuare a ricoprire un ruolo di leadership. Dall’altro, c’è chi si chiede se questa fiducia sia compatibile con la gravità della condanna e le implicazioni future, considerando che la vicenda legale potrebbe proseguire per lungo tempo.

Cosa succederà ora?

Il Tribunale di Milano, presieduto da Ilio Mannucci Pacini, ha fissato in 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni della sentenza, che potrebbero offrire ulteriori dettagli sulla valutazione del caso e sul percorso che ha portato alla condanna. Nel frattempo, l’appello sembra ormai inevitabile, con le difese pronte a fare leva sulle motivazioni per cercare di ribaltare un verdetto che ha avuto un forte impatto sull’immagine dell’ex ceo di Carige e sull’intero sistema bancario italiano.

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