La divaricazione nella postura della politica monetaria dall’una e dall’altra parte dell’Atlantico ha convinto i mercati, dopo l’ultima comunicazione di Mario Draghi, e il balzo del dollaro, sceso sotto quota 1,30 (1,293) ne è la conseguenza. A fare le spese della forza del biglietto verde è stato anche l’oro, sceso a 1264 $/oncia.
Lo yen è tornato sopra quota 105 contro dollaro, riprendendo i livelli di due giorni fa (il Nikkei segna -0,1%). I mercati azionari hanno preferito incamerare i profitti della recente ascesa. La chiusura di ieri a Wall Street è stata solo leggermente negativa, malgrado i buoni dati sull’indice PMI (ISM) dei servizi Usa e la stabilità, su bassi livelli, dei sussidi di disoccupazione. Oggi sono attesi in America i dati sul mercato del lavoro, e lunedì in Cina saranno resi noti i dati sugli scambi internazionali.
L’indice regionale MSCI Asia Pacific sta perdendo lo 0,5%, ma la settimana segnerà un sia pur limitato progresso dello 0,2%. Il petrolio è sceso di poco, più che altro per fattori valutari: il WTI quota 94,5 $/b. Stabili o in minimo territorio negativo i futures azionari a Londra e a NY, in attesa dei dati Usa.