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Baccalà, storia, origini e ricetta di Luigi Salomone: la povertà di un cibo umile si trasforma in eleganza

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Pesce povero di grassi saturi (la cui assunzione giornaliera non dovrebbe superare il 10% delle calorie introdotte con il cibo) e ricco di omega 3 (elementi di fondamentale supporto alla salute di cuore e arterie) il Baccalà è uno dei più importanti alleati che possiamo trovare in tavola per garantire al nostro organismo un concentrato di vitamine e di proprietà salutari.

Dal sito dell’Humanitas Research Hospital apprendiamo infatti che è “una buona fonte di proteine di qualità elevata, di vitamine del gruppo B (importanti per il buon funzionamento dell’organismo), di magnesio (minerale coinvolto in numerose reazioni cellulari), di potassio (che controllando frequenza cardiaca e pressione protegge la salute cardiovascolare), di fosforo (importante sia per la salute di ossa e denti che per quella di reni, muscoli e cuore, per il buon funzionamento del metabolismo e per la trasmissione dell’impulso nervoso) e di selenio (che aiuta a difendere l’organismo dallo stress ossidativo)”. In particolare troviamo una notevole concentrazione di vitamina C, vitamina E, vitamina B6, vitamina A, vitamina D, vitamina B12, vitamina K e ancora di sodio, potassio, fosforo, magnesio, calcio, ferro, zinco, selenio, folati, riboflavina, tiamina, niacina.

Aggiungiamo che gran parte della sua “massa” è costituita da acqua, ed ha un bassissimo quantitativo di calorie, lo sanno bene gli sportivi che seguono diete iperproteiche che puntano all’aumento di massa magra, ma anche ai benefici effetti dei suoi alti contenuti di lisina amminoacido presente in quantità considerevoli la cui particolare funzione è quella di aiutare la crescita dei tessuti indicato anche per le donne in gravidanza.

L’Italia in Europa viene subito dopo il Portogallo per consumo di Baccalà.  E la Campania a livello nazionale occupa il secondo posto collocandosi subito dopo il Veneto, per capacità di trasformazione e commercializzazione del merluzzo.

Baccalà, storia e origini: la scoperta del nobile veneto e poi l’alternativa alla carne per le astinenze decise dalla chiesa della Controriforma

Una lunga storia radicata soprattutto a Somma Vesuviana, una piccola cittadina dell’area metropolitana di Napoli che ha fatto del Baccalà la sua bandiera gastronomica. Bisogna risalire storia ai tempi del naufragio della nave condotta dal patrizio veneziano Pietro Querini che percorreva le rotte delle Le Fiandre per commercializzare vino Malvasia, spezie, cotone, cera, allume di rocca. Il patrizio e commerciante veneto ebbe la nave distrutta da una violenta tempesta nel 1431 e per tre mesi trovò riparo nelle isole norvegesi delle Lofoten dove scopri+ l’uso dei pescatori locali di essiccare i merluzzi per assicurare cibo agli equipaggi delle navi nelle loro lunghe navigazioni marittime.  Al ritorno in Italia Guerini portò un carico di merluzzi, e fu un notevole successo commerciale. Quei pesci essiccati conservavano intatte le loro qualità nutritive per lungo tempo salvaguardano i fabbisogni alimentari dei naviganti dalla deperibilità nei lunghi tragitti. Conseguente fu l’apertura di intensi traffici con le Norvegia in cui si distinsero immediatamente i commercianti dell’area vesuviana.

Ma una buona mano alla diffusione del baccalà la diede poi la Chiesa della Controriforma.  Il Concilio di Trento (4 dicembre 1563) stabilì il calendario delle giornate di astinenza e di magro che si estendeva per 150 giorni l’anno: i venerdì, le Vigilie, la Quaresima, il tutto per circa 150 giorni l’anno e questo provocò una spasmodica ricerca di qualcosa di sostanzioso che potesse sostituire la carne. E il baccalà con le sue carni sostanziose e saporite fu subito considerato una valida alternativa. alla carne Un ruolo importante per la   del commercio del Baccala in quest’area la svolsero i monaci del vicino convento della Madonna dell’Arco, santuario molto venerato dai napoletani, che prepararono e utilizzarono le prime cisterne per l’ammollo e la reidratazione dei merluzzi essiccati che arrivavano dal nord utilizzando le acque fresche e pure della vicina sorgente del fiume Sebeto.

Il baccalà di Luigi Salomone, chef di Re Santi e Leoni

Da Somma Vesuviana a Nola corrono solo 11 km e nella città di giordano Bruno troviamo un santuario, laico questa volta, ed è il ristorante stellato di Luigi Salomone, chef di Re Santi e Leoni.

Nei locali di un antico palazzo ottocentesco alle spalle della piazza principale della città concepiti in una dimensione modernamente minimalista, un design contemporaneo di alluminio e geometrie ispirate al lavoro che Gae Aulenti sperimentava nei primi anni ‘70, ovvero antico e nuovo a confronto, Luigi Salomone opera una alchimia costante di integrazione fra antico e moderno, fra tradizione e innovazione con una forte accentuazione della territorialità.

La “napoletanità” alla base della sua filosofia culinaria si esprime con una attenta, mirata attenzione al sapore della materia che non viene tradita da arditezze o sperimentazioni devianti, ma è sempre individuata per parlare al cuore, suscitando emozioni suadenti nel cliente.

Semplicità è la sua parola d’ordine, una parola che in cucina assume un significato diametralmente opposto a quello letterario, che significa rigore, tecnica, creatività.

Come nella ricetta del Baccalà, ricotta di mandorle, fagiolini e salsa ponzu dove il Baccalà, considerato fino alla metà del novecento, cibo povero e sempre associato ad ingredienti altrettanto poveri come polenta, patate, acciughe, pane raffermo diventa protagonista di una raffinata ricetta che ne riscatta e ne risalta il valore. Per Luigi Salomone la corposità in bocca della polenta o del pane raffermo viene data dall’elemento della mandorla che, frullata, diventa una salsa grassa ed avvolgente. Da parte del baccalà dona invece al piatto un’appagante “carnosità”, un gusto elegante ma deciso regalando emozioni al palato che sanno di storia e tradizione. Una tradizione che per lo Chef è prima di tutto un ricordo legato alle festività e al territorio: “da piccolo non volevo neanche vederlo o sentirne l’odore, a Natale la nonna lo portava in tavola mi voltavo dall’altra parte, poi negli anni ho imparato ad amarlo” racconta Luigi Salomone e continua “l’ispirazione per questo piatto arriva dalla mano di mia madre che lo faceva all’insalata con rucola, fagiolini e patate”.

Baccalà con ricotta, fagiolini e salsa ponzu: la ricetta di Luigi Salomone

Ingredienti per 4 persone:

4 pezzi di baccalà da 150 gr

 100 gr di lische del baccalà

 200 gr di fagiolini lessati

 100 gr di pelli di baccalà

 200 gr di mandorle

 20 gr salsa di soia

 20 gr alga nori

 20 gr zucchero semolato

 20 gr aceto bianco

Per il brodo:

Tostare le lische in forno, mettere a copertura acqua, aggiungere soia, zucchero e aceto. Fare bollire per 15 minuti. Mettere le alghe in infusione. Filtrare e aggiungere succo di limone.

Emulsione di mandorla:

Mettere le mandorle e 100 gr di acqua in un pacojet. Congelare e pacossare per 3 volte.

Per il Baccalà:

Mettere il Baccala sottovuoto e cuocere a 56 gradi per 10 minuti.

Per la pelle croccante:

Sbollentare le pelli in acqua, asciugarle e disidratare in forno a 60 per 12 ore. Friggere in olio di semi di girasole fino a che non saranno croccanti.

Per i fagiolini:

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Pulire e sbollentare in acqua.

Quale vino abbinare al baccalà: il Rossese del Ponente Ligure

Il sommelier Salvatore Matarazzo consiglia l’abbinamento ideale con un vino proveniente dal mare ligure: Il Rossese di Dolceacqua Maccario Dringenberg. Eleganza, leggerezza, poca struttura e un colore rosso chiaro sono le caratteristiche d’impatto iniziale. Ci troviamo in Val Nervia e Val Verbone nel Ponente Ligure. Giovanna Maccario e il marito Goez Dringenberg a capo dell’azienda che attualmente possiede 3,5 ettari a conduzione biologica con una produzione di 24 mila bottiglie all’anno.

Il Rossese si apre al naso con un bouquet di frutti di bosco, spezie e fiori ed ha una beva di grande dinamicità grazie alla sua freschezza. “Si accosta piacevolmente al baccalà cotto a bassa temperatura, grazie al frutto che va a contrastare la sapidità della proteina. La sua dinamicità di beva e il suo equilibrio si sposano con la parte vegetale e la ricotta di mandorle” racconta il Sommelier.

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