Cosa può fare l’Italia per riportare la pace fra azeri e armeni dopo che è tornato a divampare il conflitto nel Nagorno Karabakh? Risponde l’ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, Mammad Ahmazada, in questa intervista esclusiva che ha concesso a FIRSTonline.
“L’Azerbaigian – dice – è il primo fornitore di petrolio all’Italia e proprio grazie al gas azerbaigiano, che arriverà in Italia con il Corridoio Meridionale del Gas, l’Italia avrà un ruolo di hub energetico in Europa. Il nostro paese è il primo importatore di prodotti italiani nel Caucaso meridionale, e l’export italiano verso l’Azerbaigian è superiore al totale commercio bilaterale dell’Italia con gli altri paesi della regione. Abbiamo assistito in questi giorni ai tentativi delle forze militari dell’Armenia di colpire le infrastrutture strategiche dell’Azerbaigian. Un danno alle condotte energetiche, possibile a causa dei continui attacchi dell’Armenia nel cuore delle aree geo-strategiche dell’Azerbaigian, sarebbe dannoso anche per gli interessi economici dell’Italia”.
“Tutto ciò – aggiunge l’ambasciatore – dimostra che l’Italia dovrebbe essere coinvolta in modo molto più attivo nel costringere l’Armenia alla pace. Ci aspettiamo dunque che nell’ambito della comunità internazionale e del Gruppo di Minsk, di cui fa parte fin dall’inizio e di cui è stata anche primo presidente, l’Italia ricopra un ruolo di spicco, per richiedere all’Armenia di cessare la sua aggressione contro l’Azerbaigian e ritirare le sue truppe dai territori azerbaigiani, che è l’unica via per far sì che nella regione possa regnare la stabilità, la pace e la convivenza.”
Eppure siete voi accusati dal presidente dell’Armenia di essere gli aggressori nell’ultimo conflitto in Nagorno, incoraggiati dalla Turchia: come rispondete?
“Rispondiamo con i fatti, che dimostrano con evidenza come l’aggressore sia l’Armenia, che da 30 anni conduce un’aggressione militare contro l’Azerbaigian, occupando militarmente il 20 per cento del territorio del nostro paese, dove ha commesso una pulizia etnica contro tutti gli azerbaigiani. Ma tutto ciò non era sufficiente per l’Armenia e per la sua leadership, che negli ultimi mesi ha cominciato a parlare di nuove guerre per conquistare nuovi territori dell’Azerbaigian. Le forze armate dell’Armenia per prime hanno sferrato un attacco militare all’alba del 27 settembre sia su postazioni militari dell’Azerbaigian, lungo la linea del fronte, che su insediamenti civili densamente popolati nelle vicinanze della linea del fronte. Nonostante l’accordo raggiunto durante una riunione dei Ministri degli Esteri della Repubblica dell’Azerbaigian e della Repubblica d’Armenia a Mosca, con la mediazione della Federazione Russa, per un cessate il fuoco umanitario dalle ore 12:00 del 10 ottobre 2020, l’Armenia continua il suo fuoco omicida contro i nostri militari e contro i civili azerbaigiani. Immediatamente dopo l’istituzione del cessate il fuoco umanitario, le forze armate dell’Armenia hanno sparato sui distretti di Agdam e Tartar dell’Azerbaigian. La notte dell’11 ottobre, Ganja, la seconda città più grande dell’Azerbaigian, collocata ben oltre la linea del fronte, è stata colpita dai razzi a grappolo delle forze armate dell’Armenia, e le immagini della città ferita hanno fatto il giro del mondo, aprendo forse gli occhi alla comunità internazionale sulle reali responsabilità degli eventi in corso. A seguito dell’intenzionale e mirato bombardamento degli insediamenti da parte dell’Armenia dal 27 settembre fino ad oggi, sono state uccise ad oggi, 47 persone, compresi tre bambini e sono state ferite 222 persone”.
Quindi non è vero che caccia F-16 turchi partecipano all’attacco?
“Come in queste settimane abbiamo più volte ripetuto l’Azerbaigian e l’Armenia sono le uniche parti del conflitto del Nagorno Karabakh. La Turchia è un amico e un partner importante per l’Azerbaigian, ma il sostegno che ci sta offrendo adesso è esclusivamente morale. F-16 turchi sono venuti in Azerbaigian durante l’addestramento militare congiunto e sono rimasti nel nostro paese. Ma sono a terra, non in aria. Nessuno di loro ha preso parte alle operazioni militari in corso. La Turchia non è coinvolta in queste operazioni militari. Non ci sono truppe turche nel nostro paese. Con una popolazione di 10 milioni di abitanti, e un esercito addestrato ed equipaggiato, l’Azerbaigian non ha bisogno di aiuti militari. Per rafforzare le nostre capacità di difesa, acquistiamo armi di fabbricazione turca, russa, israeliana e di tutti i possibili fornitori a prezzi di mercato e lo abbiamo anche sempre detto. Avanzo invece delle domande per la comunità internazionale: dove l’Armenia, paese povero, senza risorse finanziarie e che annega nei debiti, ha preso così tanti soldi per comprare tutta questa attrezzatura militare? Molto probabilmente l’hanno ottenuta gratuitamente. Non è un segreto che negli ultimi due mesi prima dell’inizio degli scontri l’Armenia abbia importato più di 1.000 tonnellate di merci militari da varie fonti. I soli nostri droni hanno causato danni per 1 miliardo di dollari alle attrezzature militari dell’Armenia”.
Un altro tema caldo è il coinvolgimento di jihadisti dalla Siria: vi risulta?
“Anche su questa questione il mio paese è intervenuto più volte: questa è solo una delle molte fake news che ci troviamo a fronteggiare quotidianamente. Anche in questo caso non c’è una sola prova che possa avvalorare questa menzogna. Mentre l’esercito dell’Armenia sta subendo pesanti sconfitte nel campo di battaglia, la leadership armena diffonde queste falsità. Perchè non vuole riconoscere la superiorità dell’esercito azerbaigiano e allo stesso tempo tenta di salvare la faccia per difendersi da critiche nei confronti della sua incapacità. D’altra parte, l’obiettivo della parte armena nel diffondere questa falsa informazione è quello di dare un contenuto religioso al conflitto, e quindi di sensibilizzare l’opinione pubblica nel mondo occidentale a suo favore. Il presidente dell’Armenia ha invece confermato l’utilizzo di militari provenienti da Libano e Siria nelle file dell’esercito dell’Armenia. Tra questi foreign fighters sono presenti anche i membri di organizzazioni terroristiche internazionali come ASALA – Esercito segreto armeno per la liberazione dell’Armenia, fondato in Medio Oriente. Ci aspettiamo una condanna dalla comunità internazionale, che però stenta ad arrivare”.
Qual è la vostra ricostruzione della guerra che oppone azeri e armeni dai tempi della perestroika di Gorbaciov?
“Sarebbe opportuno andare più indietro negli anni per approfondire gli antefatti che hanno causato il conflitto del Nagorno Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian. Il Nagorno Karabakh è la parte montuosa del Karabakh, territorio storico dell’Azerbaigian. Il nome stesso deriva da due parole azerbaigiane: “gara” – nero e “bag” – giardino. Dai tempi antichi fino all’occupazione dell’Impero zarista, nel 1805, con il trattato di Kurakchai, questa regione era parte di diversi stati azerbaigiani, da ultimo il khanato di Karabakh. Nel 1828, alla firma del trattato di Turkmanchay, al termine della guerra Russia-Iran, seguì un massiccio trasferimento di armeni nel Caucaso del Sud, in particolare nei territori dei khanati azerbaigiani di Irevan (attuale Yerevan, capitale dell’Armenia) e di Karabakh. Il flusso migratorio è proseguito fino all’inizio del XX secolo. Successivamente è stato creato lo stato dell’Armenia nei territori dell’Azerbaigian e ampliato durante il periodo sovietico a spese della superficie azerbaigiana. Nel 1923 in Azerbaigian è stata creata la provincia autonoma del Nagorno Karabakh, i cui confini amministrativi vennero definiti in modo che gli armeni fossero l’etnia maggioritaria. Invece l’Armenia non solo non ha riconosciuto autonomia per la minoranza azerbaigiana in Armenia, ma ha promosso un clima di intolleranza e ha fatto di tutto per liberarsi della locale comunità azerbaigiana. Possiamo dire che le radici del conflitto sono dunque nel trasferimento degli armeni nei territori azerbaigiani, oltre che nella decisione di creare una provincia autonoma nella parte montuosa della regione del Karabakh dell’Azerbaigian. Nel 1988 l’Armenia ha avviato nuove rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian, questa volta per la regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh, e nello stesso tempo tutti gli ultimi azerbaigiani (più di 250 mila) in Armenia sono stati deportati dalle loro terre natali. Dopo la dissoluzione dell’Urss, l’Armenia ha avviato un’aggressione militare contro l’Azerbaigian, occupando il 20% dei territori riconosciuti internazionalmente dell’Azerbaigian, inclusa la regione del Nagorno Karabakh e sette distretti adiacenti, realizzando una pulizia etnica contro tutti gli azerbaigiani (più di 750 mila) in questi territori ed anche compiendo crimini di guerra e un genocidio contro civili azerbaigiani nella città di Khojali. Oggi abbiamo più di un milione di rifugiati e profughi azerbaigiani e non è rimasto un singolo azerbaigiano nei territori occupati. L’Armenia, per coprire la sua aggressione, ha creato nei territori occupati dell’Azerbaigian un regime illegale fantoccio detto “repubblica del Nagorno Karabakh”, non riconosciuta da nessun paese, inclusa l’Armenia stessa. Ci sono numerosi documenti internazionali, incluse quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che riconoscono la regione del Nagorno Karabakh come parte integrante dell’Azerbaigian, confermano la sovranità, l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei territori riconosciuti internazionalmente dell’Azerbaigian e richiedono all’Armenia di ritirare le sue truppe dai territori occupati e il ritorno di tutti i rifugiati e profughi azerbaigiani nelle proprie terre, tutti ignorati da parte dell’Armenia”.
Per la prima volta l’Armenia chiede alla comunità internazionale di riconoscere l’indipendenza della repubblica del Nagorno perché ciò “impedirebbe un nuovo genocidio degli armeni”: cosa ne pensa?
“Penso che questa sia l’ennesima provocazione della leadership politica dell’Armenia, che negli ultimi anni ha fatto di tutto per minare il processo dei negoziati e perpetuare lo status quo. Il Primo ministro Nikol Pashinyan ha agito in ogni modo per arrivare in questa situazione, dalla dichiarazione che il Nagorno Karabakh fosse Armenia, al tentativo di modificare il formato dei negoziati. Ora questa nuova provocazione. Ma la così detta “repubblica del Nagorno Karabakh”, è un regime illegale fantoccio creato da parte dell’Armenia per coprire la sua aggressione, nei territori riconosciuti internazionalmente dell’Azerbaigian, non è un caso che non sia riconosciuta da nessuno stato al mondo, inclusa la stessa Armenia. L’esercito dell’Azerbaigain in queste settimane sta combattendo sul suo territorio sovrano, sta liberando i suoi territori occupati e restituendo al milione di profughi azerbaigiani espulsi dalle proprie terre la speranza di tornare alle proprie case e visitare le tombe dei propri familiari. E’ il popolo azerbaigiano ad aver subito un vero genocidio da parte delle forze armate dell’Armenia a Khojaly, tra il 25 e il 26 febbraio 1992, in cui sono stati uccisi 613 civili azerbaigiani. L’Armenia inoltre ha realizzato una pulizia etnica contro tutti gli azerbaigiani nei territori occupati. Siamo noi a denunciare nuovi crimini dal 27 settembre da parte dell’Armenia, che ha lanciato razzi a grappolo ai nostri insediamenti civili, inclusa Ganja, la seconda più grande città dell’Azerbaigian, causando, come detto, 47 morti civili e 222 feriti azerbaigiani. L’Armenia, che ha commesso tutto questo, non ha il diritto di parlare di genocidio”.
Cosa chiedete voi alla comunità internazionale?
“Alla comunità internazionale chiediamo un’aperta condanna dell’aggressione militare dell’Armenia contro l’Azerbaigian e una pressione sull’Armenia per un ritiro immediato, completo ed incondizionato delle sue forze armate dai nostri territori, come richiesto anche dalle quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Perchè la presenza delle forze armate dell’Armenia nei territori occupati dell’Azerbagian è la principale fonte di minaccia alla sicurezza nella regione”.
E per tornare all’Italia?
“L’Italia e l’Azerbaigian sono partner strategici oltre che paesi amici. La quota dell’Azerbaigian nel totale commercio dell’Italia con i paesi del Caucaso meridionale è il 92%. C’è una presenza forte delle società italiane in Azerbaigian. Durante gli ultimi anni le commesse aggiudicate dalle aziende italiane nei progetti dell’Azerbaigian corrispondono ad oltre 10 miliardi di euro. Inoltre, siamo un ponte strategico per le società italiane per accedere ai mercati dell’Asia Centrale. La firma della Dichiarazione Congiunta sul rafforzamento del partenariato strategico multidimensionale, tra il Presidente Ilham Aliyev e il Presidente Giuseppe Conte nel febbraio scorso a Roma durante la visita di stato del nostro Presidente, ha sancito un vero salto di qualità andando oltre la dimensione energetica del partenariato. A tal proposito, questa dichiarazione congiunta conferma anche il reciproco sostegno all’indipendenza, alla sovranità, all’integrità territoriale e ai confini riconosciuti a livello internazionale di entrambe le parti, nonché all’inammissibilità di atti di aggressione nelle relazioni interstatali. Nel documento si sottolinea che le parti sostengono una risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh tra l’Armenia e l’Azerbaigian, sulla base dei principi fondamentali dell’Atto Finale di Helsinki, in particolare la sovranità, l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei confini internazionali, come sancito nei pertinenti documenti e decisioni dell’ONU e dell’OCSE”.
Ma i documenti sono una cosa, la realtà un’altra. La guerra non si ferma, le vittime continuano ad aumentare. Come è accaduto a Ganija proprio l’altra notte: un pesante bombardamento da parte delle forze armate dell’Armenia contro la seconda città azera ha causato altre vittime fra i civili.