Per Autostrade oggi è il D-Day. Tutti gli occhi sono puntati sull’attesissimo Cda di Atlantia, la holding a guida Benetton che controlla Autostrade, ma se le sue mosse corrisponderanno ai rumors della vigilia, la rottura con il Governo pare inevitabile e sul tavolo potrebbe tornare l’arma della revoca della concessione autostradale.
Dopo aver sondato i suoi soci e soprattutto gli investitori internazionali di Autostrade, Atlantia sarebbe intenzionata a decidere lo spin off di Autostrade e la sua vendita sul mercato. Un’operazione che ridimensionerebbe di molto il ruolo della Cdp, che, in base agli accordi del 15 luglio, puntava invece ad entrare in Autostrade attraverso un aumento di capitale riservato e ad assumerne la guida. Ma questa ultima ipotesi ha allarmato moltissimo i fondi internazionali, da tempo soci dei Benetton in Autostrade, che temono di diluirsi troppo.
Le loro rimostranze – unitamente a due grossi problemi irrisolti come il computo e l’attribuzione del debito e la manleva per le responsabilità passate di Autostrade – avrebbero indotto Benetton a cambiare strada, anche a costo di fare infuriare il premier Giuseppe Conte, che mercoledì ha raccomandato ai ministri competenti – Gualtieri e De Micheli, soprattutto – ma anche alla Cdp di scongiurare mosse irrevocabili di Atlantia e di cercare un compromesso in extremis, salvo rimettere sul tavolo l’arma della revoca della concessione in caso di disaccordo.
Oggi sul futuro di Autostrade si alza il sipario, ma, salvo una riappacificazione dell’ultima ora, l’aria che tira è quella di una fragorosa rottura con il Governo, con tutto quel che ne consegue. E non è un caso che ieri la Borsa abbia premiato il titolo di Atlantia, che intravede libero da ipoteche statali, con un balzo di oltre il 3 per cento.