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Autostrade al bivio, verso il Ponte di Stato

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La bufera che ha investito la maggioranza dopo la decisione di affidare il Ponte di Genova ad Autostrade, si è solo in parte placata. Atlantia ha convocato per oggi la riunione del Cda che dovrà mettere a fuoco le contromosse per fronteggiare la situazione, ulteriormente appesantita dopo la decisione della Corte Costituzionale che ha dato ragione al governo e alla scelta di escludere nel 2018, con il Decreto Genova, la società dei Benetton dalla ricostruzione del Ponte Morandi. Un vertice è in programma, sempre oggi, al ministero dei Trasporti e Infrastrutture (Mit). E ora il focus degli investitori è sugli sviluppi di una vicenda che tra veti e controventi si trascina da quasi due anni: revoca della concessione o ridimensionamento dei Benetton nell’azionariato che apra le porte ad una situazione di compromesso tra Pd e M5S?

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Al momento, è questa seconda opzione quella che appare cruciale e al tempo stesso più percorribile. Il titolo Atlantia è stato penalizzato mercoledì in Borsa e ha chiuso a -2,5%. In apertura giovedì mattina, il titolo sprofonda a 13,2 euro in calo del 7,35% penalizzato dal rebus sulla revoca o meno della concessione che rischia di costare caro all’azienda ma anche allo Stato. Cruciale e percorribile il ridimensionamento dei Benetton, ma certo non semplice.

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Atlantia è una società quotata, la metà del flottante è in mano ad investitori esteri, è una vetrina per il made in Italy sui mercati e qualsiasi mossa che la riguardi va valutata per non bruciare valore per i tanti, anche piccoli, azionisti. Anche per questo la soluzione del nodo Autostrade, con il passo indietro di Atlantia, è strettamente legata alla trattativa sulla concessione. Atlantia teme la svendita della sua quota di controllo (possiede l’88% di Aspi) e si è rivolta alla Ue accusando il governo Conte di violare i contratti per ottenere una vendita a prezzi inferiori a quelli di mercato. Ma se finora si è parlato di un parziale ridimensionamento dei Benetton, la sentenza della Corte Costituzionale ha riaperto i giochi e un passo indietro più sostanziale di Atlantia in Aspi sembrerebbe essere lo snodo attraverso il quale fare passare un’intesa che comporti anche un calo delle tariffe e un impegno sugli investimenti.

Il premier Giuseppe Conte ha detto di puntare ad una decisione entro venerdì. Ma chi sarebbe il compratore? L’interlocutore chiave è sempre stato F2i, il Fondo infrastrutturale di cui Cdp, Intesa Sanpaolo e Unicredit sono i maggiori azionisti con quota del 14% ciascuno. Ma anche Poste Vita sarebbe pronta ad entrare con un gettone di 300-400 milioni. Secondo indiscrezioni di stampa, sul tavolo ci sarebbe anche l’interesse di alcune Fondazioni e casse di previdenza come Cassa Forense (avvocati), Enpam (medici), Inarcassa (architetti) e Cassa Geometri. Nel riassetto dovrebbe entrare direttamente anche Cdp, trasformando in equity il debito che Aspi ha nei confronti della Cassa. Si è parlato anche di manifestazioni d’interesse da parte del fondo australiano Macquarie a caccia di buoni investimenti infrastrutturali e portatore di una proposta anche nei confronti di Open Fiber. Infine, vale ricordare la presenza in Aspi di azionisti qualificati come Allianz, Edf e i cinesi Silk Road che potrebbero voler rafforzare la propria quota al momento opportuno.

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