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Automobili a rischio. Gli airbag-trappola Takata colpiscono ancora. Mettiamoci al sicuro

Foto di Rhonda Jenkins da Pixabay

L’airbag ci salva la vita, ma può fare esattamente il contrario. Risale al 17 maggio scorso nuovo richiamo diffuso dal gruppo Stellantis per due delle sue auto: la Citroën C3 e la DS3 prodotte tra il 2009 e il 2019. L’airbag fornito dalla giapponese Takata può attivarsi in maniera impropria mettendo in pericolo l’incolumità di chi è a bordo. E non è un caso isolato.

Lo scandolo Takata, fallita nel 2017 proprio in conseguenza di una delle falle automobilistiche più clamorose della storia, continua così a colpire, in una sequenza periodica di allarmi che riguardano molti, moltissimi, dei gruppi automobilistici in tutto il globo. Tant’è che nel mondo sarebbero circa 100 milioni le auto che hanno montato dispositivi prodotti dalla casa giapponese dall’inizio degli anni 2000 al fallimento del 2017 con 8 miliardi di dollari di debiti e la definitiva chiusura di 56 stabilimenti con quasi 50mila dipendenti in 20 paesi che coprivano circa il 20% del mercato di riferimento.

Da Volkswagen a Toyota, da Honda a Mercedes: le cronache hanno registrato negli ultimi vent’anni uno stillicidio di richiami. Ma come stanno davvero le cose? Come verificare se la nostra auto è a rischio? Come comportarsi in caso sia infestata (il termine non è casuale) dal componente fallato? In realtà le verifiche sono relativamente semplici e comode. Meno comode le eventuali contromosse.

I contorni del grande passo falso

Gli airbag giapponesi Takata sono stati concepiti negli anni 90, ingegnerizzati e poi venduti fino al crack ufficiale del 2017 con la promessa di essere più piccoli, più economici, più efficaci dei dispositivi allora esistenti. A distanza di qualche anno fu un disastro. Economici sì, tant’è che le case automobilistiche di mezzo mondo hanno abboccato all’amo, confidando nel mito giapponese della qualità e del rigore.

Risultato: molti, troppi di quegli airbag, cominciarono ad attivarsi in maniera impropria: esplosioni troppo forti con la rottura delle parti circostanti o addirittura sospette attivazioni in condizioni errate. Spiega Stellantis nel testo del suo ultimo richiamo che “alcune sostanze chimiche presenti nei gonfiatori di questi airbag Takata (che ha utilizzato utilizzato il più economio nitrato di ammonio al posto del più oneroso tetrazolo, ndr) possono deteriorarsi nel tempo, soprattutto se esposti a condizioni climatiche calde e umide”.

Dunque “in caso di incidente, il gonfiaggio dell’airbag potrebbe avvenire con troppa forza, provocando la rottura del dispositivo e potenzialmente causando lesioni gravi o, nel peggiore dei casi, la morte” rimarca la holding automobilistica con mirabile e gelida sincerità. Tant’è che secondo la conta accertata dalla Nhtsa, l’agenzia governativa americana dei trasporti, gli airbag incriminati avrebbero causato solo negli USA almeno 27 morti e oltre 400 feriti.

Come controllare se siamo colpiti

Su 100 milioni di airbag a rischio la maggior parte sarebbero stati già verificati e messi a norma, se è vero (come certifica sempre la Nhtsa) che solo negli Usa ne sarebbero stati sostituiti circa 45 milioni, grazie alle massicce campagne di richiamo. Che però si stanno periodicamente riproponendo, a testimonianza che molte auto fallate sono ancora in circolazione.

Che fare? Verifichiamo e controlliamo. Ma non facciamoci prendere dal panico. Nella stragrande maggioranza dei casi se siamo a rischio siamo stati raggiunti, nel corso degli anni che partono dal 2012, da una comunicazione del costruttore della nostra auto per un richiamo ufficiale come quello appena diffuso da Stellantis.

Primo e più importate avvertimento: guai a considerare la comunicazione (succede) come uno di quei blandi avvertimenti cautelativi che ogni tanto ci raggiungono a fronte di un pericolo magari remoto. Ignorare questi richiami, specie se formalizzati con una lettera indirizzata direttamente l’intestatario dell’automobile, è un errore sempre e comunque. Nel caso dell’airbag lasciare distrattamente la missiva nel cassetto può avere esiti nefasti. Tant’è che anche se non si è stati raggiunti da un richiamo formale conviene attivarsi autonomamente. Come?

Controlliamo intanto l’anno di costruzione del nostro veicolo, considerando prudenzialmente anche l’anno precedente l’immatricolazione indicata nel libretto. Se è antecedente al 2009 o successivo al 2021 è comunque fuori dallo scandalo Takata ma vista l’età del nostro veicolo un controllo all’airbag (che in Europa è obbligatorio dal 2002) è comunque consigliato.

La costruzione della nostra automobile cade nel periodo a rischio ma non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione di richiamo? Purtroppo l’elenco delle marche interessate e talmente lungo che conviene verificare sempre e comunque. Un primo tentativo, probabilmente risolutivo, può essere fatto grazie al Web con tre consultazioni in sequenza. Innanzitutto andiamo sul sito della casa costruttrice della nostra automobile, cerchiamo la sezione “richiami” proviamo a cercare gli eventuali riferimenti che riguardano la nostra auto. In caso di esito negativo andiamo sul nostro motore di ricerca preferito e digitiamo la sequenza di parole richiamo, airbag e marca della nostra auto.

Terzo passo: consultiamo il motore di ricerca specifico messo a disposizione dall’Unrae, l’associazione delle Case automobilistiche estere che operano in Italia. Nel caso delle auto italiane il consiglio è quello di inviare una mail o preferibilmente una posta elettronica certificata (Pec) al servizio clienti della casa costruttrice indicando il tipo e il numero di telaio (VIN) reperibile nel libretto di circolazione della nostra automobile, chiedendo un formale riscontro sulla regolarità o meno di tutti dispositivi installati, a partire dal airbag.

Cosa fare per rimediare (e cautelarci)

Ma come conviene muoversi nel malaugurato caso di un rischio accertato? La dimensione del problema ma anche della non semplice soluzione trovano riscontro proprio nel testo dell’ultimo richiamo diffuso da Stellantis. “Dopo aver effettuato la verifica, i clienti verranno informati sui passaggi necessari per la sostituzione dell’airbag e, se necessario, sulle opzioni di mobilità alternative per soddisfare le loro esigenze individuali. Il tutto gratuitamente”. Nella consapevolezza però che “al momento i clienti potrebbero incontrare alcune difficoltà o tempi di attesa più lunghi per la soluzione di mobilità”.

Traduzione: chi è fortunato può portare l’automobile in officina nel posto e nella data concordata e in un paio di ore tutto va a posto. Chi è meno fortunato deve aspettare, ma visto che la casa automobilistica consiglia di “interrompere immediatamente la guida di questi veicoli” deve confidare nella disponibilità di un mezzo sostitutivo gratuito. Disponibilità che però non è garantita in tempi immediati.

Difficoltà comprensibili, certo. Ma che potrebbero creare all’automobilista problemi rilevanti. Tant’è che le associazioni dei consumatori nei casi più problematici consigliano di conservare tutta la documentazione relativa alle spese che l’automobilista più sfortunato dovesse sostenere in attesa della definitiva soluzione del problema, a partire dalle ricevute dell’eventuale noleggio di un’auto sostitutiva, corredate della documentazione sulle motivazioni che hanno reso questa scelta inevitabile.

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