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Auto, le tute blu di Detroit votano per lo sciopero: scontro con Gm, Ford e Stellantis, in gioco anche la lotta della Fed all’inflazione

Imagoeconomica

L’industria, si sa, agli occhi dei mercati conta ormai meno dei servizi. Ai tempi del digitale, poi, l’innovazione passa dall’intelligenza artificiale e dallo sviluppo dei chips più che dalle catene di montaggio. Ma quando le tute blu incrociano le braccia, oggi come ieri politici, mercati e banchieri centrali alzano le antenne. Stavolta, almeno in America, più che in passato. 

Mentre in Europa il settore procede tra non poche incertezze al recupero delle vendite (+17% a luglio, ma a fronte del tonfo dello stesso mese del 2021 -11%), gli Usa si preparano ad un braccio di ferro che ci ricorda altri tempi.

Auto: sindacati Usa pronti allo sciopero contro Ford, Gm e Stellantis

La scorsa settimana, i 146.000 membri del sindacato statunitense United Auto Workers (UAW) hanno votato, per il 97%, a favore di una misura che autorizza il sindacato di settore ad indire uno sciopero generale contro le Big 3 di Detroit, ovvero Ford, General Motors e Stellantis (proprietaria dei marchi Chrysler e Jeep) a partire dal 14 settembre data in cui scadrà l’attuale contratto. 

Comincerà allora una sfida che si annuncia durissima: la United Auto Workers ha accumulato un tesoretto di 825 milioni di dollari per sostenere 11 settimane di sciopero se venissero coinvolte tutte e tre le case automobilistiche. Per fare un paragone, l’ultimo sciopero è stato indetto nel 2019, è durato sei settimane ed ha avuto come solo obiettivo General Motors. Ma stavolta la Uaw, al contrario che in passato, ha deciso di affrontare le tre case tutte assieme, con una mobilitazione generale che non coinvolge, però, i lavoratori della Sunbelt, ovvero i dipendenti degli impianti degli Stati del Sud, ove sorgono gli impianti dei gruppi coreani e giapponesi. 

Carlos Tavares: “Non mi faccio dettare l’agenda da nessuno”

Sarà una partita durissima, vuoi per i contenuti delle richieste che per i mezzi mobilitati dalle parti. A differenza che in passato, quando gli incontri ufficiali erano preceduti da colloqui informali (il terreno privilegiato da Sergio Marchionne, maestro nell’approccio con i sindacati), stavolta il presidente del sindacato Shawn Fain, ha iniziato a pubblicare le rivendicazioni e l’esito dei primi contatti sui social media nell’obiettivo di coinvolgere la base, stressata dalle rinunce, sia sui salari che sul trattamento previdenziale, subite dal 2009 in poi per evitare il tracollo del settore. Ma avvelenata sia per il boom dei profitti (47,3 miliardi di dollari nel 2022) che per l’ascesa vertiginosa dei guadagni dei vari ceo, Carlos Tavares compreso. Né agevola i rapporti la decisione del numero uno di Stellantis di non partecipare al primo confronto ufficiale con la Uaw. “Ho fiducia nei miei uomini in Usa – ha commentato dopo le critiche dei sindacati – E non mi faccio dettare l’agenda de miei impegni da nessuno”.  

Le richieste dei sindacati Usa 

Di qui la prospettiva di un duro braccio di ferro a proposito di una serie di richieste giudicate “fantasiose” dai 3 Big: un aumento salariale del 46% in quattro anni, la conversione a tempo pieno dei lavoratori interinali e integrativi ed il ripristino degli adeguamenti al costo della vita. Il costo complessivo della manodopera per singolo lavoratore passerebbe dagli attuali 65 dollari l’ora ad oltre 100 dollari, contro i 45 dollari l’ora di Tesla, e i 55 per le case automobilistiche giapponesi. 

Non solo. Alcune richieste avanzate dal sindacato come, ad esempio, la settimana lavorativa di quattro giorni, il ripristino di un regime pensionistico a prestazioni definite e la creazione di un programma di “tutela delle famiglie”, che richiederebbe alle aziende di pagare i lavoratori licenziati per svolgere lavori di pubblica utilità, potrebbero risultare troppo impegnative per le società automobilistiche.

I timori delle case automobilistiche

Un fardello eccessivo? Data la relativa solidità dei loro bilanci e degli utili, le case automobilistiche sono probabilmente in grado di assorbire gli aumenti salariali. Ma la posta in gioco non si esaurisce qui. Le società temono che i cambiamenti richiesti possano in qualche modo minare la loro capacità di competere con i concorrenti globali e con quelli che non prevedono rappresentanze sindacali, in un momento di accelerazione della transizione verso la produzione di veicoli elettrici. Quest’ultimo aspetto aumenta ulteriormente il valore della partita anche per lo stesso sindacato, dal momento che la produzione di auto a batteria richiede un numero di lavoratori inferiore, almeno il 30%. rispetto a quelli necessari per la produzione di auto e camion tradizionali. La Uaw chiede che le aziende si facciano carico degli esuberi e che il contratto dell’auto venga esteso alle tute blu delle jv  con i coreani  per la produzione delle batterie. Masu questo la distanza, se possibile, è ancora più sensibile. 

Quali saranno le conseguenze del probabile conflitto? 

Sebbene solo il 10% circa dei lavoratori statunitensi appartenga ad un sindacato, l’esito delle trattative in corso a Detroit potrebbe avere ripercussioni sull’economia in generale, non solo causando interruzioni della produttività in caso di sciopero, ma favorendo strutture di costi e aspettative più elevate in caso di forti aumenti salariali. “L’impatto psicologico dello sciopero – si spinge ad ipotizzare Joseph Amato di Neuberger Berman – potrebbe risuonare per parecchio tempo nelle sedi sindacali, nelle pause caffè e nei piani alti aziendali”.

A livello macroeconomico, invece, l’elevato costo della manodopera potrebbe rendere più difficile l’obiettivo della Federal Reserve per un atterraggio morbido dell’economia. La banca centrale valuterà con attenzione gli effetti degli aumenti salariali sull’inflazione, oggi in discesa ma non troppo, come ha sottolineato Jerome Powell. La partita contrattuale potrebbe perciò avere serie implicazioni sulle decisioni dei banchieri centrali in materia di tassi e per il potenziale atterraggio morbido dell’economia. Anche perché le tute blu di Detroit segnalano un movimento più generale, come dimostrano le vertenze (vittoriose) dei dipendenti di Ups e di American Airlines. Da gennaio a luglio di quest’anno si sono registrati 214 scioperi che hanno coinvolto 325.000 lavoratori, in forte crescita rispetto alle vertenze di un anno fa (76 mila dipendenti coinvolti. 

Pertanto, questo autunno, il settore automobilistico Usa rappresenterà un importante indicatore anticipatore del futuro andamento dell’inflazione.

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Categories: Finanza e Mercati